2.1 Dance for me

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«Tomas, suo padre non sarà felice di sapere che arriva in ritardo, al mio corso!» affermò il professore.

«Il traffico, Roma» disse Tomas, giustificando il suo ritardo con voce rauca.

Sprofondai nello schienale di legno, alla ricerca di una via di fuga. La sua presenza mi destabilizzò, così come aveva fatto la sera prima, rubandomi con occhi taglienti le parole dallo stomaco. Avevo sperato di non doverlo più incontrare.

«Con me non reggono le scuse, neanche se provengono dal figlio del rettore dell'ateneo. Si sieda immediatamente» ordinò.

Tomas, con tutta la disinvoltura del mondo, sfoggiò la sua presenza dinanzi a tutti gli sguardi presenti nell'aula. Vestito tutto di nero, iniziai a presumere che avesse un fetish per il colore, se non fosse che il berretto a visiera era color panna.

«Tomas». Sentii la voce di Jonathan da dietro alle mie spalle.

«Si tolga il cappello!» esclamò ordinando il professore, rivolgendosi verso Tomas, intento a raggiungere Jonathan.

Tomas si girò verso di lui «Certamente, Stefano».

Percorrendo le scale, dirigendosi verso di noi, puntò gli occhi su di me e dopo pochi secondi aggiunse «Anche tenere gli occhiali da sole in aula è maleducato, professore».

Imbarazzata, mi girai di scatto, intenta a togliermi gli occhiali e soprattutto a sfuggire dal suo sguardo che sembrava aspettare di incontrare il mio.

Walter aprì i palmi, muovendo le mani verso Tomas, in segno di richiesta di spiegazioni per il suo comportamento. Tomas lo ignorò sedendosi vicino a Jonathan.

«Bene. Possiamo continuare» annunciò il professore.

«Come dicevo, il mio corso è focalizzato sull'importanza che i consumi assumono nella nostra società».

«Prima di addentrarci nella disciplina psicologica, iniziamo da un esperimento per capire il vostro grado di preparazione».

«Voi due lassù. Occhiali neri e cappello panna. Dato che a quanto vedo avete molto in comune formate il primo gruppo» continuò il professore puntando il dito su di me e Tomas.

Ci mancava solo questa!

Sulle indicazioni del professore, ogni coppia doveva scegliere un oggetto di consumo. Un bene, acquistato da entrambi, su quale, dovevamo annotare i bisogni che ci spingevano a comprarlo. Alla fine della lezione ognuno doveva consegnare il proprio testo, con i propri bisogni correlati all'oggetto, scelto in comune.

Cosa posso avere in comune con quell'agglomerato di egocentrismo e muscoli? Le feste? La droga? L'alcol?

«Allora, cosa possiamo avere in comune?» proruppe domandando Tomas, facendosi spazio accanto a me.

«Spero niente!» sibilai, ritirandomi verso lo schienale.

«Sicuramente, non i tuffi in piscina notturni» affermò, allineando le linee delle labbra carnose in segno di sorriso.

«Quale tuffo in piscina?» intervenne incuriosita Catrin.

«Vieni qua Catrin. Non faremmo in tempo a consegnare» la voce di David arrivò in mio soccorso.

Aprii lo schermo del portatile, cercando di sembrare indaffarata agli occhi di Catrin. Ero intenta a tracciare un elenco di tutti gli acquisti che potessi avere in comune con Tomas. Prima saremmo riusciti a trovare l'oggetto, prima sarei riuscita a togliermelo di torno.

Digitai velocemente sulla tastiera del computer "heets".

Tomas, inclinando la testa, folta di capelli neri, spettinati, verso lo schermo del portatile, accennò una smorfia schifata « Io non fumo quella merda! ».

ADDERALLOnde histórias criam vida. Descubra agora