Capitolo 29 Marco

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Raggiungo l'indirizzo di Emma a piedi, impiego circa venti minuti dal mio domicilio. Il quartiere appare tranquillo, una zona residenziale di costruzione recente, circondata da piccoli parchi e spazi verdi condivisi. Non sono mai passato da queste parti prima, forse perché fino ad ora non ci ho trovato nulla di interessante. La casa di Emma è in una via senza uscita, l'ultima di un gruppo di cinque villette a schiera. Dall'esterno sembrano tutte identiche: due piani, facciata bianca e tetto grigio, con una balconata a dividere i due livelli. Ognuna ha un piccolo giardino davanti ed una cancellata in ferro battuto, non tanto alta per separarle. La sicurezza non sembra essere una priorità qui, anche io riuscirei a scavalcarla senza difficoltà. Dopo aver verificato il numero civico, suono al campanello. Il videocitofono si illumina e il cancello si apre. Davanti alla porta principale c'è una tettoia ed un portaombrelli in metallo. 

Emma sta sorridendo, è forse la prima volta che la vedo così rilassata. Indossa un jeans nero ed una t-shirt bianca a mezze maniche con il collo rotondo. 

È bellissima come sempre, un piacere per gli occhi. 

"Ciao Marco, entra pure."

"Ciao," rispondo con una punta di imbarazzo, per averla fissata troppo. 

Ma anche lei non distoglie lo sguardo, mi osserva con attenzione, mi chiede: "quanto tempo abbiamo?"

Il mio cuore comincia a battere all'impazzata, è un invito a farmi avanti?  Il mio cervello non connette più e la mia voce è incerta. "Perché me lo chiedi?"

Ride, "beh, sei vestito così elegante, immagino tu abbia un appuntamento dopo."

Ma mi sta prendendo in giro? Non voglio sembrare un idiota, sorrido. "Non ti piacciono i ragazzi eleganti? Sto male vestito così? Sincera..." Sono curioso della sua risposta.

Alza le spalle, distoglie lo sguardo. "No, stai bene. Scusami, non avrei dovuto chiederlo."

Devo aver frainteso, ma è lei che manda messaggi contrastanti. 

Mi fa strada verso il salotto e mi fa segno di sedermi. "Accomodati, torno subito."

Faccio come dice, ci sono due divani marroni messi ad angolo, mi siedo su quello più vicino. La seduta è comoda, lo schienale è alto. 

È tutto molto ordinato, il parquet in noce chiaro, mette in risalto il legno scuro lucido del tavolino basso che ho davanti, sulla parete color tortora è posizionato una tv 42 pollici nero e sotto una credenza di legno dalla linea moderna. In fondo alla stanza noto un lungo tavolo in legno massiccio, posizionato davanti ad un'ampia finestra. L'ambiente è elegante, anche se lontano dal mio gusto. Mi soffermo a osservare la trama del tappeto orientale, e le sue sfumature di colore dal grigio al beige; mi sembra che sia passata un'eternità di tempo ma sono trascorsi solo cinque minuti, secondo il mio orologio. 

Torna e ha un sacchetto azzurro in mano, me lo porge. Un regalo per me? 

Contiene la maglietta e il fazzoletto che le avevo prestato, tutto lavato e stirato. 

"Grazie," dice.

"Figurati, non c'è di che."

La seguo, lasciamo il salotto, ci spostiamo in cucina. Il pavimento è lo stesso parquet in noce chiaro, i mobili mantengono lo stile classico, con ante in legno bianche e qualche inserto color noce, elettrodomestici neri. Anche il tavolo e le sedie sono bianche. Sopra il tavolo c'è un lampadario a sospensione molto carino, è formato da una barra di legno scuro dove nella parte sottostante appoggiano cinque paralumi di metallo color oro. Emma si siede di fianco a me. Il suo profumo è dolce, dall'essenza floreale, mi piace moltissimo. 

Qualcosa che non dimentichi.Where stories live. Discover now