Capitolo Settimo

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LA CITTÀ DEI COLLIGIANI


La risposta non tardò ad arrivare.
Una settimana dopo la spedizione della lettera i ragazzi non avevano saputo più nulla da parte di Laura e Carlo.
Perché talvolta la risposta arriva sotto casa.

Una mattina Vittorio si era svegliato presto per rimettere a posto i documenti dei cataloghi che avrebbe dovuto consegnare, e Ginevra lo stava aiutando. Mentre prendeva dal cassetto un foglio che parlava di conti e assegni, qualcuno bussò alla porta
«Avanti» disse Vittorio mentre scribacchiava qualcosa su un foglietto «Signori perdonatemi» disse Lavinia con timidezza
«Ma Laura e Carlo Stanghi gradirebbero la vostra visita» i due alzarono lo sguardo sorpresi
«Certo, va bene, dì loro di venire qui» disse Vittorio
«Certo signore» disse Lavinia con un inchino.
Poco dopo tornò

«La signora Laura e il signor Carlo Stanghi» disse inchinandosi, i due entrarono nella stanza mentre Lavinia uscì.
Vittorio e Ginevra fecero un inchino in segno di rispetto, il quale fu ricambiato dai fratelli: erano molto simili fisicamente, stessa cosa era per l’altezza, Laura aveva dei capelli castani e mossi che ricadevano sulle spalle e sul vestito viola scuro e nero, i suoi occhi color nocciola constatavano la coppia che aveva davanti. Effettivamente non era cambiata dall'ultima volta che l'avevano vista.
Carlo era molto più rigido della sorella, i suoi vestiti erano tra il verde scuro e il nero, mentre una ciocca scura cadde sul suo orecchio

«Perdonate la nostra visita» disse Laura «Non ci sono problemi, cosa volevate dirci?» chiese Vittorio, Carlo tirò fuori un foglietto dalla tasca
«Abbiamo trovato l’indirizzo del luogo di dove nostro fratello è residente» rispose e allungò il braccio per mostrarglielo, Ginevra lo prese

«È residente a Colle val d’Elsa, non so se conoscete questa città» spiegò Laura «Solo di nome» disse Vittorio
«Se vogliamo arrivare in città prima di mezzogiorno, direi di partire adesso» disse Carlo
«Si, prendiamo i cavalli e partiamo» disse Ginevra e gli restituì il foglio.

Vittorio e Ginevra salirono in sella ai loro cavalli e seguirono Laura e Carlo per ripartire di nuovo.

L’aria di gennaio era fredda, ma non troppo, nonostante non ci fossero fiori colorati, il paesaggio mostrava si il suo lato spoglio e nudo, ma allo stesso tempo avrebbe riportato con l’arrivo della primavera l’arrivo di colori più vivaci.
Sulla strada si sentiva il rumore degli zoccoli dei quattro cavalli, nessuno dei quattro parlava

«Come mai avete preso residenza qui vicino Ravenna?» chiese Laura dopo un lungo silenzio
«Uno dei nostri servi sapeva dove abitava Arturo perché dalle finestre erano caduti degli oggetti, ma quando glieli abbiamo restituiti pensava che fossimo entrati in casa sua senza permesso» spiegò Ginevra, Laura fece una smorfia
«Per una sciocchezza così? Che strano quello» disse «E come faceva questo vostro servo a saperlo?» Vittorio sospirò «Forse perché Ferretti non aveva cambiato indirizzo» ipotizzò lui
«È la persona più bastarda che esista sulla faccia di questo mondo» disse Carlo mentre manovrava il cavallo
«Ti sbagli fratellino, solo Dio sa com’è veramente lui» puntualizzò Laura
«Lo conoscete?» chiese Vittorio sorpreso «Se lo conosciamo? È “amico” di Emilio da quando aveva 16 anni. Direi che l'età di Arturo sia intorno all'età di nostro padre» rispose Carlo

«Posso chiedervi una cosa? Se posso permettermi, quanti anni avete di differenza» chiese Ginevra un po’ imbarazzata
«Non si senta in imbarazzo, Emilio ha la vostra stessa età» rispose Laura sicura di sé riferendosi a Vittorio
«Io ne ho uno in più rispetto a Emilio, a maggio» intervenne Carlo «E io due in più rispetto a questo monsieur che ho alla mia destra» disse Laura

«E comunque tornando a ciò di cui parlavamo prima, quel disgraziato è stato in grado di rendere la vita di Emilio un inferno» intervenne Carlo «Come se già la nostra vita non andasse bene» aggiunse Laura alzando gli occhi al cielo
«Di cosa parlate?» chiese Vittorio
«La nostra vita è un’odissea da quando siamo nati» rispose Carlo
«Noi siamo stati cresciuti dalla sorella di nostro padre, zia Maria» cominciò Laura «Una baldracca se bisogna essere sinceri: lei passava le giornate a dare una mano allo zio per gli affari e i soldi, non ci chiedeva mai come stavamo, cosa facevamo, niente di tutto questo. Non le importava molto nemmeno il nostro andamento negli studi. Sarebbe stato più bello se avessimo vissuto con il nostro insegnante Ciro»

«Ma in fatto di disciplina era molto severa: se non tornavamo da lavoro quando diceva lei, iniziavano le punizioni: dagli schiaffi alle bacchettate» disse Carlo
«Se la prendeva sempre con Emilio, una volta se la sarà presa con noi: una volta mi ero preso la colpa del fatto che fossimo rientrati tardi, ma lei non mi credette»
Ginevra si portò una mano alla bocca «Secondo voi nostro fratello come reagirà appena ci vedrà?» chiese Carlo «Spero che sia contento» disse Vittorio «Lo spero anche io» disse Laura.

Dopo un lungo viaggio nel bel mezzo delle meraviglie toscane arrivarono in un posto molto conosciuto dai due fratelli: immense mura erano di fronte a loro, e davanti a loro c’era Porta Nova in tutta la sua magnificenza, ad ogni lato della porta erano presenti due grossi bastioni illuminati dal sole, ed erano di un marrone molto molto chiaro. Erano a Colle val d’Elsa

«Mamma mia, non avevo mai visto una città così bella» disse Ginevra guardandosi intorno mentre entravano in città: la strada era leggermente larga, palazzi di ogni tonalità di marrone erano di fronte a loro, la strada sembrava non finire mai

«Allora, dove si trova Lu…volevo dire Emilio?» chiese Vittorio, Carlo riprese il foglio e lo rilesse
«Dobbiamo andare alla chiesa di Sant’Agostino» rispose lui
«E dove si trova?» chiese Ginevra «Bisogna proseguire in questa direzione» spiegò Laura indicando verso destra.

Le strade non erano piene di poi così tante persone, forse era anche per il freddo, ogni tanto passava qualche giovane, passarono anche un gruppo di bambini che ridevano e scherzavano.
Poi fecero un lunghissimo tratto, attraversando le vie vedevano umili persone che lavoravano: alcuni fabbri che lavoravano il ferro, infatti si sentiva il rumore del ferro e del martello che batteva sulle incudini, il profumo del pane caldo penetrò nelle loro narici.
Mentre passavano le persone si voltavano a guardarli, sembrava che non avessero mai visto dei nobili fiorentini passare per lì

«Laura, quel signore mi guardava malissimo» disse voltandosi verso la sorella
«E tu fatti gli affari tuoi» disse lei sottovoce
«Sembra che non abbiano mai visto gente di Firenze» sussurrò Vittorio
«Beh, sono colligiani, mica scemi» disse Carlo, e gli altri tre ridacchiarono.

La strada verso la chiesa di Sant’Agostino fu molto più lunga del previsto: Carlo aveva sbagliato strada, ed erano stati costretti a chiedere più volte informazioni ai passanti, finalmente imboccarono la strada giusta verso la chiesa

«Io te l’avevo detto di andare verso destra» disse Laura rimproverandolo «Andiamo Laura, non me lo ricordavo, ma cosa credi che io mi ricordi tutto?» chiese lui sbuffando «Certo che no, ma siamo rifiniti nello stesso posto tre volte, abbiamo fatto un giro ad anello» ribatté lei

«Non vorremmo interrompere la vostra discussione» disse Vittorio
«Ma siamo arrivati» i quattro alzarono lo sguardo.

Un meraviglioso edificio in stile gotico si eresse in tutta la sua magnificenza: tre tonalità di marrone rendevano la chiesa più evidente al sole.
Il portone era di un marrone scuro, ma non troppo, le pareti esterne e il tetto erano di un marroncino chiaro, e di un marroncino un po’più scuro, al centro in alto era presente una grande finestra circolare «Entriamo, deve essere qui per forza» disse Laura, legarono i cavalli a una piccola staccionata lì presente, ed entrarono nella chiesa







: Vittorio e Carlo entrarono per primi, seguiti da Ginevra e Laura, si fecero il segno della croce e osservarono la chiesa in ogni angolo, rimanendo a bocca aperta:
agli angoli della navata erano presenti gigantesche colonne bianche e lisce che poggiavano su una base marroncina, anche il soffitto era bianco, con delle arcate immense

«Buongiorno figliuoli» disse una voce maschile richiamando la loro attenzione, i quattro abbassarlo la testa: davanti a loro c’era un uomo con pochi capelli che si avvicinavano al bianco, indossava una tunica marrone scura, e al collo aveva una collana con la croce, le sue rughe erano più che evidenti «Buongiorno padre» disse Vittorio in segno di rispetto
«Allora, cosa posso fare per voi quattro che giungete nella casa del buon Sant’Agostino?» chiese il frate con voce dolce e calma
«Siamo venuti fin qui padre perché stiamo cercando il nostro fratellino» spiegò Carlo
«Voi padre avete visto un giovane alto dai capelli scuri? Ci hanno detto che era qui» aggiunse Laura. L’uomo li guardò con compassione
«E come si chiama questo dolce figliuolo?» chiese
«Emilio Stanghi» rispose Laura.
Il frate sorrise loro
«Oh ma certo figliuoli cari, lavora qui e si occupa nell’aiuto dei poveri, venite con me» disse l’uomo, e li invitò a seguirli.
Mentre lo seguivano Carlo e Laura si sorrisero.

Il frate li guidò attraverso un lungo corridoio, fino ad arrivare davanti a una porta con una maniglia in ottone «Seguitemi figliuoli» disse lui, e aprì la porta dopo aver bussato.

I Nemici Di Firenze ‐ Trilogia Il Sangue Di Firenze Where stories live. Discover now