Capitolo 46

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*Logan*
Aspettai pazientemente seduto in macchina che Lajyla finisse di vestirsi.
Gesù santo, erano quaranta minuti che aspettavo! Perché le donne ci mettono così tanto?
Sbuffai spazientito e diedi una botta al poggiatesta con la nuca, frustrato.
Dopo la chiamata di suo padre mi aveva cacciato fuori dicendomi di aspettarla in macchina perché doveva prepararsi. Le avevo detto di mettersi qualcosa di carino, ma non le avevo spiegato perché.
Avevo intenzione di preparare una cenetta romantica sulla spiaggia, anzi, l'avevo già organizzata. Avevo fatto portare un tavolo sul molo ed avevo chiesto un cameriere solo per noi, poi avevo contattato il fioraio ed un'eccellente pasticceria in zona che ci preparasse una cheesecake ai frutti di bosco, la preferita di Lajyla.
L'idea della cena mi era venuta quando la mattina stavo osservando Lajyla dormire. Aveva un'espressione preoccupata, come se anche nel sonno ci fosse qualcosa che la turbasse, e volevo donarle un po' di serenità, anche solo per un'ora.
Finalmente la vidi uscire dal palazzo salutando allegramente Joe.
Mio Dio. Deglutii. Era magnifica. Indossava un prendisole rosa senza spalline e con la gonna ampia che le accarezzava le gambe ad ogni passo, aveva i capelli raccolti in una folta treccia laterale che le arrivava fin sotto al seno, quasi all'ombelico ed a coronare il tutto indossava un paio di scarpe col tacco, sempre rosa, che la facevano camminare in modo troppo sensuale. Era la creatura più bella che avessi mai visto.
Si sedette accanto a me e mi depositò un bacio sulla guancia.
La guardai di nuovo da cima a fondo e poi mi fissai sui suoi splendidi occhi blu. «Sei stupenda».
«Scusa se ti ho fatto aspettare» sorrise timidamente e mi strinse la mano.
«Ne è valsa la pena» sorrisi e la baciai. Ogni volta mi sembrava come la prima. Sempre le farfalle nello stomaco e sempre quel lieve senso di stordimento.
Mi affrettai a mettere in moto, perché se fossimo rimasti un minuto in più non l'avrei lasciata andare un secondo.
Lasciammo South Park ed approdammo a Venice.
Passeggiammo lungo le vie esotiche, incontrando artisti di strada e negozi di ogni tipo a cui ogni volta Lajyla mi costringeva a fermarci. Che strazio le donne.
Mentre camminavamo mi persi ad osservare le nostre mani. Sembravano fatte per stringersi, come se prima fossero state una cosa sola e poi le avessero divise. Sorrisi al pensiero che Lajyla fosse il mio regalo del destino.
Lasciai la sua mano e le passai un braccio attorno alla vita, tirandola a me e baciandola su una tempia.
Lajyla sospirò. «Non mi stai ascoltando, eh?»
«No» sorrisi e le ripresi la mano, afferrandole anche l'altra e mettendogliele attorno al mio collo. «Parli troppo» sussurrai.
E così, mentre la guardavo negli occhi, mi accorsi di essere completamente perso per lei. Sarebbe pure potuta passare una sfilata di modelle, ma io avrei continuato a guardare i suoi occhi, perché erano davvero la cosa più dannatamente bella che avessi mai visto. Capii cosa aveva di diverso dalle altre. Di Lajyla non volevo solo il fisico, volevo il suo cuore, non volevo che mi sorridesse obbediente e mi desse sempre ragione, volevo che mi dicesse sempre cosa pensava lei, non volevo portarla in giro come se fosse un trofeo che avevo ottenuto, volevo portarla in giro come una regina, non volevo che mi baciasse solo davanti agli altri, volevo che mi baciasse nei momenti più intimi, quando c'eravamo solo io, lei ed il battito dei nostri cuori, non volevo farmela in uno stupido bagno, volevo regalarle la prima volta più bella del mondo, e tutte quelle a seguire volevo che fossero altrettanto speciali. Con Lajyla non volevo la storia di una notte, volevo la storia di una vita.
Le carezzai il viso e poggiai la fronte sulla sua.
«Cos'hai, Logan?» chiese preoccupata tirandosi indietro e poggiandomi una mano sulla guancia, come poco prima avevo fatto io.
Ti amo, ti amo così tanto, dannazione.
«Ho un fottuto bisogno del tuo sorriso, dei tuoi baci, delle tue carezze, dei tuoi insulti, delle tue stupide serie TV che mi annoiano a morte, dei tuoi stupidi film d'amore che anch'essi mi annoiano a morte, di aspettare due secoli che ti prepari, di fermarci ogni volta, quando andiamo in giro insieme, a quegli stupidi negozi di scarpe, di vedere il tuo viso struccato la mattina, di fare colazione assieme a te mentre ti tengo la mano, di dormire con la tua testa poggiata sul petto e le tue braccia attorno alla vita, di andare insieme a scuola, di passeggiare nel nostro parco il pomeriggio, quello dove c'è la quercia, di farti sorridere, di farti ridere, te l'ho mai detto quant'è fottutamente bella la tua risata?
Ho semplicemente bisogno di te nella mia vita» perché ti amo. Ma non riuscivo a dirlo. Non volevo dirlo. Volevo tenerlo per un'occasione davvero importante.
Spostai lo sguardo dai suoi occhi alla sua bocca e mi accorsi che le tremava il labbro inferiore. Riportai lo sguardo nei suoi occhi. Stava piangendo, ma non erano lacrime di tristezza come quelle delle ultime ventiquattr'ore, erano lacrime di felicità. Riuscivo a leggere tutto quello che provava per me nei suoi occhi, erano come porte aperte. Forse per leggere negli altri si deve essere sempre così esposti. In tal caso, lei era dannatamente bella con quegli occhi che raccontavano tutto. Ma non tutti ci facevano caso, perché non tutti si soffermavano a guardarla negli occhi, come facevo io. Perché non tutti sapevano che oltre ad uno splendido viso ed un corpo perfetto, lei era vita, era come un bicchiere d'acqua quando hai sete, come la neve a Natale, come il cioccolato quando sei triste, come una ventata d'aria fresca nel deserto, come una cannuccia in un cocktail. Lei era perfezione, era vita.
«Tutto okay, tesoro?» chiesi vedendo che non smetteva.
Lei singhiozzò e mi strinse a sé, poggiandomi la testa sul petto. Le poggiai il mento sulla nuca e le carezzai la schiena, i capelli, il collo. Non ne avevo mai abbastanza.
Ad un certo punto smise di piangere. La osservai dall'alto. Ad un certo punto, contro ogni aspettativa, scoppiò a ridere. Alzai le sopracciglia confuso, con un mezzo sorriso. Lajyla si alzò sulle punte e mi baciò dolcemente, facendomi ribollire il sangue nelle vene.
«Sei così perfetto, non hai idea di quanto io abbia bisogno di te, Logan».
Sorrisi cercando di metterci tutto l'amore che provavo per lei e la lasciai andare, riprendendole la mano.
Ci eravamo fermati davanti ad un negozietto di bigiotteria.
Lajyla si girò a guardare attraverso la vetrina gli accessori esposti, ed io guardai le nostre mani. Le starebbe troppo bene un anello al dito.
Stavo correndo troppo, Lajyla si sarebbe sicuramente spaventata.
Comunque non era un'idea da scartare, magari per il futuro.

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