Chapter 58

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Restammo al laghetto per qualche tempo, per lo più a fare gli scemi ed a nuotare. Mi piaceva vivere momenti così definibili normali, con lui. Dopo di che tornammo a casa, decidendo di scaldarci sotto al sole, distesi sulla spiaggia bianca e fare un ultimo bagno in mare prima del tramonto, che non tardò ad arrivare.
Il sole cominciò a tramontare dietro l'orizzonte, tracciato dall'incontro di oceano e cielo, assumendo il tipico colore arancione e caldo, proiettando fasci di luce che facevano scintillare le increspature sulla superficie dell'acqua o che si riflettevano tra le poche nubi, all'ora tinte di rosa, giallo ed arancio. Inutile dire che fosse stato uno spettacolo mozzafiato. 
Eravamo seduti sui nostri asciugamani, posti distesi direttamente sulla sabbia fina, entrambi occupati ad osservare il tramonto in un confortevole silenzio, quando Justin circondò le mie spalle con un braccio, attirandomi leggermente più vicina a se. "Sono le 7.40 pm piccola, che ne dici di rientrare, farci una doccia e mangiare qualcosa?" chiese affettuosamente, dopo aver controllato l'ora dal suo Rolex. Venni dolcemente scossa e portata fuori dal mio stato di incoscienza e rilassamento, girandomi verso di lui con un sorrisino incondizionato sulle labbra, annuendo soltanto, in risposta alla sua domanda. Mi sorrise gentilmente, alzandosi e porgendomi una mano per aiutarmi a fare lo stesso. 
Entrammo in casa. "Vai pure su, intanto cerco qualcosa da poter mangiare" disse in modo premuroso. "No, aspetta che venga a darti una mano" risposi semplicemente, non volendo che facesse tutto da solo. "Non preoccuparti piccola, va" replicò. Mi diressi verso le scale e poi risposi, a voce abbastanza alta perché potesse sentirmi: "Mi cambio ed arrivo." E così fu, andai nella nostra stanza, tolsi il costume ancora umido stendendolo su una sedia posta sul nostro balcone, decidendo di indossare un accappatoio bianco e morbido, solo perché ero svogliata e non avevo voglia di indossare dei vestiti puliti, dato che non lo ero. Districai velocemente i miei capelli con un pettine, dato che erano un disastro e non riuscivo a stare con i capelli annodati vista la loro lunghezza, ridiridendomi verso le scale per scendere al piano inferiore ed entrare in cucina, dove Justin stava mettendo delle padelle sul fuoco. Una volta che si accorse della mia presenza, ovvero un paio di minuti dopo nei quali restai semplicemente a contemplarlo, mi guardò dall'alto in basso, inumidendosi le labbra com'era solito fare, prima di riacquistare il dono della parola: "Ti va del pollo saltato con peperoni e patate arrosto?" mi chiese, fermandosi dal tagliare i peperoni già posti sul tagliere. Mi avvicinai a lui, guardando tutti gli ingredienti già posti sul bancone: solo quello mi aveva fatto venire l'acquolina in bocca. "E' perfetto", dissi sorridendogli ed osservando le sue mani, che ripresero a sminuzzare. "Come posso aiutarti?" dissi pochi secondi dopo, sentendomi inutile. "Potresti andare a metterti comoda sul divano" mi propose, come se fosse un'ipotesi possibile. "Non credo proprio" risposi rivolgendogli un sorriso sarcastico, "dimmi come posso aiutarti" dissi avvicinandomi ancora di più a lui. Sbuffò prima di rispondere: "Puoi occuparti delle patate, se proprio insisti." "Perfetto" esclamai allegra, baciandogli un bicipite ed andando a lavarmi le mani nel lavello, pronta a dare una mano in cucina. Mi piazzai di fianco a lui, ma non troppo vicino da essergli d'intralcio, cominciando a pelare le patate, per poi tagliarle e mettendole subito sul fuoco. 
Nel frattempo lui aveva finito con i peperoni e stava cominciando a tagliare il pollo a listarelle.
Era davvero molto sexy mentre era così indaffarato e concentrato, ma rimanendo calmo e rilassato. 
"E dunque, anche Justin Bieber sa cucinare" dissi, osservandolo ancora dopo aver buttato un occhio sulle patate. Sorrise, continuando a fissare ciò che stava facendo. "Diciamo che me la cavo", "Diciamo che sarò io a giudicare" sorrisi di rimando, attirando la sua attenzione. "Non pensavo che sapessi 'cavartela' ai fornelli" dissi sincera, mimando le virgolette sullo stesso termine che aveva utilizzat lui, per poi incrociando le braccia sotto il busto e guardare il pollo ed il modo in cui lui lo tagliava: preciso, senza fretta ma non lento. Vederlo cucinare diceva molto su di lui: appariva sicuro di se e rilassato e gentile, cose che lui era per la maggior parte del tempo, problemi imprevisti a parte.
"Solo perché non lo faccio quasi mai non vuol dire che non sappia provvedere alla mia sopravvivenza" disse guardandomi negli occhi e trattenendo una risata, facendomi sorridere. "Punto per te, Jay Jay" dissi. Scoppiò finalmente in una risatina soave e scosse la testa, aggiungendo il pollo ai peperoni già nella padella. "Ora dobbiamo solo aspettare e mescolare di tanto in tanto" disse guardandomi, "non c'è più nulla da fare, perciò puoi andare a rilassarti sul divano" aggiunse fermandosi davanti a me, i nostri petti che si sfioravano. "Vieni con me" chiesi in modo tenero. "Do un'ultima occhiata qui ed arrivo, va ad accendere la tv" disse indicandomi con il mento la strada per il soggiorno e sorridendomi. Mormorai un 'okay' dirigendomi verso il divano, trovando il telecomando della televisione su uno di essi ed accendendola prendendo posto in un angolo. Mi fermai sulla Fox, stavano dando una replica di 'According to Jim" ed io lo adoravo, mi faceva sentire a casa. 
Dopo non molto tempo, Justin, mi raggiunse, cogliendomi leggermente di sorpresa non appena si sedette di fianco a me. "Non ti avevo neppure sentito arrivare" dissi guardandolo negli occhi, sorridendo. Non riuscivo a smettere di sembrare beata tra le nuvole, ma dopotutto era quello che ero. "Scusami" disse sorridendomi, "Non devi scusarti" risposi accarezzandogli la mano e riportando lo sguardo alla televisione. "According to Jim, era da un po' che non lo vedevo" disse. "Già, io da molto" confessai, "probabilmente l'ultima volta che lo avevo guardato ero poco più che una bambina" sorrisi a più a me stessa, ripensando ad una piccola me in salotto a casa di mamma e papà. Anche se dove mi trovavo stavo paradisiacamente, i miei mi mancavano da morire.
Avvertii il suo sguardo bruciare sulla mia pelle, così mi girai verso di lui, facendo incontrare le nostre iridi. "Che c'è?" gli chiesi leggermente allarmata, sperando di non avere nulla di strano sulla faccia. "Niente" disse facendo spallucce e sorridendomi dolcemente, "Ti manca casa?" aggiunse dolcemente, centrando in pieno il discorso. "A te non manca?" gli chiesi di rimando, sorridendogli come se avesse potuto biasimarmi. "In ogni momento" rispose, poggiando il braccio lungo lo schienale e raggiungendo la mia spalla, tracciando su di essa dei cerchi immaginari con la punta delle dita. "Uguale" risposi con franchezza, perdendomi nei suoi occhi, che erano tornati color caramello fuso. "Mi presenteresti a loro?" fu la domanda che mi fece. Gli presenterei la mia famiglia? Certo, ero innamorata di lui. Tuttavia, non credevo che fosse così necessario per lui, oltretutto il problema 'lingua' non era un fattore del tutto insignificante. "Perché no?" risposi, abbassando lo sguardo verso i cuscini del divano, incapace di sopportare ancora il suo, "Se parlaste la stessa lingua e fossero qui, sarebbe probabile, credo" aggiunsi, pensando a come sarebbero potute andare le cose in tali circostanze.
Poi mille emozioni ed insicurezze si sprigionarono dentro di me: forse avevo sbagliato, forse avevo esagerato, mi avrebbe creduta pazza dal momento che avrei potuto correre così tanto senza nemmeno esserci insieme. Probabilmente ora gli sarei apparsa come una bimba, come tutte quante le altre ragazzette normali che lo avevano incontrato. "Giusto, la lingua" disse soltanto, fermando il corso dei miei pensieri e facendomi tornare a guardarlo negli occhi, imbarazzata. "Fortunatamente parli inglese: mi piacerebbe farti conoscere i miei.. un giorno" aggiunse, ipoteticamente parlando. Che cosa? Mi avrebbe presentata ai suoi genitori? Questo, era davvero inaspettato.

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