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Respira.
È solo una brutta giornata,
non una brutta vita.
Macklemore

▶️ Stairway to heaven - Led Zeppelin

▶️Help - Beatles

Payton

Mancavano esattamente cinque minuti a mezzogiorno e proprio oggi mi sarei dovuta presentare nella proprietà della casa dei miei tutori - ovvero - i miei nonni, puntualmente come tutti i fine settimana per poter pranzare insieme, dopo la loro visita alla Chiesa per la messa Domenicale.

Non dovevo permettermi di arrivare in ritardo, anche perché mio nonno - il Signor Williams - non ne sarebbe stato affatto contento. Continuava a ripetermi, fin da quando ero bambina, che la puntualità era uno dei principi più importanti di una persona.

E puntualmente non la rispettavo mai.

Presi - fra le mani - il mazzo di chiavi che corrispondevano alla serratura del mio maggiolino - in cui ci avevo appeso un piccolo pupazzetto peloso - per uscire successivamente di casa, chiudendo frettolosamente la porta alle mie spalle. Mi avvolsi strettamente nel giaccone, che serviva a tenermi al caldo durante le basse temperature dei luoghi esterni. Le giornate - a man mano - diventavano sempre più fredde ed i miei occhi lucidi, grazie al vento eccessivo a contatto con il volto, ne erano la prova.

L'aria picchiettava costantemente sulla mia pelle, provocando lividi lungo tutto il corpo. Una volta all'esterno dell'appartamento del condominio in cui abitavo, l'aria mi fece tremare - involontariamente - le dita delle mani.
Avrei davvero gradito la presenza di un paio di guanti per coprirle, per poter placare il bruciore che sentivo in esse.

Individuai la scatoletta di tonno bordeaux che era il mio maggiolino, avvicinandomi velocemente a quest'ultima ed aprendo successivamente la portiera - con le chiavi - entrai velocemente all'interno per accendere il motore, facendo partire il veicolo a tutto gas.

Per a tutto gas, intendevo raggiungere scarsamente i sessanta chilometri all'ora, niente paragonabile alle manovre pericolose di Fast And Furious. Quando guidavo rispettavo sempre i semafori e i cartelli stradali, e non superavo mai i limiti di velocità. Già, ero una brava cittadina.

Verso quell'ora le strade venivano completamente soffocate dalla presenza di migliaia di persone, che si incamminavano con la testa china sul cellulare posto nelle loro mani, come se il meraviglioso paesaggio che gli circondavano, non fosse minimamente paragonabile all'attrazione che erano i loro dispositivi elettronici.
Erano piccoli schiavi di aggeggi elettronici e non se ne rendevano nemmeno conto.
Uomini, che stretti nei loro abiti firmati, scendevano di corsa le scale per dirigersi verso la metropolitana, che gli avrebbero portati ad affrontare una lunga giornata lavorativa.
I bambini correvano allegri e spensierati negli innumerevoli giardini che occupavano quella grande città, con l'intento di raggiungere il loro pallone colorato a fantasia ed i genitori - che a loro volta - si riunivano nei ristoranti per poter passare del tempo con la propria famiglia.

Ed in fine c'ero io, seduta comodamente al posto guida del mio maggiolino, ad aspettare che l'acceso colore rosso del semaforo potesse diventare nuovamente verde, pregando di poter arrivare in tempo e in perfetto orario a casa.

Quindici minuti più tardi, mi ritrovai di fronte all'accogliente villetta rossa, che mi aveva regalato un tetto su cui poter vivere dopo la morte dei miei genitori.
Puntai lo sguardo sulla porta tinteggiata di bianco, con gli occhi socchiusi, lasciando che i ricordi mi abbracciassero tristemente.

Schiava Di Un MiliardarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora