Capitolo 9

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Alle 8:00 in punto ero già in classe. La campanella era appena suonata e tutti, da quando avevo messo piede a scuola, mi chiedevano perché non fossi venuta ieri o che fine avessi fatto visto che da un po' di tempo non usavo molto il cellulare. La verità era che da quando avevo conosciuto Aaron la mia mente non faceva altro che pensare a lui e tutte le altre cose erano diventante insignificanti.

Ma perché mi comportavo così? Che sciocca che ero!

Più stavo lontano da Aaron, più la mia vera identità sarebbe rimasta nascosta, come era giusto che fosse.

Alla prima ora avevamo la signora Willows.

Appena entrata in classe, andò davanti la scrivania, digitò qualcosa al computer e poi alzando il volto verso il mio mio banco domandò

-Ha giustificato l'assenza di ieri, signorina Jackson?-

-Emh...si, questa mattina sono andata personalmente dal preside Lawrence per consegnare la giustificazione- dissi.

-Va bene. Allora, ragazzi prendete pagina 78 del libro ... -

Arrivata l'ora di pranzo, andammo come sempre a mensa e dopo aver preso il vassoio con il cibo ci sedemmo al nostro tavolo.

Prima di sedermi i miei occhi cercavano di individuare la postazione di Aaron. Dovevo soltanto cercare un occhialuto, vestito chissà come, dagli occhi belli più dello smeraldo e dai capelli bruni e arruffati.

Quanto mi piacevano i suoi occhi e i suoi capelli arruffati!! Senza parlare di quei pettorali...

"Basta Angelica! Libera la mente e non pensare a lui"

La mia mente però riusciva a proiettare solo quegli occhi. Quegli occhi così profondi ed intensi. Quello sguardo così dolce. Quel fisico da urlo che nascondeva agli occhi degli altri studenti ...

"ORA BASTA! Devi smetterla. Va al tavolo con i tuoi amici e fa una conversazione sensata!"

Ci sedemmo e tutti iniziarono a parlare del più e del meno. Okay dovevo farmi avanti anche io ... ma di cosa potevo parlare? I soliti argomenti da ragazze? Naah, non ne avevo proprio voglia in quel momento.

-Grazie per esserti scordato di me l'altro ieri al disco-pub- dissi a John che si girò verso di me, smettendo di parlare con la biondina al suo fianco.

-Dolcezza, io l'altro ieri ero sballato di brutto. Non ricordo neanche cos'è successo. Ma tranquilla, stai bene, è questo che conta- disse facendomi uno squallido sorrisetto e subito dopo l'occhiolino.

Era davvero insopportabile. Stavo per scoppiare.

Risposi con un sorriso e subito dopo mi alzai per andare in bagno. Camminando verso la porta d'uscita della mensa, i miei occhi caddero su quelli di Aaron. Cavolo, non riuscivo più a staccarli.

"Datti un contegno!"

E solo quando uscii dalla mensa che riuscii a riprendere possesso del mio corpo. Quell'Aaron Miller poteva essere letale a modo suo. Poteva stravolgere tutti i miei piani. Poteva travolgere la falsa me, lasciando scoperta, alla luce del sole, la vera persona che ero.

Durante il pomeriggio mi arrivò un messaggio. Era di Aaron.

"Ti va di fare i compiti insieme e magari un po' di ripetizione?"

Non avevo voglia di vederlo, perciò inventai una scusa.

"No, scusami ma ho un forte mal di testa. Resterò a casa per riposarmi un po" la risposta arrivò immediata.

"Okay L."

Decisi di fare una passeggiata per schiarirmi le idee.

Presi la borsa, misi dentro il cellulare e uscii di casa. Camminai per circa 15 minuti, pensando e ripensando alla mia vita, ad Aaron, alla mia famiglia, alla scuola ...

Avevo così tanti problemi, così tanti pensieri per la testa, che pensavo sarei scoppiata da un momento all'altro.

Dopo altri cinque minuti di camminata, mi schiarii un po' le idee e decisi che era il momento di ritornare a casa.

Facendo la strada del ritorno, la via era deserta, a parte due uomini barbuti e malconci che camminavano dietro di me. Mi accorsi che stavano aumentando il passo e non sembravano avere buone intenzioni. Perciò anche io iniziai a camminare più velocemente, fino a quando non caddi. Era stato uno di quei due uomini a farmi finire per terra. Cercò di prendermi la borsa dalle mani, ma io continuavo a stringerla più forte che potevo, facendomi venire le nocche bianche dalla forte presa.

Poi però mi diede alcuni calci allo stomaco e per il forte dolore lasciai la borsa e misi le mani intorno alla mia pancia, chiudendo gli occhi e mettendomi in posizione fetale come per proteggermi. Ricordo ancora quando 5 anni fa, i miei compagni di classe mentre la professoressa si era assentata, iniziarono a dirmi brutte parole e ad insultarmi gravemente. Piangevo. Piangevo forte. Ed in seguito, iniziarono a offendere anche la mia famiglia. Nessuno poteva permettersi di insultarla. Cercai di dare al mio compagno un pugno, ma lui mi tirò un calcio dritto sulla pancia facendomi cadere a terra dal dolore.

Mi dissero che se avessi detto a qualcuno quello che era successo, avrei avuto esperienze peggiori. Non ne parlai mai con nessuno. Neanche a mia madre. Neanche alla professoressa. Con nessuno.

E tra quei ricordi e il dolore alla pancia, calde lacrime rigarono il mio viso.

Alcuni istanti dopo sentii vari colpi e poi un tonfo. L'uomo che mi aveva colpita era dolorante a terra. E accanto a lui intravidi Aaron, non so bene se fosse davvero lui, vidi solo che quel ragazzo aveva le mani ancora chiuse a pugno, che mi guardava preoccupato, mentre mi raggiungeva.

Avevo ancora gli occhi chiusi e mi sentii sollevare da terra. Era una bella sensazione essere sollevata da quelle forti braccia, ma non avevo la forza di aprire gli occhi e vedere chi fosse. Speravo soltanto dentro di me che fosse davvero lui quel ragazzo.

E tra il calore, il buon profumo di quel corpo che mi reggeva e le lacrime che scorrevano ininterrottamente dal mio viso, mi addormentai.

Un amore uguale ed oppostoWhere stories live. Discover now