Capitolo III: Dominic Allen

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Qualcosa mi solletica, facendomi aprire gli occhi e sbadigliare debolmente. Logan ha il viso nel incavo del mio collo, i suoi capelli biondi mi arrivano al mento, facendomi ridacchiare e, inizio a scuoterlo per svegliarlo. Mugola qualcosa di incomprensibile e mi stringe ancora più forte, incrociando una gamba alle mie. Allungo un braccio verso il comodino e vedo che ore sono: 07:30 a.m.
<<Boo dobbiamo alzarci.>> <<Ancora altri cinque minuti, Honey.>> sbuffo e me lo scollo di dosso, alzandomi dal letto a una piazza e mezza e poggiando i piedi sul tappeto verde mela al fianco del letto. La mia camera è come quella di ogni teenager, dalle pareti da colori vivaci, una scrivania piena di vestiti che dovrebbero stare nell'armadio, troppi libri e cianfrusaglie incastonati nella libreria, e un divanetto su cui dovrebbe dormire Logan, e sottolineo dovrebbe. Prendo velocemente un paio di jeans chiari e una camicetta azzurra e scappo in bagno. Mi rinfresco e dopo aver spazzolato bene i denti torno in camera e Logan è ancora stravaccato nel mio letto. Metto un semplice cardigan e le mie amate converse bianche, vado difronte allo specchio e lego i capelli in un alta coda, facendo arrivare i miei lunghi capelli a metà schiena. Il trucco non fa per me e quindi preparo velocemente la borsa con alcuni libri e quaderni che ho dimenticato di mettere nell'armadietto. <<Boo ti vuoi muovere? Io sono pronta.>> alza il viso dal cuscino e mi sorride, stiracchiandosi e mettendo in evidenza i suoi definiti muscoli. <<Che ore sono?>> mi chiede, poggiando sì alla testiera. Guardo sul cellulare e noto la grande scritta: 07:45 a.m. <<Porca orca, tra quindici minuti dobbiamo stare a scuola, e tu sei ancora qui!>> dico, indicandolo e andando in panico. <<Calma Honey, vai a prendere la macchina nel garage, le chiavi stanno nella giacca nel mio soggiorno. Io intanto mi vesto e lavo qui, ho qualcosa che posso indossare?>> indico il cassettone con i suoi vestiti al fianco del mio armadio e scendo velocemente le scale, per poi entrare a casa sua. <<Emilia che ci fai qui?>> mi chiede Denise in pigiama, mentre sta preparando la colazione alla piccola Zoe. Le scocco un piccolo bacio, e corro in soggiorno alla ricerca della giacca. <<Scusami Denise, ma andiamo di fretta. Ci vediamo stasera.>> dico, prendendo la giacca e uscendo dalla casa per far uscire la macchina dal garage. <<Fate attenzione e mangiate.>> urla dal portico, mentre Logan entra in auto. <<Fai guidare me.>> dice, prendendomi per i fianchi e spostandomi sul sedile del passeggero. <<Sei noioso, io sono capace di guidare.>> fa rombare il motore, e sfreccia per le vie della città. <<Certo, ma guidi come mia nonna e non posso permettermi un ritardo la prima settimana.>> non rispondo perché so che ha ragione e in meno di dieci minuti siamo fuori all'istituto. <<Esci senza farti notare, e per favore stai attenta oggi.>> annuisco e varco il cancello della scuola. Prendo il telefono e compongo il numero di Steph, sfrecciando per i corridoi e schivando gente. <<Dove cazzo sei?>> sbuffo e supero l'armadietto, non ho tempo di recuperare il libro di chimica che devo subito entrare in classe. <<Nel laboratorio di chimica, ci vediamo dopo a letteratura inglese?>> chiedo, sedendomi ad uno dei banchi.
<<Si, ho una bella notizia in poche parole ti ricordi del ragazzo della...cazzo sta entrando il professore, a dopo.>> metto il silenzioso al telefono e lo ripongo nella tasca davanti dello zaino. Sono tutti già seduti al loro posto, con i camici indossati e gli occhiali da protezione al fianco. Prendo il mio camice e lo indosso velocemente, mentre aspetto il mio nuovo compagno di laboratorio di quest'anno, sperando che almeno lui/lei abbia avuto il tempo di prendere il libro. Il professore Smith fa il suo ingresso squadrandoci tutti ad uno ad uno. Poggia la giacca sull'appendiabiti e subito dopo inizia a chiamare i nomi dei partecipanti al corso di chimica avanzata: ovviamente, non siamo in molti neanche qui. Appena arriva al mio nome, alzo timidamente la mano, e non ho il tempo di dire "presente", che la porta viene spalancata con una tale forza da far tremare le fondamenta. <<Alla buon ora, che fine aveva fatto signor Allen?>> dice il professore al ragazzo alla porta. Lui non si appresta nemmeno a rispondere e subito si reca al suo posto, ovvero al mio fianco. La puzza di nicotina che sprigiona è forte, anche troppo per i miei gusti, tanto da farmi spostare lo sgabello di almeno qualche centimetro. <<Dominic rispondimi.>> sbotta il professore, e giuro di aver visto il ragazzo al mio fianco ghignare. <<Affari... cose che lei non può capire.>> dice, e la sua voce è roca, e dannatamente inquietante. Il  professore gli scocca un'ultima occhiataccia, per poi continuare l'appello. Mi chiedo come un tizio così possa essere stato ammesso a questo corso avanzato, e presa dalla curiosità lo osservo meglio. Non é molto alto, ma in confronto è veramente magro. Ha una semplice t-shirt bordeaux con sopra una felpa, i jeans neri sono strappati sulle ginocchia, i capelli corvini spettinati e le labbra rosee e sottili. Il viso è triangolare e due fossette allungano di molto la mascella. Si gira nella mia direzione e i suoi occhi sono talmente scuri che sembra non esserci differenza tra la pupilla e l'iride, mi fissa insistentemente e la cosa mi sta mettendo particolarmente a disagio. Il suo sguardo è reso ancora più cupo dalle occhiaie viola, come se questo ragazzo non dormisse da mesi. <<La puoi smettere, per favore?>> non so da dove mi sia uscito il coraggio di parlare con questo tizio, di solito tendo ad evitare questa gente. <<Se ti dà fastidio essere guardata, smettila anche tu di fissare me.>> dice, facendomi aumentare il battito cardiaco e colorandomi le guance di un leggero rosato. <<Io non ti stav... C'è intendo, hai portato il libro?>> chiedo, cambiando discorso. Lui nega con la testa, e io rassegnata prendo un quaderno su cui scrivere gli appunti della lezione. Mentre il professore parlava, il ragazzo non prestava minimamente attenzione e si metteva a giocare con i bacher, facendoli tintinnare e aumentando la mia irritazione, ma di certo non gli dicevo niente. Un tizio così, sicuramente stato rimandato visto l'apparente età che dimostra, poteva portarmi solo guai: e io già ne avevo molti, non potevo di certo inimicarmi anche i dark, mi bastano i popolari. Rassegnata continuo a scrivere per tutta l'ora e, quando la campanella suona, ho un terribile dolore alla mano destra. Esco dall'aula e vado verso il mio armadietto, guardando con circospezione se c'è qualcuno dei "popolari" che può farmi un brutto scherzo. Arrivo illesa difronte all'armadietto 253, inserisco la mia data di nascita, molto originale come codice, e prendo il libro di letteratura inglese. La classe della professoressa Young, una donna di media età con uno spiccato senso dell'umorismo, era una delle lezioni che seguivo insieme a Logan, e di conseguenza a tutti i suoi amici. Mentre svolto per i corridoi grigi della Lincoln High School incontro Steph intenta a messaggiare animatamente, tanto che per poco non si accorge della mia presenza. <<Stephanie.>> la richiamo, e finalmente alza lo sguardo, posando il telefono. <<Emily, sai che oggi sembri più suora del solito?>> mi chiede, squadrandomi dalla testa ai piedi con una faccia mezza disgustata. <<Grazie Steph, io sto bene e tu?>> la vedo ridacchiare e insieme ci dirigiamo verso la classe. <<Comunque sono seria, sembri la figlia del pastore. E poi cos'è questo accenno d'irritazione.>> <<L'ora di chimica non è stata delle migliori.>> <<Strano, tu adori chimica, è successo qualcosa co...?>> <<No, niente di quello che pensi. Oggi nessuno mi ha puntata a livello di scherzi, solo che il mio nuovo compagno di laboratorio è inquietante.>> la vedo ghignare e svoltare l'ultimo corridoio che ci separa dall'aula. <<Conosco il tuo concetto di inquietante, lo dici spesso anche dei miei amici. Conclusione: questo tizio sarà un figo.>> nego con la testa e poggio la mano, indugiando sulla maniglia. Appena spalanco la porta una secchiata di acqua gelida mi inonda dalla testa ai piedi, facendomi chiudere gli occhi. Le risate non tardarono ad arrivare, e io voglio solo sprofondare li, davanti a tutti. Mi rifiuto di piangere e dargli la soddisfazione di vedermi così, e a piccoli passi esco a testa bassa dall'aula. I passi diventarono corsa, fin quando non sbatto contro qualcosa e cado giù. <<Cosa diavolo ti è successo?>> quel qual cosa parla, e la sua voce mi riporta all' odiata lezione di chimica di qualche minuto fa. Non rispondo, mi alzo semplicemente ed entro nel bagno delle ragazze. Scelgo uno dei vari scompartimenti, e chiudendomi dentro, inizio a liberare le mie lacrime. Una forte botta alla porta mi fa spaventare ancora di più e stringermi nelle ginocchia, pregando che finalmente mi lasciassero in pace. <<Apri,  o la butto giù!>> di nuovo quella voce ed io non sapevo cosa fare. Inizia a colpire forte la porta, e io, con la paura che la sfondasse e mi facesse finire nei guai, l'apro rischiando quasi di prendermi un pugno in faccia. Il ragazzo mi guarda come un cucciolo ferito, e quella sua maschera da duro che mi aveva spaventato fin dall'inizio, è sostituita da qualcos'altro.  I suoi occhi scuri come la pece accarezzano tutta la mia figura con il loro sguardo dolce, infondendomi calma e sicurezza. Poggia delicatamente una mano sulla mia guancia, bagnata delle mie lacrime e di quello stupido scherzo. Io non mi riesco a muovere, mentre lui sembra voler cancellare tutte le lacrime dal mio viso, accarezzandomi con le sue dita ruvide. <<Emilia dove cazzo... Ah ciao Nik.>> Steph entra bruscamente nel bagno, facendo allontanare di almeno dieci passi il ragazzo di fronte a me. <<White, la conosci?>> chiede lui, avvicinandosi a lei e facendomi restare a guardare l'azione da fuori, come uno spettatore. <<Diciamo che è tipo la mia migliore amica, ma non mi piace come parola. La cosa che mi sorprende è che la conosci tu!>> <<Stiamo a chimica insieme.>> dice lui, tornando alla sua voce glaciale e facendo sorridere Steph. Poi subito si ricompone e si avvicina a me, guardandomi come faceva sempre ogni volta che subivo uno scherzo: tristemente. <<Se ti può consolare, Ashley per rovesciarti il secchio addosso è caduta di culo.>> quella notizia mi fa sorridere, non tanto per la caduta della strega, ma per il fatto che non sia stato Logan, anche se era di sicuro complice. <<Non voglio tornare in classe.>> dico, con la voce balbettante dal freddo e dalle lacrime. <<Non fa niente, la signora Young capirà. Però io devo tornare per forza per avvertirla.>> sto per rispondere di non lasciarmi sola quando qualcuno mi interrompe. <<Resto io con lei White, ho un'ora buca.>> Steph annuisce, e subito dopo esce dal bagno. Ci lascia soli, e l'aria è così tesa da poterla tagliare con un coltello. <<Alzati, devi cambiarti o ti sentirai male.>> annuisco e uscendo dal bagno, mi metto le mani nei capelli frustrata perché mi sono ricordata che l'unico cambio, ovvero la mia divisa da corsa, ieri l'ho usata ed è a casa nel cesto della biancheria. <<Non ho niente da mettere.>> <<Seguimi.>> decido di farlo, visto che alternative non ho. Arriviamo all'armadietto 123, gli da due forti pugni e quello si apre. Mi passa un paio di leggins neri, femminili, e poi mi guida verso il bagno. Entriamo insieme e io lo guardo, aspettando che esca, ma lui si poggia alla parete e si accende una sigaretta. <<Potresti uscire? Sai, dovrei cambiarmi.>> lui espira il fumo dalla bocca, per poi alzare il suo sguardo su di me. Arrossisco immediatamente, nessun ragazzo mi aveva mai guardata così, come se fossi desiderabile e non un completo disastro. <<E se non lo facessi?>> mi chiede ghignando e avvicinandosi. Io cerco di rispondere, ma le parole mi muoiono in bocca. Abbassa la zip della sua felpa nera e me la passa, restando con la t-shirt. Non è muscoloso come Logan, ma quello che mi resta impresso è il tatuaggio dell uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci sul avambraccio destro. <<Metti questa, ti aspetto fuori.>> si volta ed esce. Mi tolgo i miei vestiti bagnati e indosso quei leggins, che non ho ancora capito di chi sono, e la sua felpa. Misto all'odore di fumo ce ne è un altro, e giuro di non aver mai sentito niente di meglio. Esco e sta al fianco all porta, finisce la sua sigaretta e butta la cicca per terra, iniziando a camminare. Resto un pò paralizzata dal suo gesto e dalla sua mancanza di rispetto per la scuola e vedendomi ferma si gira nella mia direzione, invitandomi a seguirlo. Appena arriviamo al mio armadietto poso i vestiti bagnati e mi giro nella sua direzione. << Grazie.>> dico, sorridendo sinceramente, fin quando non mi ricordo dell'apparecchio e abbasso il viso. <<Come ti chiami?>> lo chiede in un modo così disinteressato e impassibile, che quasi mi ricredo del mezzo giudizio positivo che avevo di lui. <<Emilia, Emilia Palmieri.>> dico, inacidita dal fatto che non si è neppure preso la briga di scoprire il mio nome. <<Due cose, Emilia Palmieri: la prima, sorridi perché sei molto carina quando lo fai; la seconda, seguimi perché voglio sapere cos'è successo.>> il mio cervello si è spento appena ha detto quella parola, quell'aggettivo che non è mai stato associato a me. Annuisco arrossendo e lo seguo, apre la porta antincendio che porta al campo e cammina fino a quando non arriva sotto le gradinate, si poggia su un alto muretto e allunga una mano per far sedere anche me. Appena le nostre mani si stringono, una strana sensazione si irradia nel mio corpo, come pura elettricità. Dopo essermi seduta lui si accende un' altra sigaretta, facendomi arricciare il naso dal disgusto quando espira il fumo. <<Allora Palmieri, cos'è successo?>> non rispondo, abbasso lo sguardo e mi rifiuto di risponderlo. <<Perchè mi chiami per cognome?>> chiedo invece, girando il discorso su un'altra prospettiva. Sono veramente in imbarazzo, non sono mai stata sola con un ragazzo, ad eccezione di Boo, e soprattutto con uno con l'aspetto così da teppista, scommetto che non va nemmeno in chiesa la domenica. <<Chiamo tutti per cognome, è un abitudine.>> dice, espirando il fumo dalla bocca, creando delle forme ellittiche. <<Ora, ritornando a prima, potrei sapere che è successo.>> <<Sei nuovo?>> okay, so che è irritante, ma non la smetto di rispondere con altre domande. Scende dal muretto e se ne va, senza salutarmi e dirmi niente: probabilmente me lo sono meritato.

Honey & BooWhere stories live. Discover now