Lee

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"Bellezza sono ritornato con i caffè e ovviamente ho preso le ciambelle ripiene di cioccolato"
Alzo gli occhi e vedo il macchinario impazzito, medici e infermieri che sono accanto a lei. Non so cosa stia accadendo, ma sto male.
Il cervello mi dice stai calmo, ma la ragione e la voce gli dicono chiaramente per una volta fatti i cazzi tuoi.
Mi escono parole forti, mi vedo avvicinare degli infermieri mi bloccano e mi comunicano che devo stare fuori ad aspettare.
"Che cazzo succede qua"
"Signore si calmi, un minuto per favore"
Faccio come mi dicono vado a sedermi nella sala d'attesa, poi inizio ad alzarmi, mi sfrego i capelli, faccio avanti e indietro. Perché nessuno mi dice niente, perché non mi chiamano.
Sono passate due ore, cazzo. Ho bisogno di sapere come sta?
Ne ho davvero bisogno? Si, ho bisogno di sapere come sta. Se in passato mi avessero detto guarda Lee in futuro passerai le tue intere giornate in ospedale a parlare del più e del meno con una tua dipendente non ci avrei creduto, nemmeno se avessi scommesso. Io passavo più le giornate nei letti delle altre.
Mi sta squillando il telefono e noto che è David
"Cazzo Lee, ma manco a far così però! Non puoi sparire da un momento all'altro come niente".
"Hai ragione perdonami"
"Pronto? Sto parlando con Lee, perché ho sentito due bestemmie insieme"
"Fanculo, David sono io"
"Si, ma tu non chiedi mai scusa e soprattutto non dai la ragione così"
Mi conosce fin troppo bene.
"Senti ora non posso, ti spiegherò in questi giorni"
Però sono così agitato che non riesco a parlare tanto, gli dico quello che deve sapere. Diciamo più il giusto indispensabile e chiudo la chiamata.
Torno in stanza e finalmente la vedo sveglia, sta male. Il suo sguardo parla per lei. Quei occhi mi hanno detto tutto. Il dottore che è davanti a lei, la sta abbracciando. La saluta e le consegna dei fogli, sono le dimissioni.
Noto che si alza, si veste, lo fa tutto in automatico. Lo sguardo è perso nel vuoto.
Le prendo un braccio e la porto vicino al mio petto. In quel momento noto che scoppia a piangere. Mi abbraccia forte e non voglio lasciarla andare.
"Sfogati, sono qui"
"Ho la SLA, sono malata. Al solo pensiero ho paura che domani io non ci sono più. Ho così paura che penso che non riuscirò a combattere questa battaglia. Dovrò viverci, mantenerla buona e prendere delle medicine. Se prima non andavo quasi mai a farmi gli esami del sangue, adesso ogni mese sarò qui"
"Uno scherzo del destino. E io che desideravo solo avere una famiglia, un marito, dei figli, stare con la mia cagnolina Maya e invece, eccomi qua"
"Tu non sei sola hai una famiglia che ti ama alla follia, amiche che darebbero qualsiasi cosa, per te, un posto di lavoro"
"Come potrò lavorare così? E se dovessi sentirmi male? Se la malattia decidesse di farmi restare a casa per un mese, come lo potrei giustificare? Ormai la mia vita si sta annullando"
"Cavoli, non dire stupidaggini. Ci sono io"
"Tu. Il destino si sta divertendo con me. Prima il mio licenziamento, le tue parole belle crude e ora questo.
Tu, che fino a ieri non sapevi nemmeno chi fossi. Tu che mi hai insultato solo perché ti sono venuta addosso"
"Beh su questo ti devo chiedere scusa, sono stato un vero coglione"
"Oh meno male che te ne sei accorto"
Non so più cosa dire o pensare. Perché subito dopo la vedo cadere in un oblio scuro e silenzioso.
"Ti posso offrire un caffè?"
Mi guarda esterrefatta come se avessi detto una cosa oscena. Le ho offerto un caffè non di venire a letto con me, eppure lei mi osserva.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?"
Diventa rossa come un peperone e mi fa cenno di no con la testa.
Dio quanto è bella quando fa così.
Ma ho paura. Non paura che possa rifiutare, ma ho paura che possa pensare che io la stia invitando fuori solo perché è malata. Cazzo, no non farei mai una cosa del genere non è nel mio stile. Però devo essere sincero se non fosse stata male non l'avrei mai conosciuta. Come quando un giorno all'ospedale per farla ridere le avevo detto una freddura stupida e senza senso. Anzi, me la ricordo ancora.
"Ci sono due arance che non hanno voglia di andare a fare la spesa, allora la moglie arancia dice al marito MANDA-RINO" Lei è scoppiata in una risata così soave e bella che ho sorriso anch'io, quanto era bella più rideva più il mio cuore era felice.
Me ne aveva chieste altre e io come un bambino felice gliele raccontavo e lei rideva talmente forte che molte volte entravano gli infermieri per ridere anche loro.
Lei ha iniziato una battaglia e desidero essere il suo braccio destro. Non chiedo nient'altro, solo poter abbracciarla, baciarla e averla con me ogni attimo.
Ma prima di tutto questo avevo bisogno di liberare i miei demoni, dovevo fare una cosa importante, un comunicato stampa.
Non era niente contro mio padre, sapevo il vero motivo per la quale lui mi odiava così tanto.
Mi ricordo che stavo giocando in camera mia e mio padre appena rientrato da lavoro salutò tutti in un abbraccio caloroso, tranne me. Mi guardava sempre da una certa distanza. Come se fossi un animale, un animale in gabbia e la gabbia veniva prontamente aperta giusto il tempo per pulirla e poi la richiudevano subito per paura che l'animale potesse fare un movimento brusco.
Oppure mi ricordo che mio fratello Chase, fece cadere un vaso di mamma io non ebbi nemmeno la prontezza di scappare che venni preso per il cappuccio della felpa e picchiato come se fossi di pezza.
Sono tutte cose che mi ricordano l'amore di mio padre, mentre mia madre cercava sempre in maniera disperata di togliermi dalle grinfie di quel essere. il me di una volta piangeva sempre e gli chiedeva come mai capitava solo a lui. Mia madre mi rispondeva che non lo sapeva, ma lei mi amava.
Tutti hanno sempre desiderato quella cosa che chiamano amore, io desideravo solo una giornata senza dover ritrovarmi un viso tumefatto dalle botte. Quello era ciò che più desideravo al mondo.

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