Capitolo 1.

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Jab

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Jab. Jab. Hook.

Diretto. Diretto. Gancio.

Jab. Jab. Uppercut.

Diretto. Diretto. Montante.

Saltello sul posto, i pugni che si muovono alternati sul sacco davanti a me.

Hook. Hook. Uppercut.

Gancio. Gancio. Montante.

A ripetizione, mentre vedo il sacco oscillare sempre di più a mano a mano che la potenza dei miei pugni aumenta.

È sempre così, ogni volta che sento quella sensazione di oppressione al petto, mi ritrovo a spingere più del dovuto, a sudare più di quanto abbia mai fatto, in quella palestra che non ricordo nemmeno come mai ho cominciato a frequentare, a fare quello sport che non so quando abbia deciso di intraprendere. Ma ormai è la mia valvola di sfogo, l'unica che sappia tenere in bilico i pezzi così incrinati della mia anima, anche se tutti dicono che sia a posto, che non ci sia niente che non va, io sento che qualcosa stona.

È come se stessi ascoltando un pianista suonare una melodia e all'improvviso sbaglia una nota. Lo avverti lo stridore di quell'errore, che qualcosa non fila liscio in quella musica che altrimenti sarebbe armoniosa, magari a volte non capisci cosa sia, ma sai che c'è, che quello sbaglio è esistito.

Io sono uguale, percepisco la mia anima allo stesso modo. Anche se, all'alba dei miei ventidue anni, non ho ancora capito cosa ci sia che non va. A volte mi rispondo che è solo la mia immaginazione, che sono suggestionabile. So di essere diversa dalla maggior parte delle mie coetanee, ne sono sempre stata consapevole e ho imparato ad accettarlo, ma questo dettaglio mi porta a pensare che ci deve essere per forza qualcosa che non va in me, che mi ha trasformato in questo modo.

Zia Gwen mi rassicura sempre, dice che non c'è niente che non va in me e che quel vuoto che sento è solo l'adolescenza che se ne va, l'età adulta che avanza e l'incertezza per il futuro. Di una cosa sono certa, però, voglio aiutare le persone, in un modo o nell'altro.

«Amy, rallenta, i tuoi battiti sono troppo alti.»

La matassa di capelli biondi di Drew, il mio migliore amico, compare nel mio campo visivo, dietro il sacco, ma continuo a tirare pugni senza prenderlo in considerazione.

Non mi importa, non mi interessa.

Jab. Jab. Hook.

Diretto. Diretto. Gancio.

A raffica, a ripetizione. Aumento la forza. Sento il respiro uscirmi dalle narici prepotente, i polmoni pulsare in cerca di quell'ossigeno che fatico a dar loro. Sto spingendo troppo, lo so, sto andando oltre la mia resistenza, io che di fiato ho imparato ad averne a sufficienza nel corso degli anni, ma oggi quest'oppressione al petto non se va, nonostante io spinga, mi affanni, oltrepassi il limite della mia sopportazione fisica.

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