Capitolo Ventunesimo

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La Verità


Sandro uscì dal salotto seguito dagli amici e i parenti, poco dopo prese in disparte il figlio

«Ascoltami bene Vittorio, ora non mi interessa nulla di questa stupida festa. Adesso andiamo noi stessi, di persona, in quella casa, costi quel che costi» disse serio, Vittorio annuì

«Chiama Ginevra, Laura, Alessio e Tommaso» aggiunse l'uomo
«D'accordo, e tu chiama Alberto e Michele» disse il ragazzo, il padre annuì.


Poco dopo il gruppo, che era uscito dalla porta sul retro, il quale si affacciava sulla scuderia, usci nella notte di Firenze, e seguirono Alberto «Rimaniamo vicini, le strade di Firenze sono molto pericolose a quest’ora» disse, gli altri ubbidirono.

Il viaggio fu piuttosto lungo, per fortuna, grazie anche all’aiuto di Michele arrivarono davanti al palazzo scuro

«Ho già paura» disse Tommaso, ma raccolse tutto il suo coraggio per tornare l’amico.

Scesero da cavallo e bussarono al portone.
Nessuna risposta.
Michele bussò una seconda.
Ancora niente.
La tensione si faceva sentire

«Non può essere il posto sbagliato» disse Sandro confuso
«Eppure non è che la casa giusta» constatò Vittorio riguardando il foglio con la scritta.

Ginevra bussò una terza volta, e stavolta, il portone color mogano si spalancò, lasciando tutti a bocca aperta, Vittorio, suo padre e Alessio divennero bianchi pallidi

«Quale stregoneria e mai questa?» chiese Tommaso pallido.
Entrarono lentamente, uno per volta, e lasciarono l’uscio accostato


«E-Enrico?» chiese Tommaso ad alta voce, ma nessuno a risposta

«Enrico sei qui?» chiese Sandro ad alta voce.
Ginevra era molto spaventata, per calmarla Vittorio le prese la mano «Enrico?» chiese Laura.
La casa era silenziosa, non c’era che silenzio, l’unica cosa che la illuminava erano le mille candele appoggiate sui tavoli e sui mobili

«Ho paura che siamo arrivati troppo tardi» disse Tommaso preoccupato, in quel momento un rumore rimbombò nel silenzio, tutti trattennero il respiro, dalla scalinata che si trovava di fronte a loro cadde qualcosa, rimbalzò per i gradini e rimase lì a terra senza muoversi. Sandro si avvicinò lentamente, dietro di lui Michele e Alberto trattennero il fiato

«E…Enrico» disse.
Il giovane era a terra e tremava come una foglia, si teneva una mano sul fianco come se si fosse fatto male «Enrico!» esclamò Tommaso, e si lanciò sull’amico.

Enrico aprì gli occhi e rimase immobile a fissare l’amico e il padrone

«Chi ti ha fatto questo?» chiese quest’ultimo.
Enrico tentò di alzarsi in piedi
«Chi ti ha fatto questo? E perché sei qui?» chiese Sandro, Enrico chinò la testa

«Arturo…» pronunciò.

Tutti si spaventarono ma rimasero calmi «Intendi che Arturo vive qui?» chiese Laura.
Enrico annuì.

In quel momento qualcuno scese le scale, Ginevra e Vittorio alzarono lo sguardo, e riconobbero colui che aveva fatto tutto questo macello.
Ai lati sbucarono altre persone, accerchiando il gruppo

I Nemici Di Firenze ‐ Trilogia Il Sangue Di Firenze Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora