𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 2

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𝙸𝚕 𝙳𝚘𝚋𝚎𝚛𝚖𝚊𝚗𝚗

ɪʀɪɴᴀ

31 marzo 2012
Marriott,
Canal Street, French Quarter,
New Orleans, Louisiana, USA
Ore: 9:31

Per quanto la mia testa fosse offuscata dagli effetti sgradevoli della sbornia, mi svegliai quel mattino con le idee chiare. Nemmeno lo strazio delle lacrime versate e delle parole dette in preda al dolore mi avevano convinta altrimenti.

C'erano dei responsabili a cui attribuire quella scelta severa compiuta da mia madre e non temevo più alcuna ripercussione ad agire. Tutta l'immoralità che avevo sempre velato dentro di me, era stata spinta oltre il limite e un prezzo caro spettava a chi mi aveva portata fin lì.

Stesa su un lato, tenni gli occhi aperti sulla parete della camera da letto della suite di Edgar. Il mio cuore trepidava, il sangue nelle mie vene bolliva carico di un odio che non avevo mai provato. Prima che il delirio fosse vicino a spingermi nel buio del mio animo, mi voltai tra le coperte in cerca di chi sapeva come strapparmi a quelle discese amare.

Disorientata dal silenzio, credetti di trovare Edgar ancora dormiente accanto a me, invece non fu così. Davanti al mio sguardo perplesso, lui, seduto sul bordo del letto, mi dava le spalle. Immobile, i muscoli della sua schiena erano rigidi, duri solchi si erano formati dalla forte contrazione. Il grosso corpo del serpente sulla sua scapola sinistra, annodato su sé stesso e attorno alla catena, si era deformato al punto da sembrare soltanto una grossa macchia d'inchiostro.

Per qualche attimo, intimorita dalla violenza che sprigionava il suo corpo senza far nulla, me ne restai inerme a scrutarlo in attesa che si rilassasse ma non accadde.

Che cosa gli prendeva?

Mi portai la coperta fino al collo per coprirmi il petto nudo e senza quasi fiatare mi sollevai a sedere. Aprii la bocca per chiamarlo, ma mi accorsi in quell'istante che la sua testa era bassa, come se fosse concentrato su qualcosa. Il mio timore si fece da parte e trascinandomi in avanti, fin quasi a sfiorare la sua schiena, guardai a lato del suo braccio.

Le sue mani erano occupate.

La due pagine piene d'inchiostro e delle parole in corsivo di mia madre erano lì, davanti a lui.

Un brivido freddo mi scosse.

Ricordai di averle abbandonate nel SUV prima di entrare nel locale dopo averle lette tanto da farmi crepare il cuore.

Mi si spezzò il respiro e negandomi la possibilità di leggere ancora una sola parola di quello che aveva scritto, alzai gli occhi sul volto di Edgar.

Un'espressione imperturbata lo teneva legato alle parole di mia madre ma io leggevo il profondo di quello sguardo. Rabbia e disgusto anneriva le sue iridi.

Non disse niente e non mi guardò.

Non aveva ancora finito.

Era soltanto alla seconda facciata.

Mi ritrassi e con un nodo doloroso alla gola appoggiai la fronte contro la sua schiena. Inspirai profondamente l'odore della sua pelle, feci scivolare le mani attorno al suo torso e lo abbracciai. «A quanto pare da vivi certe parole non si possono confessare.» sussurrai con voce spezzata.

Era inutile.

Anche se non mi ero permessa di rivedere le parole di mia madre su quella carta, ormai ne avevo impresso ogni singola lettera. La mia mante l'aveva memorizzata.

«O non lo si vuole.» ribadì Edgar in un suono profondo della sua voce carica di ira.

«O non lo si vuole.» gli feci eco debolmente, stringendolo di più.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Where stories live. Discover now