1.3 Per ogni fine c'è un inizio

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Tra corpi barcollanti, voci fracassanti ed equilibri ritrovati sulle pareti, ritornammo al bancone bar.

Cavolo, l'alcol inizia a darmi alla testa.

«Ma dove sono finiti gli altri?» domandò Catrin ordinando due drink, al barman fuggitivo.

«Ragazze siamo qui» gridò Penelope.

Seguii con lo sguardo il suono della voce.

Mi soffermai sul gruppo di persone che faceva cenno con la mano.

Presi i due drink.

Mi incamminai verso ciò che sembrava essere la direzione giusta da proseguire.

«Oh, perfetto, ora siamo tutti» affermò Filippo, girandosi verso Catrin, a pochi passi di distanza da me.

Notai, vicino a Filippo, l'orecchino a cerchio luccicante di David, seduto sul braccio del divano. Proseguendo vidi Penelope, in piedi, sorseggiare un drink bluastro, mentre alla sua destra, Leonardo era preso dalle chiacchiere con le persone sedute vicino a David.

«Un attimo di attenzione» affermò Filippo, richiamando su di sè gli sguardi, a seguito del rumore prodotto dalla frequenza del calice.

Leonardo si spostò per fare spazio a Catrin sul divano, occupato anche da persone a me sconosciute.

Perlustrai con occhi rapidi la prospettiva.

Cazzo, ma quante persone sono presenti?

Lo sguardo fuggiva indagatore tra mille particolari, dita che arrotolavano cartine, fossette sulle guance in continua vibrazione, labbra che fuoriuscivano nuvolette di fumo, uno sguardo penetrante da due iridi nere, risucchiate da vertiginose pupille inchiodanti.

Chiusi gli occhi lasciando ondeggiare la testa.

Devo avere le allucinazioni per la stanchezza e l'alcol.

Aprii lentamente le palpebre, cercando un punto di riferimento.

Gli occhi taglienti non si erano minimamente spostati dai miei.

Una chioma lucente di capelli mi passò davanti, interrompendo il contatto.

Mi spostai per togliere la sagoma dal raggio visivo, incuriosita dal ragazzo seduto dinanzi a me. Disinvolto, appoggiava la schiena e la testa folta di capelli neri, spettinati, sullo schienale del divano. La muscolatura metteva in risalto le maniche della camicia, arrotolate sulle braccia, costellate dall'inchiostro nero dei tatuaggi. Dall'orlo della camicia, semiaperta sul torace, si intravedevano le clavicole sporgenti, sottostanti al pomo d'adamo marcato. Un brivido mi percorse il corpo quando il ragazzo si inclinò in avanti. Appoggiò il mento sui pugni serrati. Le dita ombreggiavano i lineamenti precisi del viso squadrato, nel mentre accarezzavano, con piccoli movimenti circolari, le labbra carnose, in prossimità della mascella, dalla quale si intravedevano due fossette.

«Quando siete arrivati, a tutti voi è stata data una catenina argentata alla reception» annunciò Filippo.

Portai le dita sul petto, accarezzando il tessuto della maglietta per assicurarmi che avessi ancora la collana.

Una presa secca sul fianco mi obbligò a girarmi.

«Adelaide» il timbro dolce della voce di Walter mi accarezzò il lobo dell'orecchio.

Mi voltai completamente, appoggiando le labbra, inumidite dall'alcol, sulla sua guancia.

«Cosa ci fai qui? Non odiavi questi tipi di incontri universitari?» mormorai divertita.

ADDERALLWhere stories live. Discover now