4. Born to blossom, bloom to perish

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Capitolo 4«Born to blossom, bloom to perish

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Capitolo 4
«Born to blossom, bloom to perish

La luce del giorno riempiva la stanza ferendomi gli occhi, per non parlare delle scimmie urlatrici che mi ritrovavo nella testa, evidentemente loro non soffrivano di un post sbronza.
Mi stiracchiai con un lamento, avevo dolori ovunque, mi sembrava di essere stata investita da un treno, due volte. Lentamente mi misi a sedere e mi passai la mano tra le ciocche di capelli che erano così pieni di nodi che quasi mi strappai delle ciocche. Addormentarmi con i capelli bagnati non era stata un'idea geniale. Con una forza di volontà che non avevo mi alzai e barcollando andai in bagno.
Non accesi nessuna luce perché bastava quella che entrava dalle enormi finestre poste un po' ovunque.

Dopo aver dato sollievo almeno alla mia vescica, presi coraggio e mi guardai allo specchio. La notte non era stata facile e ne portavo i segni sul volto, non solo le occhiaie mi segnavano gli occhi facendomi assomigliare ad un panda, ma avevo le labbra screpolate e la pelle più bianca del solito. Mi sciacquai il viso cercando di migliorare la situazione ma non servì a molto, avevo bisogno di un caffè e un analgesico, il più presto possibile. Senza preoccuparmi di chi avrei trovato in giro scesi al piano di sotto, con l'unica missione quella di procurarmi un dannato caffè, dal piano di sotto non proveniva nessun rumore e la cosa mi inquietò un po'. C'ero solo io in quell'enorme casa? E dov'era Ezra?

«C'è nessuno?» Chiesi mentre mi dirigevo verso la cucina.
La casa restò silenziosa.
Mi avvicinai alla macchinetta del caffè, sopra c'era un post-it scritto con una grafia elegante.

La cucina è a tua disposizione,
Sull'isola c'è l'antidolorifico, ci vediamo più tardi.

Mi voltai verso l'isola e lì, al centro c'era il flacone arancione. Mi preparai il caffè e una tazza di cereali Lucky Charm che avevo trovato nel mobile accanto al caffè. Avevo appena preso la prima cucchiaiata appoggiata al bancone della cucina quando sentii il rumore di passi venire dal corridoio in fondo al salone. Credendo fosse Ezra non ci diedi peso, continuando a mangiare i miei cereali.
«La bella addormentata si è finalmente svegliata?»
Alzai di scatto lo sguardo ritrovandomi un ragazzo che non avevo mai visto. Era alto, forse quanto Ezra con una zazzera di capelli rossi e un fisico parecchio muscoloso, cosa che notai grazie al fatto che mi stava venendo incontro senza maglietta, indossando solo un paio di pantaloncini sportivi neri che gli cadevano parecchio bassi sui fianchi.
«Tu saresti?» Chiesi mentre guardavo come noncurante della mia presenza si versava una tazza di caffè.

«Dovrei chiederlo io a te, dal momento che sei comparsa con il capo ieri.» Si voltò a guardarmi. «O forse dovrei dire stamattina presto?»
«Se è per questo, vorrei chiederglielo anche io cosa ci faccio qui!»
Il ragazzo mi guardò con i suoi occhi verdi da sopra il bordo della tazza.
Il suo sguardo mi esaminò dalla testa ai piedi.
«Quando hai finito di farmi la radiografia, mi faresti il favore di spiegarmi dove siamo?»
Ebbe la decenza di arrossire. Quasi mi venne da ridere nel vedere un uomo così grande e grosso arrossire per essere stato beccato a guardarmi.
Ma si riprese subito e dopo aver preso un altro sorso di caffè mi rispose.
«In mezzo al bosco, dove altro potremmo essere?»
Alzai gli occhi al cielo. «Sai essere più esaustivo?»
«Se il capo non te l'ha detto allora vuol dire che non posso dirtelo nemmeno io.» Si strinse nelle spalle e il movimento attirò il mio sguardo.
«Hai finito di farmi la radiografia?» mi scimmiottò.
Stavolta toccò a me arrossire ma mi nascosi dietro una cucchiaiata di cereali.
«Perché continui a chiamarlo capo?»
«Perché lo è.»

Posai la tazza nel lavandino e mi appoggiai con il fianco al mobile, incrociando le braccia al petto.
«Ed è il capo di cosa?»
«Di tutta la baracca» sorrise subdolo.
I miei nervi erano quasi al limite e la mia pazienza stava per esaurirsi.
Avevo proprio bisogno di quell'analgesico così mi allungai e presi una pastiglia.
Sperai facesse effetto il prima possibile.
«Ma è una vostra prerogativa essere così evasivi?»
«È un requisito fondamentale per lavorare con Ezra, bella addormentata.»
«Non iniziare con i soprannomi anche tu. Ho un nome e mi piacerebbe che iniziaste ad usarlo.»
Allungo la mano per presentarsi. «Io sono Drew, tu sei Amaris» sorrise. «O mi sbaglio?»
Guardai la sua mano tesa e poi i suoi occhi verdi. «Com'è possibile che tutti sappiano chi sono mentre io brancolo nel buio più totale?»
Drew sorrise e mi fece l'occhiolino. Gli strinsi la mano e con un gesto veloce mi diede un bacio sul dorso. Scoppiai a ridere.

«Parlando di cose serie, sai dov'è Ezra?» Mi guardai intorno. «Dovrei chiedergli un paio di cose.»
Drew posò le tazze che avevamo usato nella lavastoviglie e guardò l'ora.

«Dovrebbe tornare tra poco, è andato in città per controllare la situazione al Wonderland.»
«Cos'è successo al Wonderland?» E come se un toppo venisse tolto, tutto quello che avevo trattenuto dalla sera prima prese a incasinarmi la mente. Iniziai a preoccuparmi per i miei amici che erano rimasti al locale dopo che io me ne ero andata e essere senza cellulare mi escludeva dal mondo. Un peso mi si posizionò sul petto e i pensieri nella testa presero a rincorrersi l'un l'altro in una confusione tale da farmi quasi girare la testa. Ero persa nella mia mente quando due mani mi sollevarono il volto. I miei occhi si scontrarono con quelli verdi di Drew.

«Ei ei Bella Addormentata calmati.» Fece scorrere i pollici sulle mie guance con movimenti lenti. «Respira.»
Presi un lungo respiro e cercai di calmarmi. «Cos'è successo al Wonderland?» Chiesi con voce strozzata. Non mi ero mai preoccupata per me stessa, in fondo ero sempre stata brava a cavarmela da sola ma avevo così tanta paura che fosse accaduto qualcosa a Maliah che quasi mi perdevo in un attacco di panico. Se il tizio che Ezra aveva minacciato era tornato con i suoi amici e aveva fatto del male alla mia amica? Dio, non volevo nemmeno pensarci.
«Non è successo nulla» la voce di Drew era calma, come se stesse cercando di non farmi andare ancora di più nel panico. «Mi stai mentendo?»  Le sue mani scivolarono via dal mio volto.
«No non ti sto mentendo, sto solo dicendo che non è successo nulla di cui tu debba preoccuparti.»

Lo fulminai con lo sguardo. «Sputa il rospo! È successo qualcosa ieri e pretendo di sapere cosa!» Incrociai le braccia al petto. «E non mi riferisco solo al locale, perché sono più che sicura che sia successo qualcosa, ma devi dirmi anche il motivo per cui io sono qui!» Quasi urlai dal senso di nervosismo che stava salendo minuto dopo minuto.
Drew si passò la mano sul volto per poi portarla tra i folti capelli rossi.
«Non posso dirti nulla ma devi credermi, non c'è nulla di cui tu debba preoccuparti.»
Gli arrivai sotto al mento, con i nervi a fior di pelle. «Se dici un'altra volta che non devo preoccuparmi, ti faccio saltare i denti, uno ad uno» ringhiai. «E ora sputa il rospo!»
Si strinse nelle spalle. «Non posso.»
Strinsi i pugni. «Posso sapere almeno il perché?»
«Gliel'ho chiesto io.»

Mi voltai di scatto, in piedi tra la cucina e la porta del garage c'era Ezra. I capelli neri scompigliati, le braccia incrociate al petto erano evidenziate dalle maniche del giubbotto di pelle nera. Le gambe fasciate da un paio di jeans neri, erano divaricate. A quanto pare era pronto per una discussione.
«Ora mi dici tutto quello che devo sapere.»
Lui annuì, poi guardò Drew. «Hayden ti aspetta in garage» poi si voltò verso di me. «Andiamo nel mio ufficio.»
Senza aspettare altro si incamminò verso il corridoio da cui era venuto Drew. Il suo amico invece, prima di salire le scale mi chiamò.
«Bella Addormentata?»
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo. «Il suo ufficio è in fon od al corridoio. Devi fidarti di lui.»
Guardai il corridoio poi di nuovo lui. «Sarò io a decidere se fidarmi o meno.»

Midnight CityWhere stories live. Discover now