𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 10

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𝙵𝚎𝚛𝚒𝚝𝚎.

ɪʀɪɴᴀ

23 maggio 2012
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 12:29

L'assalto al pronto soccorso da parte di Vanya e il marito di Magda, fece il giro di tutti i telegiornali. Mattina e sera sullo schermo del televisore non si era parlato d'altro. Edgar dovette coinvolgere tutte le sue conoscenze per mettere a tacere velocemente l'accaduto ed evitare che fossero coinvolti federali o che fossero aperte troppe indagini.

Nel giro di tre giorni, un ufficiale di polizia, confermò che si era trattato di una rapina finita male. Di una banda di ladri che aveva avuto come scopo quello di rubare le attrezzature mediche e i medicinali per poi rivenderli.

Avevo seguito ogni aggiornamento personalmente senza rendermi conto di quanto odiavo essere in quella posizione. Di quanto odiavo vedere Edgar costretto a coprire le puttanate che causavano i Fagarò e capivo più che mai la sua rabbia. Non dissi più nulla in merito. Arrivata a quel punto mi andava bene lasciare a lui la fine di tutti loro.

Di tutti tranne lo zio e sua moglie.

Sarei stata io a decidere per loro perché l'ultima volontà di mio padre, spettava ancora a me.

Sospirai e spensi la TV dopo aver ascoltato l'ennesima conferma che il caso era stato chiuso e andai a sedermi in sala da pranzo.

Linda, la governante, aveva apparecchiato il tavolo per il pranzo.

«Gradisce qualcos'altro, signora Dutton?» mi chiese.

Scossi la testa, osservando con ammarezza il vuoto dall'altro lato del tavolo. «No, grazie, Linda.» risposi, «Edgar si unisce a me?» le domandai sapendo già la risposta.

La donna passò gli occhi dalla sedia a me. «Temo di no. Il signor Dutton ha chiesto di pranzare nel suo studio.»

Certo che l'aveva fatto.

Da quella stanza in ospedale Edgar aveva alzato un muro tra me e lui. Un muro che ogni giorno pareva diventare sempre più spesso. Mi aveva costretta a rimanere segregata nella tenuta per via delle ferite, mi aveva imposto visite mediche quotidiane come se fossi in fin di vita e la cosa peggiore fu il cambiamento nei suoi occhi.

Erano freddi.

Freddi come la prima volta che l'avevo visto.

Anche se aveva spostato tutto il suo lavoro alla tenuta, era come se non ci fosse.

Il letto condiviso con lui non l'aveva nemmeno sfiorato, così come non aveva sfiorato me.

Mi sentivo sola e delusa.

«Vuole che lo chiami?» mi domandò la donna, destandomi dai miei pensieri.

Forzai un sorriso. L'angoscia mi stava consumando ma non la esternai. «No.»

Potevo farcela.

Potevo mettere da parte l'inquietudine che mi creava nel più profondo.

Me lo meritavo, in fondo.

Mi meritavo tutto perché ero stata io a mettermi in pericolo.

Dopo pranzo feci altra pratica con Fritz. Quel cane stava imparando velocemente a obbedire ad ogni mio comando e grazie a lui il tempo passava più in fretta.

Poco prima di cena mi fece visita l'infermiera per il cambio delle fasciature alle braccia. I tagli diventavano sempre meno spaventosi e forse me ne sarei liberata molto prima del previsto.

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz