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La porta sbatte per la seconda volta nel giro di un'ora. L'ennesimo litigio tra i miei genitori. Non riescono proprio ad andare d'accordo, discutono persino per le cose più insignificanti, non si sono accordati per comprare il pane, mio padre dimentica di mettere i calzini nel cesto dei vestiti sporchi, mia madre non ha voglia di pulire la cucina. Ogni motivo, ogni parola é causa di catastrofi in questa casa. Non ne posso più, non si accorgono nemmeno di me, non si sono accorti del tatuaggio che ho fatto ieri alla base della gola, non si sono accorti del mio nuovo colore di capelli. Si ricordano di me solo quando combino guai 'la solita Aries' borbotta mia madre in quei casi, poi mi da un bacio e mi dice che lo psicologo mi aiuterà. Nah, non funziona così ragazzi, questo mondo mi sta stretto, ho bisogno di uscire, di fare qualcosa di nuovo, di prendere aria.

Mi alzo dal letto e prendo un paio di leggins in pelle neri, li indosso insieme ad un top aderente e infilo i miei stivali lunghi fino al ginocchio. Sciolgo i capelli, e la chioma folta e ribelle si libera in onde disordinate che mi sfiorano il fondoschiena. Mi guardo allo specchio, e mi faccio l'occhiolino. Amo il nero, mi dona, il total black é di certo il mio look preferito, l'unico. Prendo le chiavi della mia adorata Kaw, infilo il giubbotto di pelle, ed esco di casa intenta ad aprire in fretta il garage. Recupero il casco dal bancone e salgo in sella alla mia moto.
Kaw é l'unica cosa che amo nella mia vita. Da quando mio padre me l'ha regalata non mi ci separo più. É la mia ombra, non mi muovo senza di lei, nemmeno per andare a comprare le sigarette. Appena accendo il motore il mio telefono inizia a vibrare, lo prendo di fretta e guardo la notifica. É Harley, l'unica persona che io riesca a tollerare, siamo così simili che insieme abbiamo creato una specie di rapporto basato sulla convenienza.
-Aries corri, ti aspetto fuori casa, c'é una cosa che devi vedere-.
Digito una risposta frettolosa e sfreccio sull'asfalto con un rombo assordante.
In due minuti esatti sono fuori casa sua, si alza dalle scale e si infila il casco senza dire una parola. Salta su anche lei e mi da indicazioni sul posto che dobbiamo raggiungere.

"Ci vorrà una mezz'oretta Aries, fa più in fretta che puoi, non possiamo tardare"

"Mi spieghi cosa succede?"

"Lo vedrai"

Lancio al massimo la mia moto, e mi azzardo a passare con il rosso a quasi tutti i semafori. Harley di tanto in tanto mi stringe facendomi capire che non si sente sicura, ha paura, cagasotto. Dopo poco arriviamo sotto i portici di un edificio abbandonato. Urla e lamenti riecheggiano nell'aria e rumori a me familiari mi fanno fischiare le orecchie. Pugni.
Tre ragazzi sono intenti a massacrare di botte un ragazzo che già sanguina dal naso, il poverino non si muove, sembra essersi arreso, sconfitto. Mi sfilo il casco e spengo la moto. Scendo e con fare deciso mi avvicino alla folla, mi faccio largo tra di loro, una volta al centro afferro quello più grosso per il colletto della giacca alle sue spalle e con il casco gli do una botta nella tempia sinistra. All'istante cade perdendo i sensi, il tonfo della sua faccia schiantata sul cemento mette a tacere tutti. I due compagni del verme cercano di rianimarlo con schiaffetti sul viso, John mi pare di aver capito, un verme di nome John.
Guardo la gente ammutolita ed impietrita che mi guarda come se fossi una pazza, un'isterica.

"Che avete da guardare eh? Andate via, non siete serviti ad un cazzo qui, andatevene, fuori dai piedi" urlo con tutta la rabbia che ho in corpo, mentre Harley recupera il cellulare per chiamare un' ambulanza. Il ragazzo massacrato cerca di battere piano le palpebre, farfuglia qualcosa che io non capisco. Raggiungo Harley, mi informa subito che l'ambulanza arriverà presto, intanto tiro fuori il pacchetto di sigarette e ne accendo una, non mi importa del motivo per cui stavano riducendo così quel ragazzo. Non mi importa nemmeno di lui, Harley sa come sono, ed é per questo che mi ha portata qui, é stato un enorme sfogo.

HIDDEN Where stories live. Discover now