Capitolo 28

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Sono accucciato alla parete, gambe allacciate al petto e viso su di esse. Il pantalone assorbe le lacrime amare.

Un improvviso rumore mi fa smettere di singhiozzare; è entrato qualcuno. Effettivamente pareva strano che nessuno stesse affollano il bagno durante l'intervallo, troppo bello per essere vero.

La persona appena arrivata non mi nota subito, ed io rimango nel mio angolo a sguazzare nell'autocommiserazione. Prego che non si accorga di me, ma come al solito qualcuno lassù non mi vuole troppo bene.

Il ragazzo che mi sta dando le spalle, infatti, alza lo sguardo sullo specchio e mi vede. Spalanca i suoi bellissimi occhi verdi, e si gira immediatamente allarmato.
Si butta in ginocchio di fronte a me. Io non gli scollo gli occhi di dosso, anche se mi sembra di vedere attraverso...

"Piccolo, perché piangi?" è premuroso nel tono.

Leva via una lacrima, che non sono riuscito a trattenere.
Non rispondo, ma finalmente lo guardo, e legate le braccia al suo collo mi avvicino e lo bacio con trasporto, come mai fatto in vita mia. Non ci mette nemmeno un secondo per iniziare a ricambiare con pari ardore.

La mia coscienza continua a suggerirmi sbagliato, sbagliato, sbagliato, eppure il mio cuore continua a dire che non dovrei essere da nessuna altra parte.

Mi allontano dalle sue labbra e lentamente gli accarezzo gli zigomi. Non lo guardò negli occhi, piuttosto seguo i movimenti della mia mano.

È abbastanza confuso, ma non do spiegazioni, semplicemente mi alzo, mi sciacquo la faccia per eliminare un po' di rossore.

Lui rimane fermo immobile ad osservarmi attraverso lo specchio con un le sopracciglia alzate in una sincera espressione di dubbio. Sto male per lui, all'oscuro.

"Scusa" sussurro prima di andarmene dal bagno non aggiungendo nient'altro che possa chiarire il mio umore.

Corro verso la mia classe, consapevole che probabilmente sarà uscito solo ora dal bagno per cercare altre informazioni.
Mi siedo al banco, metto la testa sulle braccia incrociate. Provo un forte mal di testa, mi sento scoppiare la testa. Entra nell'aula, ne avverto la presenza, e mi lancia un'occhiata. Non mi muovo, anche se la avverto sul mio capo. Sento una voce diversa di un'altra persona. Lo deduco perché appena entrato ero anche l'unico.

Niall.

"Ciao" la voce è parecchio insicura.
"Hey, amico, sai cos'ha?" domanda Harry,
Niall rimane in silenzio.

Dopo un po' risponde: "Non lo so. Vorrà stare da solo."

Alzo la testa, Harry si sta guardando le scarpe, un attimo e lo sguardo del secondo entra in contatto col mio.

Scuoto la testa.

I nostri occhi sono ancora in contatto, quando sfrega il palmo contro la sua schiena. Fulmino il braccio. Dopo quello che mi ha detto, come fa anche solo a guardarlo senza vergognarsi: dove sono i sensi di colpa?

Lui non è scappato.

Ma si è nascosto.

E quindi? Lo ha ferito, ma ha comunque cercato di rimediare.

Rimango fermo, fisso il vuoto.

Suona la campanella. La professoressa entra.
Niall si muove velocemente e lascia cadere il braccio dalle sue spalle.

Il trillo della campanella mi riporta alla "realtà".

Hai fissato per tutta l'ora la lavagna davanti a te, e come se non bastasse cammini guardandoti i piedi, direi che addormentato lo sei ancora...

Amore in borghese ›› Larry Stylinsonحيث تعيش القصص. اكتشف الآن