Capitolo 4.

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Canzoni per il capitolo:

Imagine Dragons - It's Time

The Fray - Corners

Citazione:

"Tu guardi le stelle, stella mia, ed io vorrei essere il cielo per guardare te con mille occhi... "
Platone.

Nomi di costellazioni e di stelle stavano prendendo il posto di un sogno meraviglioso in cui io e i miei genitori stavamo pranzando in riva ad un fiumiciattolo. Andromeda, Cassiopea, Centauro e tanti altri nomi che non avevo mai sentito pronunciare cominciarono a svolazzare nella mia testa, o meglio venivano pronunciati dalla voce calda e profonda di Ethan. Improvvisamente era diventato notte e le stelle erano ben visibili in cielo, come se non fossimo più nella nostra città, ma in montagna dove non ci so no luci. Il ragazzo mi indicava con la mano il cielo e io ascoltavo, come se parlare con lui e soprattutto trovarmi in quel posto fosse normale. Beh, nei sogni lo era... Lo ascoltai e mi lasciai cullare dalla sua voce, fino a quando quel suono morbido e caldo fu sostituito da frequenti rumori acuti di piatti della batteria. Aprii immediatamente gli occhi e capii che il suono proveniva dall'appartamento del mio carissimo vicino : Ale.

Contai fino a dieci prima di saltare giù dal letto per andare a chiedergli gentilmente di smetterla.
Dieci, mi rigirai tra le coperte. Nove, Ale continuò a suonare. Otto, afferrai il cuscino per mettermelo in testa e magari cercare di rendere quel rumore meno fastidioso. Sette, feci fatica a respirare, perciò rimisi il cuscino al suo posto. Sei, presi un respiro profondo. Cinque, afferrai il cellulare dal comodino. Quattro, controllai l'ora. Tre, mi accorsi che erano solo le sei del mattino. Due, riappoggia il cellulare al suo posto. Uno, la mia testa mi ricordò amaramente i minuti in più che avrei potuto dormire se non fosse stato per il mio insopportabile vicino di casa. Zero, scesi dal letto infuriata, pronta a dirgliene quattro.

Ero in pigiama, con i capelli scuri arruffati, i calzini bianchi, gli occhi assonnati, eppure non mi importava. L'unica cosa che mi importava era far smettere tutto quel baccano per poter tornare nel mio caldo e morbido letto. Dopo una serata come quella precedente avevo bisogno di sonno per poter riaffrontare la giornata successiva, tra studio e altro lavoro, e Ale non era d'aiuto. Più volte avevo cercato di fargli entrare in quella testa quel facile concetto, ma non c'ero mai riuscita.

Mi scaraventai fuori dal mio appartamento, con la rabbia e il nervoso che scorreva nelle mie vene e cominciai a bussare insistendo su quella fredda porta di legno. Il volume della musica era così alto che avevo paura che non mi sentisse nemmeno, ma io non avevo alcuna intenzione di arrendermi. Doveva smettere. Basta. Erano le sei del mattino. Con che coraggio si metteva a fare tutto quel baccano?
Possibile che le vibrazioni dal box si sentissero solo al primo piano e il resto el condominio continuava a dormire inditurbato?

Grazie a Dio, aprì la porta quando quasi non riuscii più a sentire le nocche della mia mano e senza nemmeno aspettare che si aprisse del tutto, cominciai a dire:<<Alessandro, mi spieghi quante volte devo ancora ripeterti di...>> mi bloccai di colpo.

Il ragazzo che mi trovai davanti non era Ale, ma era Ethan. Si erano messi d'accordo la sera precedente per incontrarsi prima o poi per suonare insieme, solo che non mi sarebbe mai saltato che l'incontro sarebbe potuto avvenire così presto. Sì, avrei veramente voluto spaccare oggi singolo pezzo di quella batteria in testa al mio amico per la grandissima cavolata che aveva fatto.

<<Di... cosa?>> domandò incuriosito Ethan. Mi aveva rivolto ancora come se nulla fosse.

Gli passai accanto. Non avevo alcuna intenzione di rivolgergli parola. Perciò mi rivolsi al diretto interessato, Ale, che stava comodamente seduto a sgranocchiare uno dei soliti biscotti alle gocce di cioccolato.

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