Deus Ex Machina

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Il cancello aperto svettava minaccioso davanti a loro. Ne usciva una sabbia ocra, quasi arancione. Una brezza calda spirava verso di loro dalla landa torrida e inospitale che si trovava al di là. Ai bordi del foro tra i due portali di ferro, lembi di stoffa grigiastra sbatacchiavano al vento. Era il tessuto di questa realtà, strappato per fare posto ad un'altra.

Il solco, le rocce angolari sul pavimento che sostenevano il cancello in una sorta di mezzaluna, riluceva di potere magico. Al di là del portale si stendeva una landa piatta e vasta, ricoperta di sabbia arancione, sotto un torrido cielo giallo.

Meli sentì le ultime gocce di speranza abbandonare il suo corpo. Un solco. Com'era possibile che ci fosse un solco ancora funzionante lì sotto?

"I krampus... Non... Non ti avevano detto nulla, di... questo?" riuscì a balbettare con voce rasposa all'ammazzamostri al suo fianco.

Logan non rispose subito. Aveva gli occhi sbarrati e il respiro accelerato. Pareva fuori di sé. "I krampus... l'orizzonte, la linea... era un cazzo di solco" disse piano tra sé. "Il solco per un dannato cancello!". Si voltò verso Meli. Un'espressione di panico feroce gli alterava il viso. "Dobbiamo andarcene di qui".

"Oh, non credo proprio!" esclamò la ragazzina battendo le mani entusiasta. "Penso invece che resterete per cena. Alcune vecchie conoscenze, magari...?".

Due enormi creature emersero circospette dal portale. Avevano una brutta pelliccia corta color sabbia, sei occhi ciascuno e lunghissime code puntute e sottili come cilici. Due nekorai.

Vengono da sotto, richiamati da qualcosa.

Meli tremò contro le corde magiche. I nekorai si appostarono ai lati della ragazzina vestita di rosso. Theo era ancora a terra, ferito e agonizzante. Una pozza di sangue si allargava sotto di lui. Sarebbe morto dissanguato se non avessero agito in fretta.

Ad un cenno della padrona, i nekorai avanzarono sinuosi verso i due prigionieri. Meli, con la testa appesantita che rimbombava, pregò che Logan avesse un'idea, un'idea qualsiasi, per tirarsi fuori di lì.

Le massicce teste dei felini si avvicinarono languide; le doppie code frustarono l'aria secca facendo vorticare la sabbia rossa. Meli guardò con orrore le zanne del nekorai aprirsi lente ma inesorabili sopra di lei. Pronta al dolore, e certa di non volere come ultima immagine della sua vita terrena la lingua viola e uncinata della fiera, chiuse gli occhi.

...ma li riaprì subito, udendo un sibilo e un ruggito dolorante: il nekorai che incombeva su di lei era stato colpito da una freccia, che se ne stava ora conficcata fieramente dentro uno dei suoi troppi occhi.

Meli si voltò di scatto per individuare il loro salvatore.

O... salvatrice, a quanto pare. Una donna in armatura di cuoio si ergeva sulla rupe, possente come una dea della guerra, il viso coperto da una balestra in posizione di tiro. Meli la riconobbe dalle lunghe trecce nere: Reika.

La guerriera scoccò immediatamente un secondo dardo che colpì la mutaforma dritta al fianco. La ragazzina strillò e le corde magiche evaporarono. Logan si alzò in piedi e recuperò la spada caduta poco distante. Meli, frastornata dal tentato omicidio per soffocamento, si alzò barcollando.

I due nekorai ruggirono inferociti e, all'ordine della padrona accasciata al suolo, attaccarono.

Meli, certa - be', ragionevolmente certa - che Logan se la potesse cavare con i nekorai grazie all'aiuto della balestra di Reika, si infilò agile tra le due fiere e si lanciò su Theo. Se lo caricò su una spalla come un sacco di patate e estrasse il pugnale. La ragazzina con i capelli bianchi, in ginocchio e con la mano premuta sul fianco sanguinante, la guardò dal basso con occhi iniettati di odio.

Cercasi AmmazzamostriWhere stories live. Discover now