2. Waiting to te fire to light.

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Capitolo 2:

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Capitolo 2:

«Waiting to the fire to light.»





Le sue parole aleggiarono nell'aria come una nuvola temporalesca, non riuscii a muovermi per qualche minuto, l'unico appoggio era il lavandino alle mie spalle. Quando fui sicura che le gambe mi tenessero in piedi senza il rischio di sbattere il culo a terra, mi diressi di nuovo nel locale, alla ricerca di quello che restava dei miei amici.
Come immaginavo al tavolo c'erano solo bicchieri, alcuni mezzi pieni altri sporchi di rossetto. Mi voltai cercando i miei amici tra la folla ma era impossibile trovare qualcuno in mezzo a quella bolgia di corpi che si muovevano sinuosi a ritmo di musica, così presi il cellulare che avevo nascosto nel bordo delle autoreggenti e mandai un messaggio alla mia amica per avvertirla che avrei chiamato un taxi e mi sarei fatta venire a prendere.
Guardai l'ora sul cellulare e mi accorsi che era più tardi di quanto mi aspettassi, eravamo arrivati intorno la mezzanotte perciò significava che eravamo lì da quattro ore.

Mi incamminai verso l'uscita, cercando di schivare i tavoli e la moltitudine di persone che ballavano inconsapevoli di quello che li circondava, persi com'erano tra la frenesia della musica e i fumi dell'alcol. Cercando di non cadere a causa delle scarpe alte e lo schifo che avevo ancora in circolo arrancai verso la porta del locale. Non avevo nulla con me, ne una giacca ne una borsa, tutto quello che mi serviva l'avevo infilato nella cover del cellulare, proprio per non rischiare di perdere qualcosa in quel buco dell'inferno. Lentamente riuscii a raggiungere l'ingresso del locale, con una spinta aprii la pesante porta e mi ritrovai fuori dalla fabbrica riconvertita in discoteca. L'aria fredda di gennaio mi ricoprì la pelle di brividi, mi strinsi un braccio intorno al busto mentre mi portavo all'orecchio il cellulare per chiamare il servizio taxi.


Il Wonderland si trovava nella zona più a sud della città, chiamata Wetlands a causa del fiume Calumet che attraversa tutta la città di Stonehaven. Un tempo era una zona in forte crescita ma la crisi l'aveva raggiunta costringendo molte fabbriche a chiudere, così qualcuno ne aveva approfittato per aprirci il locale che al momento era il più frequentato della città. Qui a Stonehaven, città sperduta nella periferia di Chicago non si viveva male, certo, non erano gli Hamptons ma potevamo accontentarci.
Ero in attesa che mi rispondessero al centralino per prenotare il taxi, con il suono ovattato della musica che proveniva dal locale, quando sentii un fischio provenire dalla mia sinistra.
«Ei bellezza!» La voce strascicata di un uomo sicuramente ubriaco riempì il silenzio.
Alzai gli occhi a cielo, ignorando chiunque fosse. Ovviamente questi non erano gli Hamptons dove erano tutti beneducati, qui nelle Wetlands ci si poteva aspettare chiunque.
«Ei! Sto parlando con te!» Abbaiò il tizio, sicuramente infastidito dal fatto che non lo avessi calcolato la prima volta.
Iniziai ad agitarmi, dal centralino non proveniva nulla se non la leggera musichetta d'attesa che mi urtava i nervi già tesi.


Ero così distratta da non aver sentito il rumore dei passi che si stavano avvicinando, così quando una mano grassoccia e sudaticcia mi strappò il cellulare dalla mani quasi mi prese un infarto.
«Ma che cazzo fai!» Urlai mentre mi voltavo verso l'uomo che evidentemente mi aveva importunata prima.
Mi ero voltata così di fretta che quasi persi l'equilibrio, maledicendomi per la milionesima volta quella sera e cercai di restare in equilibrio, ma l'uomo fu più veloce, mi prese per un braccio e mi tirò a sé. Chissà perché quella sera volevano tutti toccarmi, ma questa volta la razionalità e la coscienza andavano di pari passo ed erano d'accordo sul fatto che non volevamo le manacce luride del tizio addosso.
L'uomo puzzava di sudore e di birra stantia, aveva una pancia enorme a stento nascosta dalla maglietta verde scambiata piena di macchie. Aveva gli occhi lucidi, segno che si era preso qualcosa.
Cercai di tirare il braccio ma stringeva troppo forte e le mie forze stavano venendo sempre meno.

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