Capitolo 11

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*Lajyla*
Anche se non l'avrei mai ammesso, avevo cercato Logan con lo sguardo tutta la mattina. Ieri non l'avevo visto ed oggi non era a lezione di inglese, né a quella di matematica e aveva saltato anche educazione fisica, e da quello che avevo sentito in giro era fissato con lo sport.
Iniziavo a sentirmi irrequieta, mi ero svegliata con il presentimento che qualcosa non fosse al suo posto.
Dopo il divino suono della settima campanella mi stavo dirigendo pensierosa verso casa. L'assenza di Logan era stata più stressante di quel che potessi immaginare. Sentivo come se mancasse una parte di me, come un puzzle il cui ultimo pezzo è andato perduto.
All'improvviso mi venne in mente un'idea folle e mi diressi verso il parco a pochi metri dalla scuola. E, come se qualcuno mi avesse sentito, trovai Logan appostato su una panchina, sembrava che la sua mente vagasse a migliaia di chilometri di distanza.
Rimasi impalata a fissarlo ad una decina di metri di distanza, le labbra lievemente schiuse.
Il vento gli faceva ondeggiare i capelli neri, che di tanto in tanto gli ricadevano sul viso, non doveva nemmeno preoccuparsi di spostarli che un altro alito di vento li ricacciava indietro. Gli occhi grigi erano puntati verso il cielo, ad osservare il gioco delle nuvole. La bocca era socchiusa e lo vedevo, lo sapevo, anche a dieci metri di distanza. Le mani erano intrecciate dietro la testa, le gambe accavallate. Indossava una semplice camicia con sopra una giacca - che scommettevo fosse - leggera come l'aria. Sotto il tessuto vedevo, anche da questa distanza, i muscoli tesi. Quanto avrei voluto poggiarci le mani e tastarne la forza. "Che cazzo dici, Lajyla?" stupida voce nella mia testa, doveva sempre rovinare tutto.
Non mi accorsi nemmeno di stare camminando verso di lui.
Mi sedetti sulla panchina ed aspettai che si accorgesse di me.
E, quando lo fece, ne rimasi profondamente delusa.
«Lajyla» mi disse freddo.
«Logan. Come... come va?» gli chiesi, mentre il mio cervello lavorava veloce alla ricerca di una spiegazione a quella freddezza.
«Bene» mi rispose semplicemente, e si girò a guardarmi. Lo guardai negli occhi e fu come andare a sbattere contro un muro. Erano inespressivi, indifferenti. Era tornato l'altro Logan, quello che non mi piaceva affatto.

*Logan*
Sforzai tutto me stesso per essere il più indifferente possibile. Mi trattenni dal guardarla mentre rispondevo alle solite domande.
Alla fine cedetti, e ciò che vidi mi fece venire un capogiro. Era bellissima. Indossava un semplice maglione azzurro e dei jeans neri che le calzavano a pennello. I capelli lunghissimi erano in balia del vento che li faceva ondeggiare attorno a lei. Sembrava un angelo.
Notai la pelle d'oca sulle spalle, sentiva freddo. Dovetti fare appello a tutte le mie forze per non abbracciarla.
In balia della sua bellezza non l'avevo guardata negli occhi e, quando lo feci, sentii il mio cuore spezzarsi. Vi lessi un dolore infinito, era ferita. Stava male per colpa mia.
Anche se dentro di me stavo morendo per avere tanto di quel ben di Dio qui vicino e non poterlo nemmeno sfiorare, l'avevo guardata con assoluta indifferenza, come se non mi importasse. E invece mi importava, eccome. Ma non sarei stato così egoista.
Scosse la testa e vidi una lacrima rigarle una guancia, mi sentii morire ma non mi mossi.
«Sei proprio uno stronzo» mormorò e chiusi gli occhi.
«Lajy...»
«Fottiti!» mi interruppe con un singhiozzo e corse via.
Aveva ragione, ero proprio uno stronzo.
«Congratulazioni» quella voce, quella fastidiosa voce.
«Che cazzo vuoi, Derek?» gli dissi guardandolo in cagnesco. Scosse le spalle.
«Niente, per caso ti rode perché non cade ai tuoi piedi?» mi chiese con un sorrisetto che mi fece irritare a morte. Contrassi la mascella.
«Non sono affari tuoi, e poi non sai che è cattiva educazione origliare?» "Calma Logan, respira, non perdere il controllo"
«Ohoh, il tuo primo rifiuto» disse sarcastico, poi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio: «Che c'è, brucia?»
Stavano iniziando a salirmi i nervi, e lui lo sapeva.
«Levati dal cazzo» sibilai alzandomi di scatto ed incamminandomi verso casa.
«Che c'è, hai paura che a Caitlyn dispiaccia sapere che c'è un'altra nel tuo cuore? E che oltretutto non ti vuole?» sentire il suo nome uscire dalla sua bocca mi fece venir voglia di vomitare.
«Se fosse stata con me, tutto questo non sarebbe successo» mi urlò dietro.
Iniziò a girarmi la testa ed accelerai il passo. Sapevo benissimo che la sua morte era colpa mia, ma sentirlo dalla sua bocca mi diede il voltastomaco.
Sentii Derek ridere in lontananza, Dio quanto lo odiavo. Ed odiavo ancor di più Liberty per avergli parlato della morte di Caitlyn, due anni prima. L'aveva abbindolata ben bene. Da allora aveva iniziato a torturarmi.
Mi passai nervosamente le mani nei capelli "Che cazzo di disastro, sei proprio un coglione, Logan".
Quando cavolo avrei smesso di far soffrire le persone?

*Lajyla*
Mi sbattei la porta alle spalle, mentre le lacrime continuavano a scorrermi lungo le guance.
Come potevo essere stata così stupida? Come avevo potuto pensare di conoscerlo dopo un giorno? Come aveva potuto anche solo sfiorarmi l'idea di interessargli?
"Stupida come sempre, Lajyla" mi asciugai con nervosismo le lacrime e mi catapultai sul letto in camera mia.
Afferrai il romanzo che tenevo sul comodino e lo guardai con odio.
«Perché nei libri è sempre tutto perfetto?!» domandai rabbiosa.
«Oh beh, sto parlando con un libro, andiamo bene!»
Sospirai e restai per mezz'ora immobile sul letto.
Alla fine mi alzai e decisi di andare a trovare Liberty.
***
Entrai cauta nella stanza, Lib stava sdraiata con tutti i marchingegni salvavita attaccati a lei come l'edera ad un albero.
Sentii una straziante voglia di piangere. Mi sedetti accanto a lei e le presi una mano.
«Sai Lib, è un casino» sospirai stringendo la sua mano minuta «Tuo fratello è così assurdo» sorrisi e scossi la testa. «Eppure mi... coinvolge. Io sento... sento che c'è qualcosa che ci lega» buttai giù il groppo in gola e fissai fuori dalla finestra di fronte a me «Come se fossimo anime gemelle separate alla nascita» ridacchiai «Lo so, è il TUO gemello».
Non so per quanto rimasi a fissare il panorama fuori dalla finestra. Quando mi portai una mano al volto per tirare indietro una ciocca clandestina, mi accorsi che stavo piangendo.
«Forse ho trattenuto troppo le lacrime, da quando sono salita su quel fottuto aereo non ho fatto altro che ricacciarle giù» strinsi le labbra e sospirai «E lo sfogo di prima non è bastato».
Ad un certo punto avvertii una presenza lì vicino. Il cuore prese a martellarmi nel petto. La conoscevo, quell'energia magnetica.
Girai lentamente la testa verso la sala d'attesa e vidi Logan che mi guardava rapito.

Il tuo pericoloso sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora