Botanica, Spacciatrice di Erbe

156 18 73
                                    


Gabe puzzava così tanto che Meli pensò che fosse morto.

La donna allungò il collo sopra il corpo del vampiro accasciato a terra. Si trovavano nella comune del clan di Costoi che, come tutti gli alloggi vampireschi, era sporca, male illuminata e permeata da un distintivo odore di chiuso, metallo e muffa.

Meli diede un calcio alla gamba del vampiro. Nessuna reazione. Logan le lanciò uno sguardo interrogativo.

"È strafatto, credo" disse lei. Scavalcò le gambe senza vita e si accovacciò di fianco alla creatura. Con fare esperto gli sollevò una palpebra. L'iride al di sotto era velata di una patina azzurra e opaca.

"Si è fatto da poco" confermò una voce nel buio. Meli lasciò ricadere le mani e si alzò circospetta.

La voce continuò: "Chi vi ha fatto entrare?".

Meli incrociò le braccia al petto. Avevano bussato e atteso diversi minuti fuori dalla comune; dopodiché Meli si era scocciata e si era avventurata nell'oscurità senza invito ufficiale, cosa risaputamente poco apprezzata dai vampiri.

Leo, il capo del clan, avanzò verso di loro. La tremula luce delle candele gli illuminò i numerosi tatuaggi sul collo e sulle braccia scoperte dalla giubba senza maniche. Portava i capelli annodati in lunghi dreadlocks, e un accenno di barba gli incupiva le guance.

"Oh. È da parecchio che non ti si vede, Meli. Come mai da queste parti?" chiese il vampiro, cordiale.

"Consegna di artemisia, quattro fiale" rispose laconica lei. "Mia sorella è impegnata" aggiunse poi a mo' di spiegazione.

Il vampiro sorrise mostrando in un flash i canini appuntiti. Leo era bello come era bello un mare pieno di meduse, pensò la donna. Da lontano, uno schianto; da vicino, viscido e pericoloso. Di sicuro ti passava qualsiasi voglia di toccarlo.

"Otto navok, deduco?" chiese lui, estraendo i soldi da un logoro borsello di pelle. Meli afferrò le otto monete squadrate facendo attenzione a non toccare le lunghe unghie del vampiro.

"Corretto" disse, e appoggiò le quattro boccette di liquido scuro su un tavolo lercio alla sua sinistra.

Leo studiò le fiale con desiderio, poi tornò a concentrarsi sull'interlocutrice. "Ottimo. La cara Anja come sta?".

"Come sempre" rispose brusca Meli. Ci mancava solo che qualche maledetto vampiro si interessasse a sua sorella.

Il vampiro le si avvicinò. Il suo fiato puzzava di ferro arrugginito. "Sei qui per le strigi?" indagò lui, falso e indolente. I suoi occhi scattarono famelici sul collo della donna. Logan, vicino alla porta, avanzò di un passo.

Meli non indietreggiò. "No. Sambuco" rispose impassibile. Ma il suo cervello cominciò a correre veloce. Strigi, in quel periodo dell'anno? Da dove diavolo arrivavano? Meli scacciò il naturale orrore che provava per quelle bestie e si costrinse a mantenere una maschera di rigida indifferenza. Certo le avrebbero potuto garantire un'interessante entrata extra... dopotutto, un ammazzamostri ce l'aveva già...

Leo fece per dire altro, ma Meli lo precedette. "È tutto, Leo. Alla prossima". O, preferibilmente, a mai più.

Il vampiro, troppo vicino, si leccò le labbra, la lingua disgustosamente rosa e morbida tra i denti acuminati. Aveva un piercing proprio nel mezzo. "Alla prossima, se farai attenzione. E salutami tua sorella".

Meli fece un verso di gola, girò sui tacchi, scavalcò Gabe e uscì in strada. Logan le fu subito dietro.

"Fattoni del cazzo" mormorò la donna appena furono liberi dal fetore di sangue e droga della comune. Grata di essersi liberata di quell'incombenza, Meli ispirò l'aria che sapeva di pane. Costoi era un paesino di montagna che contava forse trecento anime, con una chiesa, una locanda, una stazione di posta, un panettiere e un assembramento di case bianche con spioventi tetti di legno e vasi di gerani alle finestre. E una comune di vampiri, a quanto pareva, perché quegli schifosi erano dappertutto. Peggio delle blatte.

Cercasi AmmazzamostriWhere stories live. Discover now