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Alla fine di una stradina alberata in cima alla collina c'é una piccola pensione. Busso al campanello d'ingresso ma nessuno arriva. Sono le 3 del mattino, per tre ore sono stata a girovagare lungo la costa della caotica Virginia Beach. Sulla spiaggia c'erano persone che ballavano, ridevano e sorseggiavano drink, qualche coppia faceva il bagno e le loro risate erano musica per le mie orecchie. L'aria profumava di felicità, per un momento ho pensato a come sarebbe se fossi una di quelle ragazze che tiene per mano il suo uomo, che si lascia portare fuori a cena, a fare una passeggiata in una di quelle strade popolari e piene di negozi. Ho pensato a cosa si prova quando ci si impegna per fare il regalo perfetto a Natale, cosa si prova quando si ama davvero. Io che non mi sono innamorata mai, ho sempre avuto tutta questa rabbia dentro.

Mi siedo sugli scalini della piccola pensione, si chiama Luna, il nome é perfetto per il posto. Da qui, a quest'ora, la luce bianca della Luna colpisce perfettamente la piccola struttura. Il ronzio dei grilli mi rilassa, appoggio la testa alla ringhiera e chiudo gli occhi cercando un po' di pace.

Il rumore delle foglie mi sveglia, batto le palpebre e piano alzo la testa. Prendo il cellulare, sono le 6. Mi stropiccio gli occhi e quando li riapro la prima cosa che vedo sono un paio di vans blu. Piano percorro il suo corpo con lo sguardo, pantaloni sportivi grigi, una maglia blu e infine quegli occhi scuri che mi stanno osservando come se fossi di un altro pianeta. Alex.

"Cosa ci fai qui?"

"Ti ho cercata ovunque, sono stato in ospedale, al parco, in spiaggia. Ho girato tutti gli hotel che conoscevo. Mi dici cosa ti passa per la testa, eh?"

"Non sono problemi che ti riguardano."
Mi alzo e mi avvio verso la moto, ma la sua mano mi afferra il polso e mi strattona facendomi girare di scatto.

"No Aries, non te ne andrai di nuovo. Sta volta vieni con me e mi ascolti d'accordo?"
Tiro via il braccio e indietreggio un po'. Lo guardo con un espressione disgustata e appoggio le mani sui fianchi.

"Non ci penso nemmeno Alex." Sospira e mi riprende la mano. Lui e il suo maledetto vizio.

"Per favore, voglio portarti in un posto, va bene?"
Sbuffo e tiro ancora via la mano.

"D'accordo, però poi ognuno per la sua strada. Ne ho abbastanza di questa storia, e devo trovare ancora un posto dove andare."

Mi ignora e si allontana sparendo tra gli alberi. Poco dopo torna a bordo di una macchina nera. Non so che tipo sia, non mi intendo di macchine, preferisco di gran lunga la mia dolce Kaw.
Salgo in moto, recupero il casco e lo infilo. Accendo il motore e mi avvicino a lui.

"Seguimi ok?"
Faccio cenno di si con la testa. Lui parte ed io lo seguo allontanandoci dalla pensione.

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Nella foto Alex.

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