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"Com'è andata?" Chiese Connor curiosamente, sedendosi su uno spigolo del letto di Troye.

"Strano" disse Troye, "ma carino. Mi hanno dato tre foto da portare a casa, te le faccio vedere." Rovistò nella sua borsa, recuperando una grande busta bianca. Il ragazzino prese le foto dal suo servizio fotografico per Zara Kids e le poggiò sul piumone, accanto a Connor.

Connor fece scorrere il pollice sulle fotografie, valutandole una per una.

Nella prima immagine Troye stava ridendo, seduto su una grande poltrona nera e vestito di una felpa celeste. Nelle altre due c'era un'altra modella: una ragazza con dei capelli biondi angelici. Nella prima erano seduti vicini su un divano rosso, la cui tinta era coordinata coi loro vestiti. Erano uno di fronte all'altra, stavano facendo un gioco con le mani. La seconda era in bianco e nero, erano in piedi davanti ad uno sfondo a tinta unita. Le labbra di Troye erano pressate contro le sue, in un piccolo ed innocente bacio, mentre le sue mani si soffermavano sotto il suo mento. Il piede della ragazza era alzato dietro di lei, come una sorta di tocco comico e adorabile alla fotografia.

Connor sentì una fitta al petto. Ma la ignorò, non era reale. O almeno, quello era ciò che si era detto.

Troye aveva da poco cominciato quella cosa con la moda, sempre se si fossero potuti definire "da poco" due anni. Aveva cominciano più o meno quando aveva compiuto cinque anni, quando aveva visitato per la prima volta Sydney. Qualche persona volle lavorare con lui, e tutto d'un tratto diventò un bambino modello, con anche qualche pubblicità al suo attivo. L'esperienza australiana si trasformò in opportunità in America e, quando tornò a Los Angeles, direttori del casting e agenzie di moda videro in lui una valida opportunità.

"Questa è stata la prima volta in cui mi hanno fatto fare roba del genere. Mi hanno fatto offrirle dei fiori, mi hanno fatto sorriderle. Mi hanno fatto baciarla." Scosse la testa, facendo vedere a Connor l'ultima foto.

Connor sentì l'urgenza di fare una smorfia soltanto guardandola.

"Hanno detto 'immagina semplicemente che lei sia la ragazza che ti piace!' Poi ho capito: non mi è mai piaciuta una ragazza. Non ho mai pensato che fossero carine in quella maniera, non ho mai voluto sposarne una. Mi piace solo essere loro amico, oppure guardare dei cartoni con loro, condividendo dei salatini. Non mi è piaciuto baciarla, non è stato niente di speciale. E poi, eravamo davanti uno sfondo bianco e c'era una fotocamera." Rise, scrollandosi di dosso il pensiero.

"Quanti anni aveva?" Chiese Connor, guardando distrattamente gli scatti.

"Otto, perché?"

"Non è male. Io le avrei chiesto di diventare la mia fidanzata se fossi stato al tuo posto."

Troye aggrottò le sopracciglia per il modo nel quale Connor guardava le foto, come se stesse guardando la più bella cosa avesse mai avuto sotto gli occhi. "Davvero pensi che sia carina?"

"Magnifica" biascicò. Ma, all'insaputa di Troye, la ragazza non era ciò che Connor stava fissando.

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Troye sbuffò, faticando per stare al passo di Connor. Il ragazzo più grande rallentò un po' così che Troye potesse raggiungerlo.

"Connie, ti piace tanto correre, non è vero?"

"A quanto pare."

L'agente di Troye gli aveva suggerito di cominciarsi a mettere in forma, così che quando avrebbe cominciato ad irrobustirsi, il suo fisico sarebbe stato più attraente per le fotografie.

Connor avrebbe voluto ruotare gli occhi quando lo sentì. Aveva sette anni, non avrebbe di certo cominciato ad irrobustirsi presto. A Connor piaceva così com'era Troye, ma comunque era certo che gli sarebbe piaciuto anche quando sarebbe cresciuto. Non l'avrebbe di certo detto ad alta voce, però. Al contrario, accettò di correre un po' con lui al parco di fronte le loro case.

"Ma non tanto."

"Che vuoi dire, Connie?"

"Non voglio essere un corridore. Non nella maniera in cui tu sogni di diventare un musicista o un cantante. Mi piace, ma solo come modo per evadere dai miei pensieri, almeno da quelli dai quali posso letteralmente scappare via. Non voglio che proprio la corsa diventi ciò da cui devo fuggire."

"Da cosa stai scappando via, Connor?" Chiese Troye, mentre i suoi piedi prendevano una velocità maggiore per raggiungere quella di Connor. "Forse posso aiutarti a scacciarlo via."

"No, non c'è verso." Esitò, poi abbassò la voce. "Tu non fai altro che farlo diventare più difficile da allontanare."

Troye osservò Connor con degli larghi occhi emozionati, mordendosi il labbro così forte che gli sarebbe rimasto il segno dei suoi denti. "Qualcosa di brutto?"

"Dentro, non penso. Fuori, per tutta l'altra gente, lo è."

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Connor si stese accanto a Troye, i suoi piedi appoggiati sul cuscino vicino ai riccioli marrone scuro del ragazzo.

"È stato fantastico, Troye. Ho finalmente capito che ho qualcosa di bello da sperare per il futuro." Connor stava fissando il soffitto, il suo sorriso illuminava la stanza scura.

Troye non avrebbe mai immaginato quanto una semplice Giornata dei Lavori avrebbe potuto cambiare la mentalità di un ragazzino di quarta. Anche nella sua classe di seconda ci fu la Giornata dei Lavori, ma nessuno dei volontari lo interessò particolarmente. Gli piaceva l'arte, la musica. Quello era il suo pallino.

Affari, aveva deciso Connor, quello era ciò di cui si voleva occupare.

Troye non era molto sicuro che fosse vero, ma Connor era diventato felice, come non lo era da quando era piccolo, e Troye sarebbe stato distrutto se gli avesse rubato la felicità.

Così si tirò su a sedere nel buio e ascoltò Connor, ascoltò la sua voce che trovava così rassicurante che a volte si ritrovava ad appellarvisi quando era molto spaventato.

"Sarò un uomo d'affari, Troye. Andrò ad una scuola d'economia e commercio, e diventerò di successo. Indosserò completi ed avrò una bella auto."

Troye sorrise. Si accasciò di nuovo accanto a Connor e poggiò la sua testa sul petto del ragazzo maggiore.

"Vivrò in una grande casa, con una bella moglie, e anche un bambino."

Troye aggrottò le sopracciglia contro il pigiama a strisce di Connor, la sua voce andava già affievolendosi. "Sei sicuro, Connie?"

Sospirò nei capelli di Troye. "Non molto." Ma nessuno lo sentì, tranne se stesso. E solo quella volta, Connor cedette. Avvolse le sue braccia attorno a Troye e si perse nel sonno.

Quando il signor Mellet aprì la porta della camera di Troye, fu travolto da una sincera sensazione di tenerezza. I due erano attorcigliati tra loro, addormentati con i piedi vicini alla testata del letto e le loro teste ai suoi piedi. Avrebbe fatto meglio a dire loro di dormire sui cuscini la prossima volta.

L'odore dei waffles avvolse le teste dei ragazzi, stuzzicandoli e guidandoli fino al piano terra.

"Giorno, papà" mormorò Troye, strofinandosi velocemente gli occhi.

"Giorno, Troye. Giorno, Connor."

"Buongiorno signor Mellet."

"Allora... Qualcosa è successo con il negozio di caramelle" cominciò il signor Mellet, spegnendo la piastra.

Questa era la paura più grande di Troye. "Te lo stanno portando via? No. No, ti prego papà! Non lo permettere!"

Gli occhi del signor Mellet si spalancarono mentre lasciava l'ultimo waffle su un piatto. Strinse Troye tra le sue braccia e lo calmò piano. "Niente del genere, tesoro. Mio fratello vuole aiutarci ad aprire un altro negozio di caramelle a New York."

"Oh, quindi siamo come una catena adesso?"

"Non ancora, ma lo saremo. Possederemo ancora ogni negozio." Troye ci pensò un po' su. "Okay. Così ci saranno tonnellate di Confetterie Mellet da visitare in giro!" Disse, sdrammatizzando la conversazione.

Il signor Mellet annuì. "Le cose diventeranno molto più dolci qui attorno."

Sweet - Tronnor (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora