(42) 6.Non Puoi Reprimere l'Inferno

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Frugando all'interno dell'armadietto, alla ricerca del libro di matematica, Donovan udì il fastidioso sussurrare, divenuto una costante nell'ultima settimana. Infilò la testa ancora più a fondo e represse l'impulso di urlare.

Lui e i suoi amici erano stati riammessi al liceo poco dopo l'inizio del nuovo anno, dopo la loro vacanza forzata al Reicdleyen e nell'Inferno di Dana e avevano trovato ad attenderli ogni genere di pettegolezzi sul perché fossero stati rinchiusi nell'istituto psichiatrico e quali cure avessero ricevuto. Nonostante la sorella di Zec avesse mantenuto la parola, spingendo tutti a credere a un loro rilascio per sanità mentale, la permanenza in quel luogo era ancora fonte di sguardi curiosi e derisori, risolini soffocati e un irritante brusio di sottofondo.

Per quanto nei primi due giorni avesse cercato di fare finta di nulla, ormai giunto al quinto giorno Donovan lo trovava insopportabile.

«Un po' strambi lo sono sempre stati» udì spifferare qualcuno alle sue spalle.

«Molto più di un po'» commentò un altro. «E sono anche pericolosi, sono successi un sacco di incidenti l'anno scorso e loro erano sempre coinvolti.»

«Vuoi dire... responsabili...»

Donovan afferrò il primo libro a caso, lo mise di furia nello zaino e chiuse l'armadietto sbattendo l'anta fragorosamente. Si voltò e fece in tempo a notare tre ragazzi allontanarsi dal corridoio a passo spedito.

«È tutto a posto?» Betty arrivò al suo fianco, come se fosse comparsa dal nulla. «Sembri stanco.»

«Sì, cioè no... insomma, non li sopporto più» rispose.

La ragazza gli prese la mano destra nella sua. «Lo so, ma passerà, sai come funziona qui a scuola, presto ci sarà un nuovo argomento e noi diventeremo storia antica.»

«Non mi dà fastidio che parlino di noi» ammise. «Sono tutte le cavolate che si inventano a mandarmi in bestia. O le supposizioni senza sapere la verità.»

«Per questo si chiamano pettegolezzi e comunque non potremmo raccontare la verità» disse Betty con un sorriso. «Non pensarci, godiamoci la pausa pranzo. Gli altri ci aspettano in mensa.»

Donovan fece una smorfia insofferente. «Non possiamo continuare a mangiare in cortile?»

«Abbiamo aspettato anche troppo.»

«Là dentro saremmo esposti in modo esagerato.»

«E all'esterno sembriamo colpevoli» replicò tirandolo per il braccio destro.

Donovan sospirò insoddisfatto, ma la seguì per le scale, verso la mensa.

Davanti alle doppie porte spalancate, individuò Michelle, Billy e Zec ad aspettarli. L'accordo era di entrare in gruppo e non dare ascolto a qualsiasi tentativo di provocarli.

Donovan dubitava di riuscire a trattenersi.

Si mossero in fila, afferrarono il vassoio e andarono dall'inserviente incaricata di servire le portate nelle teglie.

Il brusio iniziò non appena vennero riconosciuti.

Donovan si concentrò sul cibo davanti a sé, per niente invitante. Scelse nuggets di pollo, patatine fritte, budino al cioccolato e una lattina di Coca-Cola. Betty gli fu subito accanto, reggendo nel suo vassoio un piatto di piselli e anche lei i nuggets e una bottiglietta d'acqua.

«Andiamo verso il fondo, ci sarà di sicuro un tavolo libero» gli disse.

Prima che si muovessero, alcuni ragazzi sollevarono la testa dai piatti e fu il turno degli sguardi. Indagatori, beffardi, giudicanti.

Il Gioco del Branco | ASBDI Stagione 2Where stories live. Discover now