Capitolo 43.

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Avverto il frusciare delle lenzuola, il braccio di Aaron che abbandona il mio corpo e mugugno, infastidita

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Avverto il frusciare delle lenzuola, il braccio di Aaron che abbandona il mio corpo e mugugno, infastidita. Non posso credere che sia già mattina, io voglio dormire ancora un po'.

Penso che siano passate poche ore da quando sono crollata, a seguito di un orgasmo che mi ha fatto tremare le ginocchia. Sono stata talmente euforica la sera prima, che avrei voluto fare l'amore con lui fino a perdere i sensi, ma Aaron è un osso duro quando ci si mette, e ha continuato a preoccuparsi per me fino all'ultimo. Non è stato facile corromperlo, ma mi sono resa conto che anche il suo autocontrollo può avere una falla in cui mi posso intrufolare.

«Ssh, continua a dormire, torno subito» mi lascia un bacio sulla spalla nuda e io mi accoccolo ancora di più sul cuscino, per niente intenzionata ad aprire gli occhi.

Crollo di nuovo in un sonno profondo, da cui riemergo quando sento un trambusto non indifferente: voci, chiacchiericci, risate, tutti suoni che non sono normali in questa casa, che di solito è avvolta da un silenzio rilassante, ma a tratti anche un po' inquietante.

Mi alzo, stiracchiandomi e mi vesto velocemente, perché troppo curiosa di sapere cosa sta succedendo. Esco dalla stanza e mi incammino lungo il corridoio.

«Ssh, fate silenzio, Amy potrebbe svegliarsi e addio sorpresa» sento pronunciare a Drew.

«Ma se sei tu il primo a fare casino, idiota» lo rimbecca Arnold, con un tono stizzito.

«Mi piacciono troppo le sorprese.»

«Be', tranquilli, di solito Amy non la svegliano nemmeno...»

«Gwen.» Mi paralizzo sulla soglia della porta, la voce e la figura che ho davanti corrispondono a quella persona che non vedevo l'ora di riabbracciare. Non mi sembra vero.

«Ecco, bravo coglione, l'hai svegliata» dietro Gwen vedo Arnold che da un pugno al mio migliore amico, ma continuo a fissare mia zia senza sapere cosa fare.

Credevo che non ci sarebbe stata, pensavo che mi avrebbe lasciato sola per la prima volta da quando ho memoria e invece...

Le corro incontro e la abbraccio. «Non posso credere che tu sia qua sul serio.»

La sua figura minuta è per me famigliare, mi aiuta a rendermi conto che tutto ciò che ho vissuto in questo periodo non è frutto della mia fantasia, ma qualcosa di reale. A volte ho pensato di vivere in una bolla distaccata dalla mia vita di sempre e invece il suo arrivo fa sembrare tutto più vero.

Inspiro il suo profumo e stringo il suo esile corpo. Lei fa lo stesso e mi sembra di sentirla rilassarsi.

«Non era programmato, ma qualcuno ha organizzato tutto perché tornassi.»

Il mio sguardo corre subito a cercare Aaron e lo trovo appoggiato allo stipite della porta, dietro a tutti gli altri. Gli mimo un grazie a cui lui risponde con un piccolo sorriso e una strizzata d'occhio.

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