𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 11

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𝙴𝚛𝚛𝚘𝚛𝚒.

ɪʀɪɴᴀ

25 maggio 2012
Summerlin, Las Vegas
Nevada, USA
Ore: 8:04

Accolsi la luce del mattino ancora sveglia.

Non sapevo bene che cosa pensare in merito alle parole che avevo letto sullo schermo del cellulare di Edgar.

Il suo corpo mi era nuovamente addosso con le braccia strette attorno a me, uno sotto la mia testa e l'altro piegato attorno al mio petto. Il suo respiro, profondo e costante, mi accarezzava i capelli dietro la testa. Mi ero rimessa sotto le lenzuola con quel messaggio inchiodato nella testa, sonnecchiando e saltando da un'ipotesi all'altra. Affrontarlo di nuovo dopo quella settimana passata a sentirlo come se fossi stata a miglia di distanza da lui mi pareva una sfida. E non una qualunque. Come sempre, il cattivo presentimento suonava un campanello d'allarme nel mio cranio.

Il ragazzo.

Il messaggio si riferiva a un ragazzo.

Chi altro se non mio fratello?

Ma cosa aveva a che fare Ivan Jr con Edgar e perché William voleva parlare con me?

Dio, che cosa aveva fatto?

No, la vera domanda era: che cosa gli aveva fatto?

Che cosa non mi aveva detto?

Svegliandosi, Edgar mi strinse di più a sé. La sua nudità e la mia, scaldò in un lampo l'ossigeno in quella stanza. La mia fiducia era stata spezzata ma la mia pelle sfregata contro la sua, mi guidò lentamente e con tradimento a ignorare il grigio e spaventoso accumulo di pensieri che mi logorava.

Sentii il leggero solletichino appena sopra le natiche causato dalla strisciolina di peli che gli andavano dall'ombelico fino a congiungersi con la sua zona pubica e mi si strinse il ventre. Muovendosi ancora, sentii anche la sua erezione matutina. «Ti ho fatto male?» fu la prima cosa che mi chiese, spargendo il suo alito caldo sul mio collo. La sua barba ancora incolta mi graffiò la pelle, facendomi scoprire una sensazione del tutto nuova. Con mio grande sconcerto, accattivante.

Chiusi gli occhi, trasportata dalle sensazioni e quel silenzio mi tentò a rompere subito il ghiaccio e chiedergli del messaggio ma sorvolai la questione, tutt'altro che vogliosa di sapere e di aprire un'altra discussione.

Al contrario, agii spinta dalla sicurezza del mio corpo, lì, accanto a lui e mandai giù quel grosso punto di domanda.

«Sono stata bene, anzi, benissimo.» Mi voltai appena per non perdermi il suo volto d'angelo che mostrava appena sveglio. Erano disarmanti e meravigliosi i tratti che rimarcavano i suoi lineamenti, e soprattutto, erano un bel contrasto, violento, quasi, con la barba che non curava da troppi giorni. «Lo sai che non amo svegliarmi sola.» sussurrai.

Lui mi osservò per un breve attimo. Il suo volto era illeggibile. «Ho sbagliato.» ammise con mia grande sorpresa. «Ho sbagliato a credere che la distanza era il modo migliore per smaltire la rabbia e...»

«I sensi di colpa?» gli completai la frase.

Lui tacque e mi andava bene. Non aveva bisogno di continuare. Quella sincerità spontanea era un passo da gigante.

«Sbagliare è umano, Edgar.» Gli accarezzai la linea della mascella, solleticandomi le dita con la barba. Salendo poi fino alla base dell'attaccatura dei capelli, tracciai con le dita un mezzo cerchio sopra il suo orecchio. «Ma non osare farlo, mai più.» gli dissi dolcemente, celando quel nervo ancora scoperto. «Il male inconscio sarà sempre più devastante di quello fisico.»

Devotion 2 // Perfidia E Inganno //Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz