Capitolo Undicesimo

4 4 0
                                    

ULTIMO AVVERTIMENTO

Emilio si era fatto convincere da Tommaso di poter andare giù a Ravenna per fare delle commissioni

«Sei sicuro di voler portare il signor Emilio giù in città?» chiese Lavinia titubante mentre teneva in braccio il piccolo Francesco
«Staremo poco, non preoccuparti» disse Tommaso rassicurandola mentre si abbottonava la camicia
«Buon Dio, se dovesse succedere qualcosa non lo spiegherò al vossignor Vittorio e alla signora Carlini» disse la donna mettendosi una mano tra i capelli «È una tua responsabilità Tommaso, se gli succede qualcosa io non voglio averci a che fare»


Vittorio e Ginevra erano in camera da soli, in silenzio, il ragazzo lasciò che la ragazza elaborasse quello che avevano scoperto.
Era giusto che digerisse com’era avvenuta la morte del padre.
Continuava a tenerle la mano dolcemente.


A loro insaputa, Tommaso e Emilio erano scesi in città per comprare verdure fresche per la cena

«Vittorio e Ginevra hanno dato delle indicazioni su cosa comprare?» chiese Emilio mentre entravano in città
«Si, Vittorio lascia sempre dei soldi e un foglio su cosa prendere» disse Tommaso.

Dopo esser andati a comprare della frutta e qualche verdura, Emilio così innervosì
«Vi sentite bene?» chiese Tommaso preoccupato
«Io…avrei bisogno di andare urgentemente al bagno» rispose timidamente.

Per fortuna trovarono un’osteria, Tommaso lo aspettò fuori
«Buon uomo, scusi» chiese Emilio timidamente al balcone
«Io avrei bisogno di andare in bagno» l’uomo gli indicò una porta.


Emilio la seguì e la aprì, si trovò in un piccolo cortile e trovò una piccola cabina, quello doveva essere il bagno.

Dopo aver finito i suoi bisogni, prima che potesse aprire la porta per uscire dal locale, qualcuno lo afferrò da dietro e gli mise una benda sugli occhi

«Aiuto!» urlò, ma la persona misteriosa gli legò le mani e gli tappò la bocca.


Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma quando gli fu tolta la benda si trovava in una stanza con una piccola finestra, era legato a una sedia, mani e piedi erano legati da una corda, la bocca era tappata da un tovagliolo, Emilio si dimenò urlando, la porta si aprì e fu circondato da chi meno se l’aspettava

«Ci rivediamo idiota che non sei altro»
Rodolfo aprì la porta, i suoi capelli erano un po’ più lunghi, e la barba era cresciuta, dietro di lui apparvero Cornelio, Manuele, Girolamo, e Clemente.
Il primo si avvicinò a lui

«Vedo che non sai fare quello che ti è stato chiesto eh? Quando Arturo ti ha conosciuto, aveva detto una cosa sola: tu farai ciò che ti dico perché voglio tirarti fuori dalla situazione di merda che hai» disse a pochi centimetri dal suo viso

«Quante volte ti ho detto di far parlare me?» disse una voce dura e severa, Arturo entrò nella stanza, insieme a lui c’erano Jacopo, Vanessa e Giovanni, Rodolfo fece una smorfia e si spostò accanto a Clemente.


Arturo si inginocchiò davanti a lui e gli tolse il tovagliolo, sul volto di Emilio scesero delle lacrime
«Non devi sentirti in colpa se non li hai uccisi quella sera, dopotutto non era quello che avevo chiesto» disse in tono gentile
«Tu sai perché sei complice di questa storia?» Emilio scosse la testa
«Volevo risollevarti dalla situazione familiare che stavi vivendo, tua zia, i continui abusi da parte sua. Tu avevi bisogno di capire che nel mondo c’è un posto anche per te. E vuoi sapere perché ce ne siamo andati? Perché sembra che qualcuno abbia fatto il nostro nome da quando è morto il signor Francesco» la voce di Arturo era calma e impassibile

I Nemici Di Firenze ‐ Trilogia Il Sangue Di Firenze Where stories live. Discover now