- 13 - Welcome To Ginevra

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Mi svegliai di colpo, sobbalzando.
Rotolai giù dal letto, di nuovo, ed atterrai sulla mano fasciata che mi face ancora più male.
«Ma porcaputtana!», imprecai con voce sorda.

Ottimo, con l'ansia e le lacrime agli occhi fin dal primo risveglio.

Quegli incubi stavano azzerando ogni semplice felicità della vita.
Mi alzai barcollando verso una valigia e ne tirai fuori un paio di skinny jeans con applicazioni di pizzo sugli strappi e una semplice maglia nera, come i pantaloni.
Buttai in bagno l'accappatoio ancora umido ed indossai i vestiti con calma.
Mi sistemai alla bene meglio i capelli usando le mani e scesi a far colazione con le pantofole a forma di Homer Simpson.
Trovai a mangiare Ryan e gli chiesi aiuto a fare le valigie, la mano fasciata non mi permetteva di fare più di tanto, anzi, faceva ancora male.

«Non volevo farvi bruciare, mi dispiace.», tentai di scusarmi una volta in camera.

«L'importante è che siamo ancora integri, lo sappiamo che non ci vuoi uccidere. In fondo sai che siamo
fa-vo-lo-si.», si pavoneggiò Ryan per scherzare. Cercava di non farmi sentire in colpa e lo apprezzai molto.

«Mi spiace anche di aver fatto una scenata ed essere scappata via.», proseguii malinconica con la lista di scuse. Ne dovevo far molte.

«Te lo ripeto, non fa niente. Capita di cedere al peso dello stress a volte.», mi rassicurò mentre prestava attenzione ad una mia t-shirt. La piegò e la mise in valigia.
Rimasi in silenzio, stupita, ad osservarlo.
Pensai immediatamente che durante la notte gli alieni avessero sostituito il vero e rompi scatole Ryan con una copia più matura.
Alzó lo sguardo su di me e mi chiese se fosse tutto a posto.
Dopo un attimo di spaesamento annuii.
«Allora cosa avete fatto ieri sera te e Ricky? Eh? Eh?», rieccolo il solito Sitkowski.
Mi guardava con sguardo perverso tenendo in mano il regalo di Jonny.

«Ah, allora quello era un trucchetto.», incrociai le braccia, fingendomi contrariata. Lasciai scappare un sorriso sghembo.

«Credi che sia un totale idiota ed insensibile?», inquisì alzando un sopracciglio. Faci cenno di no con la testa, riconcentrandomi sui bagagli.
«Ehi, non hai risposto! Che avete fatto?», insistì continuando ad agitare i preservativi come una sorta di maracas.

«Niente di niente! Smettila con questa storia...», sbuffai infastidita, sentendo le guance andare in fiamme.
Traditrici, collaborate!
Continuai a piegare i vestiti in silenzio che ogni tre per due veniva rotto da Ryan - e non ruppe solo quello - riformulando la stessa domanda.

E una volta...
E due...
E tre...
E quattro...
E cinque...

«Va bene! Lo vuoi proprio sapere? Io Ricky stiamo insieme, ma non abbiamo fatto nulla!», confessai senza rendermene conto, di punto in bianco.
Il ragazzo quasi sbiancò dallo stupore.

«Ma io... Io scherzavo. Davvero...?», balbettò, poggiando la scatoletta.

«Sì.», gli confermai questa volta con tono pacato. Un'altra valigia era pronta, mancava poco lavoro.

«Ma è una bellissima notizia!», esclamò sorridente, contagiandomi.
«E... Se lo farete a tre mi chiamerete?», chiese nuovamente entusiasta mentre gli davo le spalle per recuperare un altro borsone.

A quelle parole fu il mio turno di sbiancare. I miei occhi assomigliarono a due fanali puntati contro la finestra.
Stavo per prenderlo a pungi, ma mi bloccai, stringendo tra le mani il tessuto ruvido del borsone per allentare la tensione.
Riesaminai la domanda e poi mi voltai con nonchalance, gli andai in contro con aria sensuale e simulai una voce sexy, mi avvinghiai a lui giocando con il suo petto sviluppato e gli sussurai «Scordatelo, porco!»
Gli tirai uno schiaffo sonoro. Con quale rispetto verso me e sua moglie poteva farmi certe domande?

City LightsWhere stories live. Discover now