18.

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Søren

La guardò addormentarsi con un sorriso malinconico sulle labbra. Gli aveva fatto una battuta e non poteva che esserne sollevato. Si era tranquillizzata.

Il viso si era leggermente sgonfiato dalla mattina prima e la pomata che Alasdair le aveva prescritto iniziava a fare effetto. Si appuntò mentalmente di informarlo della febbre e le rimboccò le coperte. Gli era parsa così fragile e in tutto quello che si erano detti si rese conto che qualcosa non quadrava. Perché era stata così sconvolta nel sapere quello che era accaduto dopo? Come poteva non saperlo?

Mentre le accarezzava i capelli − se li era tagliati ed ora le arrivavano a malapena alle spalle −  formulò alcune ipotesi: la prima ipotizzava che qualcosa l'avesse spaventata al punto da farla fuggire. La seconda era che qualcuno l'avesse spaventata al punto da farla fuggire.

All'inizio ve n'era una terza, cioè che lei non lo amasse e che si sentisse soffocare lì con lui, ma dopo il loro piccolo dialogo e dopo aver sentito il sollievo nella sua voce appena l'aveva riconosciuto, l'aveva scartata. Deirdre provava qualcosa, qualcosa di molto profondo nei suoi confronti, quindi non riusciva a capire la chiave di quel complicato rompicapo. Si ripromise di scoprirlo al più presto e controllandole un'ultima volta la fronte bollente, uscì dalla stanza lasciando la porta socchiusa.

Scese pesantemente le scale manifestando tutta la sua irritazione per la persona che avrebbe trovato di lì a poco. Ignorò l'occhiata di Rosemary e proseguì fino al telefono dove compose il numero del medico. Informò Alasdair che Deirdre si era svegliata, che aveva mangiato e che le era salita la febbre. Era stato rassicurato più volte che era un meccanismo normale e di tenerle la temperatura sotto controllo, premurandosi di avvertirlo se saliva oltre i 39.5°C.

Tirò un altro sospiro di sollievo e chiuse la chiamava spostando la sua attenzione tutta sull'anziana. Se ne stava ferma infondo alle scale. La fissò glaciale e non le nascose il suo rancore.

≪Lei... ≫

≪No. ≫ La interruppe ancora prima che potesse formulare qualsiasi tipo d'accusa. Si spostò velocemente in cucina e si versò una tazza di caffè. Era riuscito a dormire qualche ora in più quella notte, ma era comunque distrutto. Starsene seduto su una sedia non era il massimo e i muscoli indolenziti del collo e della schiena glielo gridavano a gran voce. Entro quella sera sarebbe tornato a casa e avrebbe portato con sé la sua compagna.

≪Søren, ascoltami. ≫

≪Ti ho già ascoltato e quello che ho sentito non mi è piaciuto. ≫ L'aria era elettrica. La postura era rigida ed evitata accuratamente di guardarla. In quel momento non era sicuro di riuscire a mantenere il controllo e mai e poi mai avrebbe rischiato di lasciarla di nuovo sola con l'anziana. ≪Dimmi una cosa, hai minimamente riflettuto prima di parlare? ≫ Cercò di mantenere un tono di voce basso. La casa era grande, ma non vedeva il motivo di rischiare di svegliare la ragazza al piano di sopra.

Rose aprì la bocca, ma la interruppe di nuovo. ≪Certo che no, perché se l'avessi fatto ti avrei già cacciata. ≫ Prese un sorso di caffè. Erano parole dure da dire ad una persona normale, ancora di più dirle alla persona che vedeva come una madre. Ma non poteva lasciare il suo comportamento impunito. Era più che sicuro che fosse lei la causa di quella febbre. Avrebbe potuto dirglielo in un altro modo, in un altro momento. Aveva voluto intromettersi ancora una volta in qualcosa che non la riguardava ed ora era stanco di queste sue intromissioni.

≪Aveva il diritto di sapere. Doveva sapere. ≫ Sprezzante la guardò.

≪È ferita. ≫ La fulminò. ≪È stata rapita, ha dovuto lanciarsi da un furgone in corsa e ha dovuto camminare un'intera notte per tornare da me. ≫

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