2.2 Dance for me

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«Lombardi Perla Adelaide!» sentii tuonare il mio nome per completo.

Socchiusi gli occhi nella speranza che fosse un sogno.

Mi girai lentamente, imprecando che non stesse succedendo. Invece no, i suoi occhi gelidi fantasticavano già sulla mia condanna.

Eccola lì! Lei, con tutta la sua arroganza.

Mi squadrò da capo a piedi.

«Ma come sei conciata? Che figure mi fai fare?» domandò, alzando le mani verso la mia felpa. Non aveva bisogno di risposte, solo di sputare veleno dalle labbra lucide di rosso.

«Ciao... mamma» mi avvicinai.

Entrai nella stanza, indirizzando gli occhi a ping pong tra la finestra e la porta, dietro alle sue spalle. Cercai disperatamente una via di fuga, ma niente risultava plausibile per levarmela di torno.

«Vedo che sei ritornata dalla tua vacanza» affermò, curiosando con lo sguardo tra le valigie, abbandonate la sera prima in prossimità della porta.

«Perché non rispondi alle mie chiamate o ai miei messaggi?» continuò, puntandomi gli occhi sulla felpa nera, schifata.

«Ho perso il telefono» corrugai la fronte, interrogandomi se fosse stata una buona scusa.

«Ah. Pensavo fosse una delle vostre mode giovanili».

Abbozzai un sorriso, nella speranza che andasse via il prima possibile.

«Lo psicologo mi ha informata che non ti presenti alle sedute».

No. Non va via.

«Ero in vacanza... mamma».

«Ho parlato con lui e abbiamo deciso che dalla prossima settimana inizierai di nuovo il precorso terapeutico» recitò con superiorità in mezzo alla stanza.

«Come scusa? Avete deciso? Io non ho voce in capitolo?».

«Non dire scemenze Adelaide. Sei instabile».

Eccola lì! Che punta il dito, giudica persino l'aria che respiro.

«Vittoria, come vedi sto bene».

«E dimmi figlia, fai ancora uso di adderall?».

Sospirai serrando la mascella. Spostai il viso dal suo sguardo tagliente. Il problema non era l'adderall o qualsiasi altra sostanza alla quale mi legavo e della quale non era a conoscenza. Il problema era il motivo delle mie dipendenze.

«Se mi avessi dato ascolto a quest'ora non ti saresti trovata in questo stato» oscillò la mano, illuminata dai diamanti colorati, infilati tra le dita sottili, contornate dalle unghie rosse appuntite.

«Non azzardarti» tuonai, sforzandomi a trattenere la vulnerabilità causata dalle sue parole.

«E poi, che posti frequenti? Non ti ho educata così. Non entrare più dentro i bar squallidi. Non vorrai mica...».

La fermai prima che potesse proseguire la frase «Erano solo delle bottiglie di prosecco».

«Ho avuto un infarto quando ho visto dal tracciamento della carta di credito il nome del bar».

Non hai il minimo diritto!

«Perché sei venuta?» domandai con tutta sfrontatezza.

Si avvicinò piano verso di me, infestandomi le narici con il suo profumo costoso. Poggiò il palmo liscio della mano sulla mia guancia.

ADDERALLWhere stories live. Discover now