Greta

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Mi persi ad ammirare il suo volto, la sua figura. Lee era di una bellezza così disarmante, che solo a guardarlo mi faceva perdere il fiato.
Era inevitabile che le ragazze gli cadessero ai suoi piedi.
Come poteva scegliere di restare con me quando aveva tutto ciò che voleva con uno schiocco di dita.
Come poteva, passare delle ore a chiacchierare con me quando il mio unico pensiero era quello di controllare la mia malattia. Ero convinta di togliergli del tempo per se stesso, ma lui puntualmente mi rispondeva che non era così. Non so cosa eravamo, ma sapevo perfettamente che i suoi abbracci erano diventati per me una fonte essenziale di tranquillità e spensieratezza.
La scelta di prendere un caffè insieme fu qualcosa di positivo e tranquillo per me.
Per non so quanto tempo mi resi conto che non avevo pensato alla malattia, era un pensiero fisso e costante da quando avevo fatto gli esami non passava un minuto che io non pensassi a lei, ma questa volta sentivo che potevo continuare a respirare. Ero arrivata anche al punto di poter vincere questa battaglia, cosa che per me era troppo impossibile, non avevo mai vinto contro niente figuriamoci una malattia. Ma forse ci dovevo provare, infondo la vita voleva mettermi alla prova, voleva farmi vedere che anch'io sapevo tirare fuori gli artigli e il coraggio. Ma fino a che punto?
"Greta" sentì il mio nome, lo fece con espressione dolce e delicata quasi un sussurro.
Lo osservai, timidamente ma lo osservai.
In lui vidi dolcezza, gentilezza ero incredula sul fatto che potesse essere così, quando seppi chi era andai su Internet per capire chi fosse il mio capo. Veniva soprannominato come lo "sciupa femmine, il donnaiolo, lo scapolo d'oro, l'animale da letto" tutti questi appellativi che ai miei occhi non gli si addicevano.
Forse ero l'unica che aveva la possibilità di vederlo per quello che era realmente e lui me ne stava dando la possibilità.
Lo notavo perché ogni donna che gli passava accanto gli metteva una mano sulla spalla, lasciavano i numeri di telefono non curanti che fossi lì accanto a lui, gli facevano l' occhiolino e addirittura si sistemavano la scollatura. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua, a causa di questi atteggiamenti e dei suoi sorrisi, fatti per circostanza io mi vergognavo e abbassavo la testa.
All'improvviso sentii vibrare un cellulare, era il mio. Lo sbloccai e rimasi scioccata era il mio ex. Ero sempre stata convinta fosse il mio principe azzurro, il mio per sempre e in realtà non era così io innamorata dell'amore e quello che credevo di poter provare per lui, in realtà era solo una sorta di abitudine. Nel momento in cui la sua amante mi scrisse, scoprì che lui in realtà non era quello che avevo sempre creduto, lo avevo idealizzato e portato sul palmo della mano perché ero giovane e ingenua ma attraverso i suoi tradimenti, me ne andai senza voltarmi indietro ero riuscita a spegnere, quei fantomatici, sentimenti con un bottone.
Rinsavii dal mio ricordo e lessi il messaggio
"Greta, ti prego torna da me. Io ti amo ho chiuso con Julia, lei non valeva niente in confronto a te. Sono stato uno stupido, un cretino. Non sapevo cosa fosse l'amore, ma ora l'ho capito e anche molto bene. Ti prego vediamoci, vorrei parlarti"
Cosa potrei fare? L'amore è anche questo poter dare una seconda possibilità a chi ti ha fatto del male, poter capire la motivazione di quel gesto. Ma lo voglio veramente? Alla fin fine io e Lee non siamo niente, lui viene a trovare una sua dipendente che sta male, non ha sentimenti nei miei confronti e poi guardando su Internet non sono proprio la ragazza che lui desidera.
Con un gesto rapito rispondo ad Aron, ok va bene vediamoci al Central Park tra un'ora!
"Lee grazie mille per il caffè, ma devo andare"
Vedo che cambia espressione, non so cosa mi prende ma abbandonerei immediatamente Aron lì dove sta per stare con Lee.
"Certo"
Nel suo tono sento sia la gentilezza che una lieve tristezza.
"Allora ti auguro una buona giornata e grazie mille per essere passato questi giorni in ospedale e avermi fatto compagnia"
Mi alzo e me ne vado. L'ho lasciato così era inevitabile. Perché se fosse stata per la parte sentimentale mi sarei umiliata e avrei fatto qualcosa che non avrei dovuto fare, la parte razionale mi ha consigliato di fare così andare via da una persona che non prova niente o quanto meno quello che dicono i tabloid.
Sono quasi a Central Park sto ammirando i grattacieli, la gente che cammina in maniera frenetica, gli artisti di strada e una gigantografia di Lee Thompson ceo della Thompson Editori.
Cavoli perché deve essere bello anche su un cartellone pubblicitario potevano evidenziare un brufolo o qualcosa che mi facesse distogliere lo sguardo.
Avevo la bava alla bocca come un cagnolino che aspetta il suo premio mentre i padroni mangiano. Come faceva a farmi perdere quel poco di razionalità io non lo riuscivo a capire. Finalmente passai l'incrocio per imboccare l'ingresso del parco.
In lontananza riuscì a vedere la forma statuaria di Aron, certo non era come Lee con quella statura da far invidia a un giocatore di basket, ma comunque sia era accettabile e riusciva a farmi un certo effetto.
Appena si accorse di me, mi fece un sorriso così spontaneo, che mi ricordò la motivazione per la quale io mi innamorai di lui o per lo meno quello che pensavo fosse amore, ma lui non di me e questo mi era più che entrato in testa.
"Sei stupenda"
"Ciao anche a te Aron, come stai?"
"Ora che ti vedo posso dire meglio"
Lo invitai a camminare, era un periodo in cui desideravo solo osservare i dettagli che il mondo aveva da offrirmi.
Questo silenzio mi creava un gran trambusto, ero ancora assuefatta da lui e dal suo modo carismatico, ma l'altra metà era molto titubante perché alla fine non volevo più nulla.
"Greta" sentii il mio nome con un tono di disperazione, lamento. Ma non era lo stesso effetto e suono quando lo diceva Lee.
Lo osservai, in modo tale che potesse parlare senza interruzioni.
"Vorrei solo poter avere un'altra possibilità con te, lo so che ti sto chiedendo molto. Ma io ero solo un ragazzino alle prime armi, non sapevo cosa significasse essere innamorato realmente di una persona. Più andavo avanti e più sapevo che Julia non era te, il suo sorriso non era fatto per il mio, il suo cuore non si intrecciava con il mio e non avevamo quella sensazione di capirci all'istante come facevamo noi due. I suoi movimenti, il modo di mangiare non era lo stesso tuo. Non aveva quel vizio strano di togliere la parte bianca dell' arancio o del mandarino come facevi te, e per uno strano caso le chiedevo sempre come mai lo mangiasse tutto e mi rispondeva solo con un perché sì, non era te che invece mi avresti risposto con frasi che per te erano logiche e per me solo grasse risate.
Ho bisogno e desidero tornare alla nostra quotidianità, desidero te e me insieme nella stessa casa"
" Ti prego Aron, basta"
"No, non la smetto non mi dire basta. Io ti voglio con me"
"Lo vuoi capire che mi hai fatto del male? Mi hai trattata come uno zerbino, non hai nemmeno avuto il coraggio di dirmi che non provavi nulla per me. È dovuta venire da me Julia a dirmi ogni singola cosa anche il colore della tua camera. Sai quanto è stato umiliante per me? Che le dedicavi i baci che davi a me, le foto nel letto in cui passavamo ore a chiacchierare e a fare l'amore. La nostra prima volta. Perché vuoi ancora che il mio cuore si spezzi in mille pezzi? L'ho dovuto ricucire piano e con l'amore dei miei amici e genitori"
"Lo so ti ho fatto del male, ma ti prego voglio riprovarci e farti conoscere il vero me".
"Ci penserò. Ma davvero non mi mettere pressioni. Se deve essere così desidero solo ricominciare da capo"
"Mio Dio Greta va benissimo"
Mi prende in braccio e mi fa fare una giravolta, io rido e mi mette giù chiedendomi scusa"
Lo saluto con un cenno della mano e gli dico che ci saremmo sentiti.
Me ne vado con un pugnale nel cuore e un pensiero fisso.

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