Distrutta.

503 39 0
                                    

Stavo facendo troppi giorni di assenza da scuola.
Quindi sarei dovuta tornarci.
Mi sarei portata dietro anche i miei mostri.
Tanto a scuola ora tutti sapevano. Tutti conoscevano una parte del mio passato.
Ma ciò che mi spaventava non era la gente di per sé.
Avevo paura di me stessa.
Non sapevo come avrei affrontato la cosa.

Arrivata a scuola, mi diressi subito verso il mio armadietto.
Gli sguardi erano rivolti tutti verso di me.
Evidentemente non se ne erano dimenticati come mi diceva Clara, al contrario.
La notte precedente non avevo dormito per niente.
I miei incubi non mi avevano dato tregua.
Avevo delle occhiaie molto marcate.
Ero veramente stanca. Ma non per non aver dormito. Stanca in generale.
Posai dei libri che non mi servivano nell'armadietto.
Sarah passò in quell'istante con le sue solite amichette e Jane dietro.
'Guarda chi è tornata tra noi! Hai deciso di non nasconderti più?' Disse Sarah.
Io non risposi. Non la guardai neanche.
Chiusi l'armadietto, mi girai e me ne andai senza degnarla di uno sguardo.
Non avevo le forze per sopportare una discussione con quella stronza.

In classe non avevo neanche idea delle materie che fino ad ora avevo avuto. Non riuscivo neanche ad identificarmi come una presenza. Non ne ero sicura.
Fissavo un punto a caso della classe. E rimanevo a guardarlo per ore.
Al suonare della campanella tutti si alzarono per uscire ed io rimasi immobile.
Clara si avvicinò toccandomi una spalla.
'Ann, tutto a posto?' Mi chiese.
Io feci senno di sì con la testa.
E poi andammo verso la mensa.
Stavamo percorrendo il corridoio e ci raggiunsero Matt e Lucas.
'Come stai?' Mi chiese Matt.
'Bene' dissi. Era la mia monotonia questa, ormai.
Lucas si avvicinò a me baciandomi sulla guancia.
Mentre camminavamo per arrivare alla mensa notai come tutte le ragazze si girassero per guardarmi. Era una situazione molto brutta.
Abbassai lo sguardo.
Stavano parlando male di me. Si capiva e qualcosa si sentiva anche. Io mi sentii così minuscola all'improvviso. Sentivo qualcosa che mi premeva contro il petto.
Non qui! Non ora!
Lucas mi diede la mano. Aveva capito che io fossi in difficoltà.
Stringendo la sua mano sentivo i muscoli rilassarsi.

Al tavolo della mensa le cose non sembravano migliorare per niente.
Tutta quella gente. Tutti quegli sguardi. Tutto quel rumore.
Mi girava la testa.
Dopo aver mangiato, io Lucas Clara e Matt andammo nel giardino.
Mi accesi una sigaretta. Ne avevo un tremendo bisogno.
Lucas mi appoggiò una mano sulla schiena. Io appoggiai la testa sulla suo braccio. Lui mie diede un bacio sui capelli.
Poi mi prese la mano dolcemente. Quella dove tenevo la sigaretta.
Se la portò vicino alle labbra e aspiró.
'Non sapevo fumassi' dissi.
'Non posso evitare che tu lo faccia' disse buttando fuori il fumo 'quindi lo farò con te'.
Mi girai completamente verso di lui. E poi lo baciai. Le nostre labbra erano un misto di dolcezza mischiata al fumo.
Poi appoggiai la testa sul suo petto.
'E poi non è la prima volta' disse.
'Fumi?' Chiesi.
'Fumavo' Rispose.
'Non devi ricominciare per me' dissi 'a me non importa'.
'Per te rinuncerei alla mia felicità, ricordatelo' disse.
Per poi stringermi in un abbraccio.

La giornata era finita. E come se non bastasse avevo anche perso l'autobus.
Decisi di farmela a piedi, piuttosto che aspettare quello dopo, che sarebbe passato tra quasi un'ora. Tanto abito in città.
Ero arrivata a casa ed ero fradicia. Sì, perché nel tornare avevo beccato anche la pioggia.
Bussai alla porta, ma nessuno venne ad aprirmi.
Mia madre probabilmente non era ancora arrivata.
Io proprio quella mattina non avevo portato le chiavi.
Che giornata di merda.
Volevo solo andare nel mio letto e soffocare sotto le coperte pesanti.
Mi sedetti sul pianerottolo.
Guardavo la pioggia e mi sentivo così triste.
Poi sentì la serratura della porta fare rumore.
Mi girai di scatto.
Forse mia madre era in bagno o stava riposando e non mi aveva sentita.
Quando aprì mi trovai davanti mio padre.
Mi bloccai.
Non me lo aspettavo.
'Che ci fai tu qui?' Chiesi infastidita.
'Tu piuttosto che ci fai qui eh?' Mi disse. Era evidentemente ubriaco.
'Fammi passare' dissi e mi feci spazio per entrare.
Poi corsi subito verso le scale.
'Dove credi di andare!' Urlò facendomi sobbalzare.
Mi girai senza dire una parola.
'La casa è sporca. Tua madre non c'è. Tu devi pulire!' Urlò.
'Non c'è niente da pulire' dissi. Tutto era pulito. Mia madre non ama lo sporco o il disordine. E comunque non prendo ordini in questo modo.
'Tu adesso pulisci.' Disse.
'No' risposi. Ero stanca morta.
Volevo solo andarmene a riposare.
Lui si avvicinò e mi prese per un braccio, stringendolo e facendomi male.
'Mollami!' ma lui non mi diede retta e mi strinse più forte.
'Pulisci.' Disse. Avevo lo sguardo fisso nei miei occhi. Il suo sguardo mi faceva paura.
'Sono stanca. Voglio andare solo a riposare' dissi. Ma tanto non avrebbe capito.
'Non me ne importa niente!!' Urlò per poi spingermi facendomi cadere a terra.
Nel cadere, dallo zaino, per terra dopo che ero caduta, uscì la mia foto.
La foto di mio fratello.
Mio padre la vide.
La raccolse e la guardò.
Aveva uno sguardo senza espressione.
'Mark, figlio mio' disse, quasi sussurrando.
Lo sguardo di mio padre ora era triste. Guardava la foto e quasi piangeva.
Poi alzò lo sguardo verso di me.
Il suo sguardo triste si trasformò subito. Ora era duro e severo.
Con uno scatto si avvicinò a me e mi prese per il collo.
Mi sbatté al muro.
'È colpa tua! È tutta colpa tua se Mark è morto! Lui era il figlio perfetto che tutti vorrebbero avere! E tu me lo hai tolto!'.
Quelle parole mi colpirono nel profondo, facendomi male. Molto male.
Mio padre mi accusava della morte di mio fratello sbattendomelo in faccia.
Poi iniziò a picchiarmi.
Prima con le mani, pugni. Poi, quando mi trovavo a terra delirante, iniziò tirandomi calci.
Piangevo.
Anche se dopo un po smetti di piangere. E rimane solo il dolore.
Mio padre si accaniva su di me, senza provare neanche un po di pena.
Per lui non ero sangue del suo sangue. Non ero sua figlia.
Dopo tutti quei calci violenti finì con il perdere i sensi.

Quando mi svegliai mi trovavo nel mio letto.
Accanto a me c'era mia madre.
Aveva gli occhi rossi. Aveva pianto.
Io la guardai disorientata.
'Tesoro mio! Stai bene?' Disse per poi darmi un bacio sulla fronte.
'Mi fa male tutto' risposi. Sentivo un forte dolore soprattutto alle costole.
Facevo un po fatica a respirare.
Il dolore ora che mi ero svegliata, mi tornava piuttosto velocemente.
'Mamma!' Dissi a denti stretti 'voglio andare in ospedale' dissi. Era strano sentire una frase del genere da me.
Lei abbassò lo sguardo e ricominciò a piangere.
Si coprì il volto con le mani.
'Mamma..' dissi. Mi sentivo morire. Il dolore aumentava sempre di più, come dopo un anestesia.
'Tesoro mio, io ti avrei già portato..' disse in lacrime 'ma tuo padre a giurato che ti avrebbe fatto di peggio se fossimo andate in ospedale'.
Io rimasi scioccata.
Non solo mi picchiava. Non voleva neanche farmi visitare dopo avermi conciato in questo modo.
'Voglio restare da sola' dissi. Sentivo le lacrime impadronirsi dei miei fragili occhi.
'Come?' Disse mia madre.
'Va via.. Vattene via!' Dissi urlando. Urlare mi faceva provare anche più dolore, per lo sforzo.
Mia madre rimase senza parole. Mi guardava stupita. Poi si alzò e se ne andò con le lacrime agli occhi.
Io rimasi nel letto cercando di rimettere in ordine i pensieri.
Poi presi tutte le forze che avevo e mi alzai dal letto.
Facevo molta fatica.
Andai alla porta e la chiusi a chiave.
Mi misi davanti allo specchio.
Mi guardai dentro e scoppia subito in lacrime.
Ero un mostro.
Ero piena di lividi in faccia e un brutto taglio sulla guancia.
Alzai la maglietta e anche lì ero piena di chiazze scure.
Ero piena di lividi. Mi faceva male la testa.
Ma perché?
Perché?
Io non capisco, cosa ho fatto di male?
Mi gettai a terra in preda alla disperazione e iniziai a piangere.
Nel piegarmi sentivo come delle lame trafiggermi lo stomaco.
Non ce la facevo più.
Non riuscivo più a sopportare il dolore.
Mi tappai la bocca. Volevo urlare. Forte. Per far uscire tutto il mio dolore.
Ma non volevo che mio padre sentisse. E soprattutto mia madre.
Ma il dolore era forte. Quindi mi limitai a dei lamenti soffocati.
Come potevo vivere sapendo di essere la responsabile della morte di mio fratello?
Ma non dovevo crollare.
Dovevo essere forte.
Non devo sprofondare come avevo rischiato di fare già una volta. E ci ero arrivata davvero vicino.
Mia madre aveva sofferto tantissimo ed io con lei.
Cercai di allontanare quei pensieri.
Dovevo pensare ad altro. Qualcosa che mi facesse stare bene.
E subito pensai a Lucas.
Pensavo ai suoi baci, ai suoi abbracci caldi e al suo profumo.
Alle sue mani su di me, sul mio viso.
Lo immaginavo vicino a me a darmi un bacio per ogni livido che avevo sul mio corpo.
Riuscì a calmarmi un po e a regolare il mio respiro, per quanto le botte me lo permettevano.
Cercai di chiudere gli occhi per addormentarmi. Mi concentrai per sognare Lucas.
Avevo bisogno di vederlo. E mi sarei accontentata di vederlo in sogno.
Anche perché Lucas non dovrà mai sapere quello che è successo.
Non sono il tipo di persona che va a divulgare i propri problemi, neanche se lui è il mio ragazzo.
Mi vergogno troppo.
Se dovessi dirgli una cosa del genere, lui mi mollerebbe all'istante. Lo so. Ne sono sicura.
Chi vorrebbe mai stare con una con tutti questi problemi?
Passarono delle ore ma finalmente mi addormentai, sul pavimento.
Sperando di incontrarlo nei miei sogni.
E di rimanere bloccata in uno di essi.

Il suo sguardo su di meWhere stories live. Discover now