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Nina era lì, immobile da almeno dieci minuti, si era seduta e continuava a pensare a cosa potessero significare quelle foto, non poteva essere vero, non aveva alcun senso, Nev non poteva essere interessato agli uomini e fare del male alle donne. Inoltre non capiva perché Leo fosse andato da lui per starci insieme dopo le cose che gli aveva detto, era tutto fin troppo surreale e faticava a crederci. Non sapendo cosa fare decise di chiamare Ethan, magari potevano capire insieme cosa stesse succedendo o, lui poteva semplicemente spiegarglielo. Si incontrarono due ore più tardi e prima di uscire, Leo non era ancora tornato a casa, sapeva che non l'avrebbe fatto, tuttavia sperava in un suo ritorno anticipato, aveva un urgente bisogno di parlargli.

"Va tutto bene?" Domandò Ethan aprendo la porta di casa sua a Nina.

"Tu credi?" Chiese ancora molto scossa.

"Entra" Disse lasciandola passare, chiuse la porta e la guardò "Come mai questa fretta?".

"Mi prendi in giro?" Esclamò confusa.

"Se sei qui per sapere di quelle foto, io non ne so ancora molto" Precisò Ethan.

"Beh... ti prego, dimmi cosa sai" Si toccò la fronte, tutta quella pressione non la faceva stare affatto bene.

"Sta calma" Le strinse un braccio "Siediti, ti do dell'acqua".

"Come credi che possa stare calma?" Domandò confusa Nina.

"Provo solo a fare il mio lavoro" Precisò Ethan passandole dell'acqua.

"Beh il tuo lavoro è una bella seccatura" Mormorò per poi bere.

"Non è colpa mia se il sistema ha dei problemi, cerco solo di fare la mia parte, adesso ti va meglio?" Chiese curioso.

"E' la stessa stronzata" Scosse la testa e gli passò il bicchiere, ora vuoto.

"Mi dispiace per quello che ti è successo, questo lo dico come persona normale" Ammise abbassando lo sguardo.

"Lo dici come uomo afroamericano che vive a Chicago?" Rise "Non ci sai proprio fare con le donne".

"Questo me lo dici come...?" Sorrise.

"Come amica" Rise "Puoi dirmi la verità sul caso?" Domandò perplessa.

"Tu che ne dici?" Ethan deglutì.

"Non puoi dirmi nemmeno se io o i miei amici dobbiamo preoccuparci?" Insistette.

"Tu hai un alibi, non dovresti preoccuparti" Chiarì Ethan.

"E per Leo e Dena?" Chiese preoccupata.

"Indagherò su Leo, dopo quanto visto mi sembra il minimo" Ammise.

"E' un ragazzino, ha a malapena diciotto anni, cosa può aver mai fatto?" Esclamò provando a convincerlo della sua innocenza.

"Nina... per favore" Mormorò.

"Scusa" Sbuffò "E' che mi sembra davvero surreale che stia accadendo" scosse la testa.

"Lavoro su questo caso da un mese, fidati, c'è molto su cui indagare, soprattutto perché non c'è alcuna arma del delitto" Abbassò lo sguardo.

"L'arma del delitto?" Ripetette sorpresa "E' morto di overdose, l'arma sono le pillole, no?" lo guardò ma lui non rispose "Ethan, com'è morto?".

"Non posso dirtelo" Sospirò "Ho già detto troppo, meglio se vai via" precisò.

Lui non aveva alcun vestito, era coperto da un telo bianco che fu tolto all'arrivo dei genitori, Davie cominciava a diventare pallido, erano passate all'incirca due ore dalla sua morte e diventava sempre più evidente.

PERFECT: Il Piacere Della ColpaWhere stories live. Discover now