Il ragazzo la strinse a sé, abbracciandola, facendo le fusa quando lei gli grattò dietro le orecchie del costume.

«Davvero fai le fusa?» rise, alzandosi e mettendosi a sedere accanto a lui.
«I gatti fanno le fusa quando vengono coccolati.»rispose miagolando. «È meglio se torno a casa. Domani hai scuola e non voglio che crolli sul banco, anche se sono sicuro che sognerai il magnifico me.» aggiunse gonfiando il bicipite.
«Sì, certo. Contaci.» esclamò facendogli un buffetto di consolazione, lasciandolo con un'espressione di finta tristezza.
«Buona notte Principessa, ci vediamo domani.» la salutò con un casto bacio, prima di uscire dalla botola sull'attico.






La settimana passò veloce.

Marinette aveva smesso di balbettare in presenza di Adrien, parlando più volentieri con lui e sentendosi più a suo agio; entrambi avevano dimenticato cos'era accaduto a casa della corvina –il "quasi bacio"–, anzi, solo lei se l'era dimenticato, Adrien l'aveva messo in un angolino della sua memoria.

Non c'era giornata durante la quale l'adolescente non vedesse l'ora, nei panni di Chat Noir, di poter riabbracciare e baciare la ragazza di cui si era innamorato. Le sue labbra, i suoi sussurri, il suo profumo; erano tutto ciò di cui aveva bisogno dopo una giornata trascorsa tra libri di scuola e tra i flash delle fotocamere.

Quella domenica pomeriggio, Marinette l'aveva passata in compagnia di Adrien a provare la poesia per la ricerca, ripetendo con indosso i costumi come se fossero realmente a scuola e qualche ora dopo che Adrien fu tornato a casa, Chat Noir atterrò sull'attico per la sua visita serale.

Sbirciando dalla botola sul letto, vide la sua ragazza sistemare i costumi che aveva provato con lui il pomeriggio, con gli auricolari nelle orecchie, mentre canticchiava allegramente.

Il biondo scivolò silenzioso sul materasso, non staccando gli occhi dalla corvina: aveva i capelli sciolti, che gli cadevano leggeri sulle spalle e indossava una maglietta XXL nera, che le bastava per coprire ben poco delle sue gambe, e che, quando alzava le braccia o si chinava per raccogliere le parti dei vestiti che le cadevano, gli dava la possibilità di vedere le mutande azzurre. Anche se la luce della lampada era fioca, riusciva a vedere ogni minimo dettaglio grazie alla sua vista notturna.

Essere un gatto aveva i suoi vantaggi.

Chat fece fatica a distogliere lo sguardo dalle gambe scoperte di lei: le caviglie strette, i polpacci e le cosce toniche e magre, fino ad arrivare al sedere, che s'intravedeva grazie ai movimenti bruschi che facevano alzare quella dannata maglietta.

Dio, il suo sedere!

"Adrien... Devi calmarti... Non pensare a cose sporche!" pensò tra sé e sé, cercando di tenere a freno i pensieri, non volendo trattare con una situazione parecchio scomoda.

Era impossibile per lui rimanere lucido con la ragazza della quale gli piaceva tutto –dal carattere al corpo– e di cui, in quel momento, riusciva a vedere la biancheria intima che aveva un unicorno bianco stampato sul davanti!

Chat Noir iniziò a sentire caldo e il costume lo soffocava, ma doveva resistere.

Finalmente, Marinette si tolse le cuffie dalle orecchie, spense la luce della lampada e salì sulle scale per andare a letto.

Amour masquéWhere stories live. Discover now