2. Dance for me

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«L'ultima volta che mi sono divertita così tanto... è stata quando hai scambiato il buttafuori del Delirious per il ragazzo di Tinder».

«Che scopata!».

«David! Fai piano, siamo in biblioteca!».

«Penelope, a proposito della festa di ieri sera, il ragazzo biondo? Sei sparita con lui e non ti ho più vista».

«Si chiama Carlo, mi ha lasciato il suo numero».

«Penelope... cosa ci hai fatto?».

«Niente David. Lo sai, la prima volta... voglio che sia speciale».

«Una sbirciatina non fa male. È anteprima».

Perché non sono rimasta a casa?

«Pene, scommettiamo un calice di vino che è incazzata?».

«No, David, dalla sua faccia vinci a mani basse».

«Possibile che già dal primo giorno iniziate a saltare i corsi?».

Ah, certo. Catrin mi ha costretta.

«Buongiorno anche a te, Catrin» la salutò David per poi aggiungere sussurrando «Dal tono di voce non credo abbia passato la notte con Leonardo».

Un attimo dopo una mano si poggiò sulla mia spalla, sfregandomi il tessuto morbido della felpa nera sulla pelle.

«Adelaide tirati sù! Dai».

«Catrin, lasciala stare» la rimproverò David.

«Tra pochi minuti inizia la prossima lezione. Avete allegramente già saltato economia aziendale» incalzò lei.

«Pensare di prima mattina al bilancio? Non se ne parla» continuò David.

La risata squillante di Penelope echeggiò tra le pareti.

«Sono le undici» annunciò Catrin, facendosi spazio tra il tavolo e la sedia accanto alla mia.

«Non fare l'esagerata» sbuffò David.

«E tu non piangere, se ci metti una vita per passare gli esami» strepitò Catrin con voce ferma.

«Oh e basta!» esclamai, tirandomi su dal tavolo di legno, sul quale ore prima mi ero addormentata.

«Ci hai parlato?» la voce sottile di Catrin puntava su di me.

Scossi la testa, ancora sonnolente «No. Non avevo e non ho voglia».

«Ade, non puoi continuare a scappare».

«Catrin ha ragione. Prima ci parli, prima ti togli il pensiero» aggiunse David, gesticolando con il braccio destro, poggiato fermamente sul tavolo.

«Quale parte di non ho voglia non è chiara?» domandai esausta.

«I miei genitori sono capaci di chiamare la polizia se non gli rispondo per un giorno, figurati per tutta l'estate» intervenne Penelope.

«È tua madre. È preoccupata per te. Ci devi parlare» proseguì insistendo Catrin, mostrandomi lo schermo del suo cellulare, illuminato dalle notifiche di mia madre.

«Organizziamo un pranzo con la signora Vittoria» suggerì David.

Poggiai con forza i palmi delle mani sopra la lastra di legno, alzandomi bruscamente. Il rumore assordante della sedia, strisciante sul pavimento di ceramica, rimbombò nell'enorme spazio.

«Questa mattina non vi reggo!» urlai innervosita.

Mi voltai, incamminandomi verso l'uscita. Gli sguardi infastiditi, dei pochi studenti, sparsi tra i tavoli della biblioteca, mi squadrano malamente.

ADDERALLWhere stories live. Discover now