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▶️Time - Pink Floyd

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▶️Time - Pink Floyd

Quel Lunedì mattina ero intenta a far partire - per la millesima volta - la mia vecchia Classic Beetle 1969 bordeaux, provando a ruotare nuovamente la chiave con le dita. E dovrebbe essere inutile sottolineare il fatto che, per riuscire nel mio intento, ci misi una quindicina di minuti prima di farlo funzionare. Non era la prima volta che mi trovavo in quella spiacevole situazione ma, nonostante la consapevolezza di doverla portare in riparazione dal meccanico, mi ritrovavo spesso a rimandare la proposta per la settimana successiva.

Un po come i miei buoni propositi per la dieta, posticipata puntualmente per il Lunedì seguente, che non sarebbe arrivato mai.

Nonostante lo spiacevole imprevvisto cercai di promettere a me stessa, di attenermi all'idea di non perdere la pazienza, provando nuovamente a girare la chiave per riaccendere il motore, udendo il risultato di due rumori all'interno del cruscotto - come risposta - prima di farlo partire.
Finalmente, pensai.

Non dovevo permettere di prendermi il lusso di presentarmi in ritardo ai corsi mattutini, che si sarebbero svolti all'interno dell'edificio dell'Università di Princeton, qui nel New Jersey. Avevo affrontato parecchie situazioni, rinunciato ai piaceri di un'adolescente al liceo e sacrificato tutta me stessa, per poter studiare in quell'Istituto. Arrivare in ritardo o saltare le lezioni, non era assolutamente nei miei piani, se volevo prendere in mano la mia laurea con il massimo dei voti.
Mancavano pochi mesi fino ad allora e mi sarei impegnata con tutta me stessa, lo dovevo alla ragazzina a cui gli era stato spezzato il cuore durante l'estate della terza media. Lo dovevo a me stessa.

Accesi il riscaldamento ad una temperatura elevata, oramai l'aria fredda Autunnale si era presentata facendosi ben notare, nel mentre che rendeva a cubetti la mia pelle dalla carnagione leggermente olivastra. Per quella giornata avevo indossato un enorme giaccone - color crema - per potermi coprire, munendomi di una sciarpa in lana grigia attorno al collo e di un berretto - altrettanto uguale - sulla testa, dandomi l'aspetto e le sembianze di un affettuoso pupazzo di neve.

Un piccolo Olaf.

Durante il tragitto guidai attentamente nelle strade della A7, rispettando perfettamente i cartelli stradali che trovavo lungo il cammino. Come del resto avevo sempre fatto, da quando avevo ottenuto - fra le mani - il documento della patente qualche anno prima.

Parcheggiai il maggiolino nel parcheggio della scuola riservato agli alunni, assicurandomi - prima di scendere e chiudere la portiera - di aver preso con me, il necessario per affrontare la giornata.

Mi incamminai - stringendomi strettamente nel giaccone - in direzione del grande edificio strutturalmente storico. Il sentiero pavimentale in pietra circondava ogni angolo scolastico, un percorso studiato appositamente per non perdersi, ognuno - infatti - portava all'entrata principale dell'edificio. Due grandi alberi di Salice Piangente vi erano presenti ai lati dei grandi cancelli, coprendo il terreno con le loro foglie diventate ormai giallastre con l'arrivo del periodo Autunnale. I loro esili rami si muovevano all'arrivo del vento, quasi a volerli cullare mentre volteggiavano in diverse direzioni. Il panorama poteva essere paragonabile ad un quadro di pittura ad olio.

Schiava Di Un MiliardarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora