𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 24

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𝙸𝚖𝚖𝚘𝚛𝚊𝚕𝚒𝚝à.

ɪʀɪɴᴀ

23 giugno 2012
Couturie, New Orleans
Louisiana, USA
Ore: 21:58

Snervata, avevo lasciato che l'abbraccio di Edgar mi desse la sensazione di essere diventata, di colpo, la versione più piccola del mio essere. Non perché volessi sentirmi tale, ma volevo, per una volta, lasciare che la debolezza vivesse senza essere messa sotto giudizio. E tra le sue braccia potevo esserlo. Potevo essere piccola senza avere ripercussioni. Lui era la mia sicurezza e la mia grande bufera.

Gli avevo passato le dita delle mani tra i capelli, salendo con una carezza lenta e poi una stretta salda, dalla nuca fin sopra il capo. Lui aveva stretto entrambe le braccia attorno a me, portandomi a far aderire il mio corpo contro il suo, e aveva nascosto il viso nell'incavo del mio collo, respirando profondamente contro la mia pelle.

Avevo pensato che forse si meritava di sapere che l'avevo scelto.

Che malgrado il terrore e il mio costante scontro con il mondo, avevo scelto lui e la vita che avevamo creato.

Un piccolo errore, una minuscola svista, che finalmente mi aveva aperto gli occhi sul futuro. Io, che non riuscivo a vedere un'alba senza pensare al passato finalmente ero libera di guardare lontano.

Perché in fondo quello sbaglio era frutto di qualcosa.

Di qualcosa che io e Edgar avevamo conquistato, superando incubi di incertezze.

Mi scostai dall'abbraccio e gli osservai ancora una volta la spalla. «Va meglio?» gli chiesi. La ferita non era brutta ma non era la sua bruttezza che mi logorava, era sapere chi era stato a fargliela.

Un vecchio istinto mi aveva scosso. Avevo rischiato di nuovo di incolpare me stessa per l'accaduto ma l'avevo tenuto a bada.

Gli occhi di Edgar mi cercarono a quella domanda. Aveva uno sguardo che in tutto il suo ottenebrato essere, sembrava cercare affetto. Sembrava voler raggiungermi più a fondo e accarezzarmi laddove nessuno si era mai inoltrato, nessuno tranne lui. «Va molto meglio.» rispose a bassa voce e pacata.

Gli sorrisi e andai dall'altra parte dell'isola per mettere via la bottiglia di brandy.

Volevo evitare che lui mi offrisse di nuovo dell'alcol.

In quel momento non ricordavo nulla, se non gli ultimi momenti in cui gli avevo stretto la mano e l'avevo messa sul mio ventre.

Edgar rimase lì, a guardarmi e non diceva nulla.

Che cosa gli stava passando per la testa?

«Mangiamo qualcosa?» gli proposi.

Erano appena passate le dieci di sera e il mio stomaco era diventato di colpo vuoto.

Lui non disse nulla.

Si alzò dallo sgabello, fece il giro dell'isola e si piazzò davanti a me. Il mio cuore era pronto a impazzire già prima e in quel momento avevo lasciato che esplodesse.

Alzai gli occhi per non perdere quel contatto visivo.

«Sei una donna forte, micetta.» mormorò con voce bassa.

E un nodo alla gola prese a bloccarmi la facoltà di parlare.

Mi aveva vista crollare, di nuovo. Peggio delle altre volte. Avevo lasciato che il crollo prendesse la mia volontà. «Perdere il controllo non è segno di forza.» risposi piano.

Edgar si accigliò debolmente. «Non hai perso il controllo.» sostenne. «Tu hai scoperto il controllo.»

«E in che modo?» gli domandai. «Hai visto cosa ho fatto?»

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Where stories live. Discover now