Chapter 3

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"Preghiamo i Signori passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza. Ci prepariamo all'atterraggio." Riaprii gli occhi alle parole della hotess, cercando di stiracchiarmi la schiena rimanendo seduta e allacciando la cintura. Mi rivolsi verso Katherin, cominciando a scuoterle il braccio sinistro nella maniera più dolce possibile.

"Svegliati Kathe, stiamo atterrando, una decina di minuti e saremmo all'aeroporto." le sussurrai all'orecchio. Rimasi colpita dalla velocità con la quale la bella addormentata riaprii gli occhi: solitamente le cannonate non bastavano a svegliarla. "Giurami che non scherzi, giurami che siamo arrivate!" mi disse fissandomi implorante con quei suoi profondi occhi neri. Non so come sia possibile, ma Kathe aveva gli occhi neri: erano di un marrone talmente scuro ed intenso da poter essere definibili neri.

"Te lo giuro, perra, dieci minuti e siamo arrivate!" risposi tra le risa.

"Ehi, non usare lo spagnolo contro di me, soprattutto adesso che sono ancora insonnolita! Non mi puoi chiamare 'perra' senza un motivo, perra!" disse, mentre scoppiammo a ridere. I suoi genitori, oltre che ad essere un vero spasso ed a rivestire il ruolo di una mia seconda famiglia, erano latini, colombiani più precisamente, ed era per questo che, anche se lei era nata in Italia, parlava fluentemente lo spagnolo, ed inevitabilmente qualcosina la imparai anche io. Niente male comunque, sapevamo tre lingue in due: italiano, spagnolo ed inglese, dopo tutto il tempo che passammo a studiarlo e ad impararlo per questa occasione.

La voce della hostess ci interruppe ancora: "Dieci minuti all'atterraggio." avvertì.

Per un attimo la mia euforia del momento scomparve guardandola: era ancora perfetta dopo quindici ore di volo, e pensai che fosse o un robot o un vampiro, e qualsiasi cosa fosse vorrei essere stata lo stesso!

Passati i cinque secondi di invidia nei confronti della biondina tornai euforica e smaniosa di arrivare: mi sentivo come un bambino la mattina di Natale, quando si sveglia di soprassalto pensando soltanto a poter scartare i regali sotto l'albero.

Sentimmo l'aereo scendere, perdendo quota man mano, fin quando non decisi di alzare la tenda dell'oblò e vedere a che punto fossimo. Eravamo in alto, ma non così in alto, e l'adrenalina che mi scorreva nelle vene non mi fece percepire il senso di vertigine. Dall'oblò riuscivamo a vedere l'Oceano e le spiagge, e ancora i grattacieli e le splendide ville. Eravamo senza parole dallo stupore e dall'emozione.

Il suolo era sempre più vicino ed ad un certo punto riuscimmo a vedere la pista d'atterraggio. Una manciata di istanti più tardi la raggiungemmo e poco dopo sentimmo le ruote aderire all'asfalto. Partì un applauso generale nei confronti del pilota e del resto dell'equipaggio, che venne interrotto dalla voce diffusa dalla bionda-vampiro "L'atterraggio è stato effettuato con successo. Siamo all'International Airport di Los Angeles, ora locale 2.17 pm. La temperatura esterna è di 31° centigradi. American Airlines spera di averVi fatti trascorrere un viaggio sereno e Vi augura una buona permanenza!"

Lo stridio delle ruote si affievolì e l'enorme aereo si fermò dolcemente.

I passeggeri cominciarono a slacciare la cinture di sicurezza ed a ricuperare i propri bagagli a mano, per poi recarsi all'uscita.

Pochi minuti dopo io e la mia coinquilina ci trovammo all'interno dell'autobus sulla pista d'atterraggio, pronte a varcare la soglia dell'aeroporto.

I nostri documenti erano già apposto, serviva solo una fotografia da aggiungere al visto, che venne velocemente scattata prima del ritiro bagagli.

Nel giro di un'altra decina di minuti uscimmo dall'aeroporto e chiamammo un taxi. Appena ne trovammo uno disponibile caricammo i bagagli, mentre l'autista chiese la meta.

Io e Kathe ci guardammo negli occhi e ridendo sommessamente, cercando di non essere prese per psicopatiche, dicemmo insieme:

"24918 Normans Way, Calabasas, CA 91302".

Una trentina di minuti più tardi il taxi si fermo, ed il conducente del veicolo girandosi ci disse che eravamo arrivate, porgendoci il conto.

Mentre pagai, Katherin scense dall'auto e cominciò a scaricare sbrigativamente i bagagli, per poi essere raggiunta da me.

Una volta chiuso energicamente il baule dell'auto, che ripartì senza troppe cerimonie, ci girammo verso quella che sarebbe stata la nostra nuova casa e per poco la nostra mandibola sforò l'asfalto: credevo che i nostri genitori non fossero stati molto onesti con noi, in fin dei conti. La villa che si presentava davanti ai nostri occhi era davvero splendida: erba verde adornava la parte anteriore ad essa, il vialetto che conduceva al garage era in granito bianco. Due piani di imponente e davvero troppo grande casa.

E' vero che la mia famiglia, come anche quella di Kathe, era benestante, ma non credevamo fino a questo punto. Sul serio, io e Katherin ci eravamo sfondate il culo in questi quattro anni per cercare di farcela da sole, e loro ci prenderono così per il naso da nascondere l'effettivo valore della 'casetta' che pensavamo di esserci guadagnate da sole? I miei genitori mi avrebbero sentita presto. Non potevo che ringraziarli per tutto quello e potevo essere più che felice di poter abitare lì, ma credoevo che "Credo che i nostri genitori abbiano davvero esagerato questa volta! E' sicuramente fantastica, ma siamo in due non in sette, e poi non credevo potessero davvero permettersi questo!" disse la mia coinquilina, precedendo i miei pensieri. La guardai annuendo, ancora interdetta e sbalordita, estrassi dalla borsa il mio telefono e le chiavi di casa che mi aveva consegnato mio padre dopo essersele fatte spedire.

Non potei avere la minima idea di quanto costasse una chiamata inter-continentale, e stavo per scoprirlo.

"Papà,siamo arrivate. Sì il viaggio è andato magnificamente e la casa è meravigliosa, anche se in realtà siamo ancora sul vialetto a bocca spalancata perché non abbiamo ancora capito per quale motivo avete esagerato in questo modo!" urlai.

"Ciao Lucia, siamo felici che il volo sia andato bene ed altrettanto contenti che la casa vi piaccia. Abbiamo pensato di farvi un pensierino ed è realmente costata meno di quanto sembri. Ora entrate e fateci sapere se l'arredamento è di vostro gusto. Vi vogliamo bene, un abbraccio enorme."

Fu così che mio padre mi liquidò, riattaccandomi il telefono in faccia, deviando la mia collera con estrema classe.

Federico Comparin e Lorena Battisti, siete pazzi, ma vi amo con tutto il cuore.. mamma e papà.

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