Cap. 11

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N.B. c'è un piccolo lime nella seconda parte della storia (quella dopo lo spazio più grande), se vi da fastidio o che altro non leggete e fermatevi prima.





Marinette era sicura della sua risposta. Era quella giusta, si ripeteva in testa.

Gliel'aveva detto a Notre Dame che era innamorato di lei, e lei lo era di lui.

Chat Noir s'irrigidì: non si aspettava una risposta del genere da parte sua, ma ne fu felice. Le accarezzò la guancia, perdendosi nell'azzurro dei suoi occhi, sentendo che la corvina si appoggiò contro la sua mano, inspirando al suo tocco.

Il biondo si sporse in avanti, attirando la ragazza a sé, poggiando la fronte contro la sua, e la mano sul suo fianco, volendo un contatto maggiore.

Il suo respiro si fece più veloce e irregolare: voleva baciarla, toccarla, possederla.

Deglutì rumorosamente, spostando lo sguardo dagli occhi alla sua bocca socchiusa.

«Marinette... Posso baciarti?» chiese titubante, leccandosi le labbra secche.

La corvina non rispose, ma si sporse in avanti, fino a catturare le sue labbra in un bacio.

Chat lasciò il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento, sorridendo e avvicinando ulteriormente i loro corpi.

I due si staccarono, prendendo aria da quel contatto tanto desiderato, guardandosi negli occhi. Fu la volta del felino ad avviare il bacio, sporgendosi verso di lei e spingendola finché non fu sdraiata sotto di lui; lei portò le braccia al collo, intrecciando le dita nei capelli dorati, scompigliandoli ulteriormente, mentre il suo corpo premeva contro il suo come una sorta di magnete.

«Tu non sai quanto ho aspettato per questo.» sussurrò il biondo, accarezzandole la guancia e sorridendole nervosamente.
«Anch'io, ma non credevo di piacerti in quel senso.»
«Se tu non mi piacessi allora non sarei qui, sopra di te, a baciarti e a dirti quanto tu sia meow-ravigliosamente purr-fetta.» miagolò, tornando a baciarla.

L'eroe parigino strinse leggermente la presa attorno al fianco della corvina, facendola ridacchiare.

«Chat, mi fai il solletico.»
«Ah davvero?» ghignò iniziando a solleticarle i fianchi.
«C-Chat! I-I miei ge-genitori so-sono al piano in-inferiore.» rispose tra le risate, facendolo fermare; per quanto volesse sentirla ridere non voleva essere scoperto.

Il felino sorrise; il suono della sua risata era musica per lui, e il sapore delle sue labbra era diventato come una droga: appena provata non ne poteva più fare a meno.

Chat lambì di nuovo le sue labbra, rotolando di fianco e invertendo le posizioni: ora lei era sopra di lui; spostò le mani sotto la maglietta, accarezzandole la pelle della vita.

I due si staccarono per riprendere fiato, mentre Marinette poggiò la testa nell'incavo del collo di Chat, coccolandosi e inspirando il delicato odore di colonia, con un una leggera e impercettibile sfumatura di formaggio —da lei riconoscibile grazie agli anni passati in pasticceria—

«Che ne dici di essere la mia ragazza?» domandò il biondo, baciandole la fronte.
La corvina alzò la testa, divertita. «Con quale spudoratezza.»
«Allora lo rifaccio: –si schiarì la gola– mia dolce Marinette, vorresti diventare la fidanzata del gatto più meow-raviglioso, purr-fetto, incantevole, bello, figo e strasexy di tutta Parigi?» domandò con fare vanitoso.
«È finita la lista?» ridacchiò la ragazza, facendogli fare una smorfia scherzosa, per poi dargli un bacio sulla punta del naso. «Però sì, voglio essere la tua ragazza.» aggiunse arrossendo.

Amour masquéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora