I simboli del potere (crossover Percy Jackson/Harry Potter)

Legilimens

Draco pov

Il sole non era ancora sorto mentre correvo per il bosco a cavallo di Windstorm. Il ghiaccio e la neve crepitavano sotto gli zoccoli del cavallo nero mentre correva tra gli alberi, fino a fermarsi in riva al mare. Feci fermare Windstorm e scesi dalla sua schiena, ammirando il lento e melodioso incresparsi delle onde sulla riva, mettendo ordine tra i miei pensieri. In quei cinque giorni avevo osservato attentamente il comportamento di Nico: alcuni momenti era lo stesso ragazzo con il quale avevo stretto amicizia il primo giorno di scuola, mentre altre volte diventava freddo, distaccato sia negli atteggiamenti che nelle conversazioni, diventando una persona completamente diversa dal Nico che conoscevo. Una gelida folata di vento mi fece rabbrividire e mi strinsi addosso il lungo cappotto nero, mentre un solitario raggio di sole squarciava il manto oscuro del cielo. Era la mattina di Natale e speravo con tutto il cuore che Leo e gli altri avessero finito di costruire ciò che gli avevo chiesto, sperando in un miracolo di Natale tra Will e Nico. Durante le vacanze non avevo avuto modo di vedere il figlio di Apollo ma i suoi amici mi dicevano che era triste e demoralizzato anche se cercava di mostrarsi felice, cercando di non pensare al dolore che provava lavorando senza sosta. Mi dispiaceva per Will, era un ragazzo d'oro e non meritava tutta quella sofferenza.

"Draco!" esclamò una voce dietro di me, facendomi sobbalzare. Era un messaggio-Iride.

"Potter mi hai fatto prendere un colpo!" ringhiai e Harry rise divertito.

"Scusa, non volevo"

"Sì certo come no. Che c'è Harry?" chiesi ritornando serio.

"Abbiamo finito. È tutto pronto" disse lui, serio e determinato come quando aveva ucciso il Signore Oscuro.

"Molto bene. Venite oggi pomeriggio, dopo pranzo. Lascerò attivo il camino del salone" disse determinato e Potter annuì, chiudendo la comunicazione. Mi issai nuovamente su Windstorm e ritornammo di corsa al Manior, dovevo avvertire Astoria dell'arrivo dei semidei e di Potter. Una volta arrivato al Manior portai Windstorm nelle stalle, drappeggiandogli sulla groppa una coperta, per poi avviarmi all'interno del maniero

"Draco!" esclamò una voce femminile mentre si scontrava contro di me, per poi cadere a terra.

"Astoria? Che ci fai in piedi a quest'ora?" chiesi cercando di trattenere un sorriso, mentre le porgevo una mano per aiutarla ad alzarsi.

"Potrei farti la stessa domanda, comunque ero scesa perché avevo sete e stavo cercando disperatamente le cucine" rispose accettando la mia mano, rialzandosi da terra e nel farlo i nostri visi si trovarono pericolosamente vicini.

"Io ero andato a fare una cavalcata, non riuscivo a dormire. Troppi pensieri" risposi velocemente, scostandomi da lei e lasciandole la mano per poi condurla verso le cucine. Gli elfi dormivano ancora, così presi un paio di bicchieri e versai in entrambi dell'acqua.

"Notizie dai ragazzi?" chiese, sorseggiando l'acqua.

"Sì, Potter mi ha chiamato prima. È tutto pronto, arriveranno per metropolvere nel camino del salone dopo pranzo" risposi osservando il bicchiere d'acqua davanti a me, senza però vederlo realmente. La mano delicata di Astoria si posò sopra la mia, stringendola piano.

"Ehi, andrà tutto bene. Sei un bravissimo mago, ce la farai" mi sorrise incoraggiante e io le sorrisi di rimando.

Quel pomeriggio la tensione era palpabile. Io e Astoria avevamo convinto Nico a passare il pomeriggio nel salone, con una scusa, mentre lanciavamo di soppiatto occhiate al camino, nella speranza di scorgere qualche fiammella verde. Improvvisamente il camino si illuminò di una potente luce smeraldina e, poco a poco, tutti i semidei insieme a Potter, Granger e Weasley fecero la loro comparsa nel salone del Manior. Li osservai attentamente e il mio sguardo si soffermò su Will: il figlio di Apollo era dimagrito, ombre scure sotto gli occhi enfatizzavano le iridi azzurre di Will, il volto teso e scavato dalla preoccupazione e dal dolore. Alla vista dei suoi amici Nico scattò in piedi, arrabbiato.