6 CAPITOLO

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"Ti ascolto, papà." Dissi incrociando il suo sguardo serio e al quanto freddo.

"Non sono ciò che ti ho fatto credere in tutti questi anni, sono un vampiro."  Confessò lui. Lo guardai senza dire una parola, le sue parole mi diedero conferma, dato che la dimostrazione delle sue parole mi fu data dal rosso fuoco dei suoi occhi che mi aveva mostrato fino a poco prima che entrassimo in quella reggia. Il ragazzo ci guardò accavallando le gambe, poggiando un gomito sul ginocchio e sostenendo la testa su una mano; sembrava al quanto interessato, forse alcuni dettagli sfuggivano anche a lui. Mio padre continuò: "Tua madre era un'umana e tu per sfortuna sei nata come lei, priva dell'immortalità, della forza e di altri doni straordinari."

Io mi accigliai ascoltando le sue parole.
"Nascere mostri come voi è una sfortuna!"

"Lasciami parlare!" Disse infastidito poi continuò: "Prima di avere te con tua madre ebbi un rapporto con una vampira, Gemma, che sarebbe la madre di Victor."

"Questa mi è nuova." Disse il giovane vampiro, poi continuò: "Io credevo che tu e mia madre avreste una relazione seria, mentre con la madre della tipa solo una scappatella e via."

Le sue parole mi fecero tanto arrabbiare, mi voltai verso di lui e gli mostrai il mio vero tono da persona valente qual ero.
"Non ti permetto di parlare così di mia madre!"

"Senti cagnolina sto solo dicendo ciò di cui ero a conoscenza!" Disse con tono poco simpatico.

"Non osare chiamarmi “cagnolina” deficiente!" Gli dissi, poi mi rivolsi a mio padre. "Cosa mi hai fatto ieri sera!?"

"Non potevo permettere che un membro della famiglia fosse umano, anche perché portandoti qui da umana, non saresti sopravvissuta a lungo, così avendo quel campione di DNA di lupo mannaro Alpha, ho pensato di iniettartelo, così che tu potessi diventare simile a noi." Mi spiegò mio padre.

Lo guardai arrabbiata nera.
"Avresti fatto lo stesso anche con la mamma se fosse stata ancora viva?! Eh?! Avresti reso un mostro anche lei?!" Dissi alzandomi di scatto dal divano ed urlandogli contro. Lui odiava quando alzavo la voce contro di lui.

"Non usare quel tono con me e siediti se vuoi sapere tutto!" Disse infastidito se nonché arrabbiato, io lo guardai nervosa poi in silenzio mi sedetti. Continuò: "Tua madre si offrì a me."

"E questo cosa significa?" Gli chiesi.

"Significa che lei gli ha dato il permesso di fargli bere il proprio sangue." Rispose il ragazzo.

Io lo guardai poi guardai mio padre.
"Quindi... sei stato tu ad ucciderla! Tu hai bevuto il suo sangue a tal punto di prosciugarla!" Gli urlai contro ancora una volta, ma questa volta non solo per rabbia, ma anche per il forte dolore che quella notizia aveva provocato al mio cuore.

Lui non si arrabbiò alla mia reazione, alle urla perché sapeva di aver sbagliato, si limitò ad abbassare il capo e a restare in silenzio per qualche minuto, poi continuò: "Ero molto giovane e fuori controllo. Non avrei mai permesso a nessuno di farle del male e né tantomeno avrei voluto fargliene io." Disse.

"Non volevi, ma l'hai fatto! Se non fosse stato per te lei sarebbe ancora qui con me! Mi sarebbe stata vicino quando tu non ci sei mai stato! Avrei potuto avere una spalla su cui piangere, su cui contare, lei mi avrebbe capita e consigliato! Avrebbe fatto tutto ciò che non hai mai fatto tu!" Dissi urlandogli contro mentre le lacrime iniziarono a rigarmi il viso.

"Mi dispiace." Furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca.

"Ti dispiace un corno! Mi hai mentito in tutto! La mia vita é tutta una menzogna! Non puoi minimamente immaginare quanto mi sia sentita sola in questi anni! Quanto mi siano mancati affetto e attenzioni!" Mi asciugai le lacrimi con i pollici poi mi alzai. "Un mostro come te, non potrà mai capire." Dissi prima di lasciare quella stanza e di uscire fuori nell'immenso giardino della villa.

Il ragazzo mi guardò andar via, poi rivolse il suo sguardo verso mio padre.
"Credo che tu abbia un po' esagerato."Gli disse.

"Almeno ora conosce parte della verità." Disse prima di alzarsi e di lasciare il ragazzo da solo e di raggiungere le scale al centro della sala che portavano ai piani superiori. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo poi sospirò e si alzò uscendo fuori e affiancandomi poggiandosi al muro proprio accanto alla porta dell'ingresso principale.

"Hey cagnolina, mi dispiace per tutto." Disse guardandomi.

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