𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 12

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𝚂𝚊𝚌𝚛𝚒𝚏𝚒𝚌𝚒𝚘.

ɪʀɪɴᴀ

25 maggio 2012
Dutton E953,
USA
Ore: 16:47


La rabbia non mi aveva scagionata nemmeno quando il jet decollò dall'Hangar di Paradise.

Il rombo del motore di quel velivolo andava di pari passo con i miei pensieri tra cui le parole di Edgar che tagliavano minuziosamente i miei nervi. Davvero non sarei stata capace di fare il resto come aveva detto? L'ultima volta che avevo visto mio fratello, gli avevo quasi sparato nel tentativo di fargli capire di non scherzare con me ma non avevo fatto altro. Non avevo pianificato nulla per lui perché, in fondo, non ci avevo davvero pensato. Non avevo mai pensato al momento in cui gli avrei fatto superare quella prova. E come avrei potuto? A parte Edgar, nessuno mi aveva mai imposto di compiere un'esecuzione. Quella era capitata per sbaglio e stava ancora appesa ad un filo dentro di me. Mi metteva lo stomaco sottosopra ogni qualvolta azzardavo soltanto a pensarci.

Quel bastardo aveva ragione e io non volevo ammetterlo.

Non sarei mai arrivata a spingerlo a fare ciò che l'aveva spinto a fare lui.

Ma il problema di certo non era quello. Era il fatto che mi avesse nascosto tutto. Aveva agito alle mie spalle senza chiedere la mia opinione. Non era giusto.

Sentii i suoi occhi addosso. Irremovibili e persistenti.

Edgar era seduto sul sedile vicino alla cabina di pilotaggio e io lontano da lui. Non l'avevo guardato nemmeno una volta. Nemmeno per sbaglio. Avevo occupato lo stesso posto di quella prima volta che avevo messo piede su quel velivolo e avevo fatto finta che non fosse lì. Eppure mi tentava. Come quello di un aguzzino, il suo sguardo sapeva come colpirmi per farmi sentire esposta e vulnerabile.

Nervosamente afferrai la croce al collo e la tirai da una parte all'altra, trascinandola con forza lungo la catenina. Quel gesto mi distrasse abbastanza da smettere di pensare a lui ma chiaramente Edgar non era d'accordo. Lo intercettai, con la coda dell'occhio, lasciare il suo posto e raggiungermi.

Si accomodò davanti a me. «Irina

Voltai la testa in uno scatto per ammonirlo. «No, Edgar.» Lo scoraggiai subito dal parlarmi e lui mi scrutò cupo. «Non guardarmi così.» gli dissi irascibile. «Questa volta le hai superate tutte. Cosa pensavi sarebbe successo facendo una cosa simile alle mie spalle?» gli chiesi, «Col senno di poi mi hai ingannata a non farti domande.» Mi feci avanti per guardarlo bene in faccia, «Sappi una cosa, marito, non te la farò passare liscia. Non questa volta.» lo avvertii.

Sul suo volto non si animò alcuna emozione ma al contrario. Spuntò un'espressione che non avevo visto da tempo. Quella maledetta smorfia gli incurvò appena all'insù l'angolo sinistro della bocca e, senza togliere quegli occhi neri come dai miei, si alzò in piedi. Venne accanto al mio sedile. Un momento che avevo già vissuto fu quello. Lo osservai dal basso, turbata che facesse qualcosa di insensato.

In tutta calma, Edgar sollevò una mano e passò le nocche, lento e avvinto dal suo stesso atto, lungo un lato del mio viso. Tanti piccoli brividi scossero la mia pelle ma non gli diedi alcun modo di notarlo. Rimasi indifferente. «Come vuoi tu.» ghignò, lasciandomi spaesata. Agiva sempre come se sapesse la fine di ogni cosa e quello mi irritava a dismisura. «Goditi pure questi momenti di abuso di potere.» aggiunse a denti stretti prima di abbassarsi fino al mio orecchio. «Il tuo atteggiamento mi fa solo arrappare.»

Gli diedi istintivamente una spinta senza riuscire a smuoverlo. «Va all'inferno.» sibilai.

Lui si raddrizzò. «Se vuoi dirmi altro, sarò lì. Dove posso guardarti per bene.» Con il ghigno stampato in faccia andò a sedersi al suo posto, tormentandomi fino all'arrivo.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ