Aggiunsi la parola orologio.

«Non porto l'orologio» sorrise, appoggiando il mento sui pugni sopra il banco.

«Forse dovresti, magari ti aiuta ad essere puntale» sussurrai, accennando al suo ritardo in aula.

«Non ho voglia di perdere tempo» tagliò corto, dirigendo la schiena contro il muro di legno alle sue spalle.

«Il computer è tutto tuo» allontani le dita dalla tastiera nera.

«Non serve. Va bene quella merda che ti fumi».

«Come scusa?».

«Ripeto, non voglio perdere tempo».

«Il tempo, lo sto perdendo io ad ascoltarti» incalzai la voce.

Come si permette?!

Afferrai velocemente il cellulare poggiato sul banco, intenta a darmi da fare, pur di distogliere l'attenzione da lui.

Lo schermo dell'iPhone si illuminò.

                                                                                 
Adelaide, so che sei a Roma.

Subito dopo un'altra.

       Il tracciamento della tua carta di credito..

Bloccai di scatto lo schermo.

Le bottiglie di prosecco! Cazzo! Come ho fatto ad essere così stupida, da utilizzare la carta di credito per acquistare l'alcol?

Al suono della melodia del cellulare trasalii, facendolo cadere per terra. Nell'aula rimbombò la musica impostata come suoneria.

«Utilizzate il silenzioso nelle mie ore» tuonò la voce del professore.

Mi inclinai verso il basso alla ricerca del suono.

Cosa ho fatto di male oggi?!

Il cellulare era finito tra le gambe di Tomas. Mi abbassai. Infilai la mano nel piccolo spazio libero per recuperare il telefono.

«Addirittura ti abbassi per prenderlo? Stai attenta. Là sotto, potresti trovare di tutto» sentii il timbro rauco di Tomas provenire dall'alto.

«Che problemi hai?» affrettai le parole alzandomi.

Lo schermo del computer, ormai in standby, restituiva l'immagine dei miei capelli arruffati.

«Ti piace la musica?» chiese Tomas.

«Soffri di qualche disturbo patologico?» domandai incredula del suo cambio d'umore.

«Ti ho fatto una domanda! Sei capace di rispondere?».

«A chi non piace la musica?».

«A tutte le persone che non possono sentirla, per esempio».

Scoppiai a ridere nell'udire quelle parole «Ti sembro per caso sorda?».

Tomas dirottò gli occhi neri nei miei.

«Ti piace?».

«Si, Tomas». 

«Brava, hai imparato il mio nome».  

«Tranquillo, non capiterà più che lo pronuncio».

«Lo implorerai».

«Per cosa?» chiesi ridendo.

«Compri le cuffie?» domandò fissandomi.

«Che razza di domanda è?».

ADDERALLWhere stories live. Discover now