- 2 - Bloody Alley

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(Ricky Horror)

E anche l'ultima canzone finì rompendo l'incantesimo che mi aveva trasformata in un essere indemoniato, non una persona, ma un qualcosa fuso con le note e l'aria rarefatta del palazzetto

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E anche l'ultima canzone finì rompendo l'incantesimo che mi aveva trasformata in un essere indemoniato, non una persona, ma un qualcosa fuso con le note e l'aria rarefatta del palazzetto.
Dopo un discorso di ringraziamento i ragazzi uscirono di scena e l'euforia sembrò scemare lasciando un'apatia assordante.

No. Non è ancora finita, mi ricordò la mia mente malata: da persona molto normale e fan assolutamente tranquilla quale ero, dovevo assolutamente fare la pazzia del giorno. In fondo dovevo concludere la mia raccolta di scemenze da minorenne con una bella grossa, di quelle indimenticabili.
Dunque, cosa sarebbe stato meglio che introfularsi nei backstage?
Niente.
Quella era la città in cui andavo a scuola, anzi, la mia scuola si trovava proprio di fronte al palazzetto.
Andavamo là a fare educazione fisica, perciò accedere a dove si trovavano i Motionless In White sarebbe stato un gioco da ragazzi date le mie conoscienze riguardo la struttura.

Iniziai a farmi largo tra la folla per uscire il prima possibile. Ormai non c'era più la musica a distrarmi e la mia claustrofobia iniziava a farsi sentire prepotentemente.
Ero ancora imbottigliata fra i copri sudati e ancora esagitati dei fan, quando una lieve disperazione iniziò a pizzicarmi i pensieri.

Non riuscirò mai ad uscire per tempo!, pensai sull'orlo di una crisi d'ansia.
Non. Toccatemi. Cazzo.
La mia voce interiore mi avvisava che il corpo necessitava disperatamente del suo spazio vitale e i nervi stavano per saltare. Odiavo, odio tutt'ora il caldo, e lì sembrava una sauna.
Iniziai a scalpitare, a dare gomitate ancora più forti e a camminare senza curarmi di spintonare la gente attorno a me.
Uscii all'aperto, assieme alle imprecazioni altrui che mi seguivano, e presi una boccata d'aria fresca che bastò a riattivarmi i neuroni.
Sbattei le mani euforicamente per ridarmi la carica e mi avviai, inosservata, a passo svelto, dove il mio destino mi attendeva.

Arrivai sul retro dell'edificio scoprendo con piacere che non era assolutamente osservato da pattuglie o buttafuori, anzi, il vicolo sarebbe stato vuoto se non per i grandi cesti dell'immondizia.
Sarebbe stato anche deserto se non ci fossi stata io e se non ci fosse stato lui.
Era lì, così perfetto con i capelli neri e lunghi ancora sudati che si posavano dolci sulle sue spalle.
Era lui, solo, con la sigaretta in mano e i grandi occhi glaciali rivolti al cielo.
Era lui, e ancora non potevo crederci.

Avanti, Sofia.
Respirai a fondo per tranquillizzarmi e quello che solleticò le mie narici era un tanfo acre.
Dai, ma siamo seri? Sono io che puzzo così?
Alzai gli occhi al cielo e un'imprecazione a bassa voce lasciò le mie labbra, mischiandosi alla nuvoletta di vapore che indicava che faceva abbastanza freddo.
Su, Sofia. Fatti forza, l'inglese lo conosci e anche bene; l'unica preoccupazione è quella di non saltargli addosso. Ce la puoi fare, anche se quelle sue labbra carnose sono irresistibili e i sui piercings ti stuzz-

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