Imboscata

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Sono la prima ad accorgermene. Forse perché li sogno spesso la notte, ho sviluppato una certa sensibilità alle vibrazioni delle eliche dei droni.

Con un riflesso condizionato in un istante sono a terra e apro la custodia in pelle della balestra.  Le mie mani al buio sono anche più veloci: trovo i ganci dei sette componenti in titanio dell'arma e mi lascio guidare dai rumori dei meccanismi, come un pianista cieco.

Quando la vedetta grida l'allarme "Attacco droni!" sono già appostata. Sdraiata a terra, orientata verso il rumore di eliche,  gli occhi strizzati nel mirino della mia arma. Ho venti dardi inseriti nel caricatore automatico. Apro l'anemometro per calcolare la deviazione del vento.

Il rumore mi dice che i droni sono ormai a portata di tiro e che faranno fuoco in pochi secondi: devo colpire le telecamere prima che sparino.

Inquadro l'occhio del drone in testa a tutti gli altri e premo il grilletto della balestra. Il primo colpo va a vuoto, il dardo esplode inutilmente sulla scocca, ma il drone si ferma: con il radar sta cercando di capire da dove provenga il dardo.

Eseguo la sequenza che gli Istruttori mi hanno fatto provare migliaia di volte.

Respira. Punta. Respira. Fuoco.

Il secondo colpo va a segno, accecando la telecamera.

Tuttavia il drone non si ferma, riparte alla carica a differenza di quanto mi aspetto.

- No... Ho un drone modificato con telecamera di emergenza!  - Urlo per avvisare i compagni di squadriglia, che stanno arrivando e si stanno mettendo in posizione di tiro, come me.

Finalmente vedo la seconda telecamera con il mirino elettronico. E' sotto il drone ed è semisferica: non sarà facile colpirla con il dardo.

Nel frattempo ne stanno arrivando a tutta velocità altri cinque modificati, armati con missili terra-aria e mitragliatrici di precisione.

Puntano diritti sulle tende dei ribelli: non quelle degli arcieri e neppure quelle degli incursori, stanno andando al nuovo accampamento delle Lepri.

Gli Arcieri cercano di colpire le doppie telecamere, ma i droni ormai stanno mitragliando senza pietà le tre tende.

Sento le urla dei ragazzi: il corpo scelto di Nemo è stato colto nel sonno, senza alcuna possibilità di salvezza.

Le lacrime mi scendono copiose andando a sporcare il mirino ad infrarossi.

E' una carneficina.

Quando l'ultimo dei droni viene accecato dai dardi degli arcieri le tende delle lepri sono un ammasso di brandelli: nell'aria aleggia un odore  di sangue misto a quello di combustibile e esplosivo.

Le guardie mediche accorrono non appena è chiaro che non ci saranno altri attacchi, con orrore di tutti è evidente che possono fare ben poco.  Su venti ragazzi, diciotto sono morti e due gravemente feriti.

Scopro che la morte mi paralizza e mi blocca le viscere. La morte di un giovane poi è anche più terribile: la vista di tanti giovani cadaveri è una scena a cui non sono preparata.

Ho bisogno di correre e mi avvio di corsa nel bosco, con tutte le forze, sollevando i pesanti anfibi come se fossero scarpette da running. Poi dopo dieci minuti di sfinimento cado a terra nel bosco e vomito.   



Parcival e London arrivano sul posto con il viso funebre e tirato di chi vede i propri sogni infranti.  Non oso immaginare l'espressione di Nemo. Aveva lasciato il campo due ore prima dell'attacco ed è stato avvisato da London al telefono. Ci raggiungerà per un ultimo addio ai suoi ragazzi, ma ora dobbiamo spostarci. Carichiamo le salme dei  compagni morti su un camion e partiamo, abbandonando anche le tende. Il campo è immerso nell'orrore: non avevo mai visto un giovane ucciso e venti sono davvero troppi da sopportare.

Il personale medico ha nascosto tutti in sacchi di plastica, ma per farlo hanno chiesto aiuto ai ribelli e tutti hanno avuto la loro dose di crani crivellati, volti sfigurati, membra divelte. Tutti hanno le mani insanguinate quando i ragazzi morti sono stati tutti caricati sul camion e io ho passato mezz'ora al fiume a sfregare le mani nell'acqua gelata.  

- Dove andremo? - Chiedo a London, mentre anche lui lava il "colore della morte" dalle mani e dai vestiti.

- Ora, passato il muro, nessun luogo è sicuro. E soprattutto dobbiamo capire chi è il traditore. Qualcuno che ha ricevuto un'informazione di troppo. Dice con voce funerea, mentre mi fissa. Ho l'impressione che stia alludendo alle rivelazioni segrete che mi ha fatto la sera prima.
Sospetta che sia io la traditrice?

June La RibelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora