10. I'll bring him down.

24 6 12
                                    

Capitolo 10

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.






Capitolo 10.
«I'll bring him down»








Ezra pov.

Dovetti concentrarmi più del dovuto per non rischiare di ammazzare a sangue freddo uno dei miei migliori amici. Gli erano bastate quattro dannate parole per rovinarmi la giornata.
In tutti i sensi.
Tenevo la mano sul braccio di Amaris, la sua pelle calda mi invitava a caricarmela in spalla e portarla in un posto dove nessun altro avrebbe potuto interromperci e farle vedere il vero significato della parola piacere. Il karma però non era dalla mia parte e mi aveva tirato una secchiata d'acqua ghiacciata e un bel vaffanculo.
«Che vuole?»
«Sai che non lo dice mai, ha mandato questo» disse mentre mi lanciava la solita carta da poker raffigurante la Regina di Cuori. Scritto sulla parte di dietro con un calligrafia elegante, c'erano un luogo e un orario.
Amaris si strinse le braccia al petto, la guardai ed era bellissima con i capelli selvaggi e le guance accaldate. Le sue labbra, ancora gonfie dal bacio, erano rosse come petali di rose. Non era però il momento di perdermi in pensieri poetici così tornai a guardare Han.
«Di a Ryu di prepararsi, ci vuole lì tra un'ora.»
L'espressione di Han si accigliò. «Sai che lui la odia. Non puoi portarlo in quel posto di merda, lui...» Guardò Amaris per poi guardare di nuovo me. «Ha un conto in sospeso con quella strega.»
«Lo so benissimo, ma è l'unico oltre me, che che accetta di vedere.»
«Si ma a che prezzo?»
Non risposi, ero fin troppo consapevole della posta in gioco.
«Non importa, vado a dirglielo.»
Senza dire altro se ne andò, lasciandoci lì, su quel patio che era stato spettatore del nostro bacio.
La guardai mentre mi osservava con quegli occhi illegali, mordendosi il labbro inferiore. Dio quanto avrei voluto davvero finire quello che avevamo iniziato, ma la prima volta che avremmo fatto sesso non sarebbe stato per una sveltina. Amaris era una donna che andava baciata e venerata in ogni centimetro di pelle. La sua bellezza avvolgeva l'anima di calore e passione, lasciando dietro di sé un sapore intenso di meraviglia, come un bicchiere del miglior whiskey.
Le presi il mento e le alzai il volto, i suoi occhi brillavano di lussuria.
«Devo andare Uccellino.»
«E mi lasci così?»
Le avvolsi la mano intorno al collo e avvicinai la bocca al suo orecchio.
«L'attesa aumenta il desiderio, no?»
Si allontanò e mi lanciò uno sguardo di sfida. «Chi ti dice che aspetterò?» Sorrise ammiccante ed entrò in casa.
A quella sirena piaceva provocarmi, ma non sarebbe stata pronta ad affrontare le conseguenze. La raggiunsi in pochi passi, le presi il polso facendola voltare verso di me per poi caricarmela in spalla. Strillò sorpresa.
«Mettimi giù!»
«Abbiamo meno di un'ora Uccellino, vediamo di farla fruttare bene!»
Scoppiò a ridere per poi iniziare a scalciare con quelle gambe che erano la fine del mondo. Le diedi uno schiaffo sul sedere.
«Mi hai fatto male!» Si lamentò.
Feci schioccare la lingua. «Non raccontarmi bugie.»
«Io non dico bugie! Sai che c'è? Lascia perdere...» disse mentre cercava di divincolarsi. «Dove mi stai portando?»
Non le risposi ma la feci sedere sulla scrivania nel mio ufficio. Si guardò intorno mentre si toglieva i capelli dal volto. Le guance le si erano fatte ancora più rosse.
«Che ci facciamo qui?»
Mi posizionai tre le sue gambe allargandogliele, le mani piazzate sulle ginocchia. Le nostre labbra a qualche millimetro di distanza.
«Qui non ci disturberà nessuno.»
Le lasciai una scia di piccoli baci sul collo, il suo profumo inebriante di fiori di ciliegio mi riempì il respiro. Non avrei voluto sentire nessun altro profumo in vita mia.
«Oh...» sospirò infilando le mani nelle tasche posteriori dei miei pantaloni, avvicinandomi ulteriormente.
Presi il laccetto dei suoi pantaloncini slacciandolo e lo tirai fuori dalle asole.
«Che stai facendo?»
Le lanciai uno sguardo da sotto le ciglia e le sorrisi.
«Questo sorriso mi spaventa.»
Continuando a guardarla le presi dolcemente le mani e le unii i polsi dietro la schiena per poi legarglieli assieme con il laccetto.
«Non mi piace questa cosa.» Ma Amaris era una pessima bugiarda, aveva la voce pregna di desiderio e gli occhi lucidi di lussuria.
Tesi le labbra in un ghigno. «Non mentire.»
Il suo sguardo saettò nel mio e nonostante fosse lei a portare i polsi incatenati, era come se il potere emanasse da ogni poro della sua essenza, avvolgendola in un'aura di irresistibile fascino. Afferrai il bordo del pantaloncino e glielo feci scorrere lungo le cosce, il suono del suo respiro era melodia per le mie orecchie. Vederla sulla mia scrivania, con le gote rosse e la passione negli occhi ambrati era un sogno erotico ad occhi aperti. Era di una bellezza sconvolgente con la maglietta che le lasciava scoperta una spalla e le mutandine di pizzo nere che esaltavano sulla sua pelle candida, come inchiostro su una pagina.
Caddi in ginocchio e le lasciai una scia di baci lungo il suo interno coscia, dal ginocchio fin quasi al bordo delle mutandine per poi riprendere sull'altra gamba lo stesso percorso.
Ad ogni bacio la sua pelle si riempiva di brividi e l'odore della sua eccitazione non faceva altro che rendermi più famelico.
Siccome le piaceva stuzzicarmi e tenermi testa, allargò di più le gambe e quando parlò, la sua voce morbida e roca di desiderio mi arrivò dritta in mezzo alle cosce.
«Tic Tac Cappellaio Matto, il tempo stringe.»
Non le diedi modo di afferrare il prossimo respiro che presi il bordo delle mutandine e gliele strappai di dosso, gettandole a terra in un mucchietto di tessuto inutilizzabile e mi avventai sulla sua carne.
Presi a leccarle il clitoride con una lenta carezza, assaporando il suo sapore come fosse un sorso di Jameson.
Se il paradiso fosse un luogo di perdizione, si troverebbe tra le sue cosce. Ad ogni nuovo passaggio della mia lingua i gemiti di Amaris riempivano il silenzio e creavano ondate di piacere che mi spingevano ad essere sempre più ingordo. La penetrai con un dito, godendo dei suoi lamenti, i muscoli interni si strinsero e per poco non venni nei boxer come un adolescente. La massaggiai lentamente adorando il fatto che mi bastavano i suoi ansimi e i suoi movimenti per farmi capire che ne voleva di più, era insaziabile proprio come me.
Infilai un altro dito, con l'anello che ad ogni movimento strusciava lungo le sue pareti tese al limite.
«Ez...» sussurrò senza respiro.
Aumentai il ritmo, con la punta delle dita sfregai il punto preciso che sapevo le avrebbe fatto vedere il paradiso con tutta la volta celeste.
«Oh Dio...» gemette mentre l'orgasmo la scuoteva. Strinse le gambe intorno alla mie spalle mentre io continuavo ad assaporarla.
Lentamente tolsi le dita, le sfiorai il clitoride con un ultimo bacio e mi alzai. Aveva gli occhi chiusi, il petto che le si agitava a ritmo del suo respiro. Poggiai le mani sulla scrivania accanto alle sue cosce e mi avvicinai.
«Uccellino?» 
Amaris aprì di scatto gli occhi, le sue iridi torbide luccicavano di piacere.
«La prossima volta ti voglio nel mio letto.»
Mi guardò e le sue guance si colorarono di rosso. La sua timidezza era anche più erotica della sua bellezza.
Si schiarì la voce e disse l'ultima cosa che mi sarei aspettato.
«Mi devi un paio di mutandine.»
Trattenni una risata. «Ti comprerò l'intero negozio se poi potrò strappartele di dosso.»
Non rispose ma i suoi occhi mi dissero tutto quello che avrei dovuto sapere. Le diedi un bacio a fior di labbra e slacciai il laccetto che le teneva legati i polsi. Glieli presi tra le mie mani e li massaggiai, vedere quei segni rossi sulla sua pelle nivea non mi aiutava certo a rendere la situazione delle mie parti basse più gestibile. Stavo scoppiando e lei se ne accorse.
«Hai intenzione di andare dalla Regina di Cuori in queste condizioni?»
Mi allontanai da lei per prendere il pantaloncino che era finito vicino alla porta. Quando tornai di fronte a lei le presi la caviglia e l'aiutai ad infilarselo. L'odore di sesso e della sua eccitazione permeavano l'aria e vedermela lì, mezza nuda sulla scrivania mi stava facendo impazzire. Mi serviva una doccia fredda immediatamente, ma quella subdola sirena che non perdeva occasione di tormentarmi, scese dalla scrivania e mi si avvicinò con movimenti sinuosi, non riuscivo a staccare gli occhi dal suo corpo perfetto e ammaliatore.
«Posso darti una mano io, se vuoi.»
Grugnii quando una mano delicata si appoggiò sui miei addominali.
«Non mi sembra giusto farti andare via così...»
La sua voce era lava per le mie orecchie, ad ogni sua parola il mio cervello perdeva il contatto con la realtà.
Non avevo la forza di risponderle, troppo preso a trattenermi. Non volevo che si sentisse in obbligo di fare qualcosa ma le sue intenzioni erano piuttosto chiare.
«Uccellino...» gemetti.
«Shhh, fidati di me» disse mentre con gesti lenti mi sbottonava la camicia lasciando baci a fior di pelle sul mio torace. Ad ogni sfioramento delle sue labbra io perdevo la presa sul mio autocontrollo.
Con un movimenti lenti scese sempre di più, fino ad arrivare al bordo dei miei pantaloni e poi con uno strattone li aprì e me li calò lungo le cosce.
«Amaris...» non sapevo neanche io cos'avrei voluto dirle. Continua? Fermati? Sapevo solo che il respiro mi si era fatto più sincopato.
Lei non rispose ma mi puntò i suoi occhi illegali, guardandomi da sotto le lunghe ciglia e con un sorriso che avrebbe fatto morire d'infarto chiunque, prese a massaggiarmi da sopra il tessuto dei boxer. Le afferrai il polso bloccandole la mano.
«Fallo solo se vuoi, non ti costringerò mai a...»
Lasciai la frase a metà perché aveva preso ad accarezzarmi con l'altra mano, mentre con la bocca lasciava leggeri baci sul mio addome.
«Se faccio qualcosa è perché mi va di farlo.»
Per darmi una dimostrazione liberò il polso dalla mia presa e lentamente mi abbassò anche i boxer. L'aria fresca mi provocò un brivido ma quando le sue labbra si poggiarono sulla mia pelle non ci vidi più. Le afferrai i capelli e glieli tirai per farle alzare il viso.
«Tu sarai la mia rovina.»
Ammiccò e con estrema lentezza mi prese nella sua bocca. La sua lingua vellutata mi stuzzicava dalla base alla punta, un gemito mi sfuggì dalle labbra e dovetti arrapparmi con una mano al bordo della scrivania altrimenti avrei preso a scoparle la bocca con violenza.
Amaris sapeva quello che faceva, mi portava sull'orlo della pazzia con il suo calore e la sua lingua che percorrevano voluttuosamente la mia lunghezza, dovette sforzarsi un po' ma riuscì a prendermi quasi fino in fondo. Vederla inginocchiata tra le mie cosce con lo sguardo puntato nel mio, che mi prendeva nella sua bella bocca dalle labbra turgide e rosse segnò la mia fine. Non riuscii a trattenermi, le strinsi i capelli e presi a muovermi più veloce, lei accettò la mia irruenza e se ne compiacque, la sentii gemere e quel suono fu musica per le mie orecchie.
«Sto per venire...» volevo darle l'opportunità di allontanarsi ma mi strinse il fianco e mi attirò a sé, mentre con l'altra mano mi afferrò la base per aiutarsi.
Venni in modo violento e lei accolse tutto.
Quando i miei movimenti si fecero più languidi, Amaris si staccò e si alzò, con la punta della lingua leccò una goccia di liquido che le era rimasta sul labbro.
Non ci vidi più e l'attirai a me. La baciai con violenza, i nostri sapori che si mischiavano e si univano. Fu uno scontro di lingue e denti, un bacio che sapeva di sesso, di passione, di lussuria.
Lentamente ci separammo, guardai l'ora e mi rivestii in fretta.
Dovevamo andare e il pensiero di dover vedere quella stronza mi rendeva piuttosto nervoso.
Guardai Amaris che raccoglieva da terra quello che restava delle sue mutandine e se le infilava nelle tasche del pantaloncino.
«Dove avverrà l'incontro?»
Avevamo avuto un po' di tempo lontano dalla realtà ma quella purtroppo ci aveva trovati e ci stava trascinando tra le sue spire.
«Al Rabbit's Hole.»
Sgranò gli occhi. «Il night? Dove si sono incontrati Jo e Lyiod?»
Annuii. «Proprio quello.»
«E perché lì?»
«Perché è di proprietà della Regina.»

Midnight CityWhere stories live. Discover now