Una folata d'aria si insinuó nella stanza e Wendy si portò una mano alla guancia.
Qualcosa l'aveva toccata, ne era sicura.
La stanza attorno a lei era totalmente avvolta dal buio e l'unica fioca luce entrava in lontananza dalla finestra aperta.
La ragazza si sollevò a sedere e si diresse verso la finestra per chiuderla, ma qualcosa le sfiorò la spalla.

Lanciò un urlo e si coprì la bocca con le mani, sicura di aver svegliato tutti.
I suoi occhi si stavano abituando alla luce della luna e poco alla volta riusciva a distinguere i contorni delle cose.
Percorse tutta la stanza con lo sguardo cercando una minima cosa fuori posto ma tutto sembrava al suo posto.
Fino a che il suo sguardo non si posò sul muro dietro al letto.
All'apparenza poteva sembrare tutto normale ma un occhio attento avrebbe notato l'ombra di una mano che dal letto si allungava sulla parete illuminata.

Wendy si fece coraggio e si avvicinò alla testiera del letto, a passi lenti, controllando ogni probabile movimento della mano.
Ma quando arrivò accanto al muro e fece per chinarsi, cercando di capire che cosa proiettasse quell'ombra, quest'ultima l'afferrò per le braccia e con un balzo la trascinò dall'altra parte della stanza.
La ragazza iniziò ad urlare e a puntare i piedi per terra cercando di liberarsi dalla stretta, senza ottenere alcun risultato.

Due camere più in là Mary Darling, stringendosi nella sua vestaglia aveva svegliato il marito e si era precipitata in corridoio, verso la camera della figlia.
Tutto ciò che vide, spalancata la porta, furono un letto vuoto e le tende della finestra svolazzare al vento mentre le urla della figlia le riecheggiavano in testa e lentamente si appoggiava alla spalla del marito per sostenersi.

Wendy spalancò gli occhi, senza smettere di urlare e si trovò a schivare di una decina di centimetri la torre dell'orologio.
La mano scura dell'ombra la teneva per i polsi e per quanto lei si dimenasse non sembrava intenzionata ad abbandonare la presa.
La ragazzina sbattè più volte le palpebre: stava volando!
Aveva immaginato così tante volte di librarsi nel cielo di Londra e, ora che lo stava facendo, l'unica cosa che desiderasse era poggiare i piedi sull'asfalto della città.

Per un attimo si lasciò andare alle sensazioni, l'aria le solleticava la pelle e ogni tanto qualche nuvola l'avvolgeva pizzicandole i piedi nudi.
Il Tamigi sotto di lei splendeva della luce naturale della luna e di quelle più intense della città.
Piano a piano il fiume diventava sempre più piccolo e scuro sotto i suoi piedi e l'aria si faceva più densa e irrespirabile.

Wendy annaspava, scalciando con le gambe e cercando di raccogliere grandi boccate d'ossigeno ma sembrava che quest'ultimo stesse scomparendo troppo velocemente.
L'ombra continuava a volare, sempre più in alto, come una nuvola di fumo nero uscito dai comignoli, ignorando la ragazza che piangeva e si dimenava, puntando dritta verso un enorme stella luminosa, sopra di loro.

La città non si vedeva nemmeno più sotto di loro, coperta da una coltre impenetrabile di nuvole scure e minacciose.
Wendy sentiva la testa sul punto di esplodere e non aveva nemmeno più la forza di muovere inutilmente le gambe così richiuse gli occhi e si abbandonò alla mano dell'ombra che la trascinava, perdendo coscienza.

L'ombra entrò in collisione con la stella, che si accese di una luce innaturale, in un'esplosione d'oro e d'argento, come un enorme fuoco d'artificio.
Wendy si svegliò dalla forza dell'impatto, con le orecchie che le fischiavano e gli occhi che le bruciavano per l'intensità della luce attorno a lei.

Il cuore le batteva all'impazzata e la luce dorata le scottava la pelle, senza lasciare segni ma facendole provare un dolore acuto e istantaneo.
La ragazza si scontrò contro una pellicola trasparente che si distorse contro di lei aderendole addosso, per poi lacerarsi e catapultarla in un cielo azzurrissimo, quasi fosse stato dipinto con i colori ad olio.

Le orecchie smisero di fischiare e gli occhi di lacrimare, mentre Wendy precipitava da un'altezza vertiginosa.
L'ombra era sparita e la ragazza cercava disperatamente qualcosa a cui appendersi, muovendo le braccia a destra e a sinistra ma era circondata solo da un azzurro intensissimo che quasi le toglieva la vista.

Wendy non riusciva nemmeno a capire quanto mancasse allo schianto col suolo perché non vedeva nuvole, né terra, solo quel fastidiosissimo azzurro che si intensificava sempre più di colore.

Le immagini di John e Michael le attraversarono la mente, insieme a quelle dei suoi genitori e del loro cane Nana.
Le sembravano ore che continuava a precipitare quando il suo corpo si scontrò con una superficie d'acqua che le schioccò sulla pelle.

Wendy non se n'era nemmeno accorta e non fece in tempo a chiudere la bocca, ingerendo così una grande quantità d'acqua dal sapore dolciastro, fino a colpire con la schiena il fondo sabbioso.
Continuava a bere quell'acqua ma non si sentiva annegare, era come bere un infinito bicchiere d'acqua zuccherata, anche se probabilmente ne aveva già ingeriti dei litri.

Alla fine si convinse a trattenere il fiato e piegandosi sulle ginocchia si spinse verso l'alto, riemergendo dall'acqua e ricordandosi solo a quel punto che non sapeva nuotare.

Si agitó sulla superficie dell'acqua, iniziando a sentire le palpebre farsi sempre più pesanti, finendo per chiudere gli occhi e abbandonarsi verso il fondo.

SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere la vostra opinione commentando, so che non è molto lungo ma i prossimi capitoli lo saranno di più (:
Grazie per aver letto il capitolo, cercherò di pubblicare appena possibile il secondo.

The Neverland Demon || Peter Pan  #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora