Capitolo 36.

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Vorrei rientrare a casa con il cuore leggero e l'animo rilassato, ma la verità è che non è così

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Vorrei rientrare a casa con il cuore leggero e l'animo rilassato, ma la verità è che non è così.

Per quanto parlare con Lucy mi abbia rilassato e, per qualche ora, mi ha fatto credere che sarebbe andato tutto per il meglio, ora che sto percorrendo il viale di casa, so già per certo che non andrà niente come penso.

Aaron è imprevedibile, ormai l'ho capito e, fino a quando continuerà a farsi comandare dalla testa, non posso pensare di essere positiva. Posso solo continuare a comportarmi come al solito e cogliere le occasioni che Aaron vorrà concedermi.

Squallido? Forse, ma sapevo che stessi scegliendo la strada più difficile.

Sarà di sicuro lunga e tortuosa, ma stringerò i denti e andrò avanti, perché credo che Aaron ne valga la pena, quegli istanti passati con lui senza intromissioni me l'hanno fatto capire.

Mi sento sollevata quando, varcando la soglia del garage, noto che la sua macchina non c'è. Avrà sicuramente avuto del lavoro da sbrigare, sarà andato a sistemare il locale e a chiudere la serata di ieri. Penso, credo. In fin dei conti non dovrebbe nemmeno interessarmi, visto che mi ha fatto capire chiaramente che non è affare mio, giusto?

«Ciao dolcezza, dormito bene stanotte?» la voce di Arnold mi accoglie in salotto e il suo ghigno malizioso lo avverto anche se mi sta dando le spalle.

Mi sento arrossire fino all'attaccatura dei capelli e decido di ignorarlo, dirigendomi verso la cucina.

«Come hai fatto a capire che ero io?» gli domando.

«Rev è partito da poco e ne avrà almeno per un altro paio d'ore, quindi...» si gira a osservarmi da sopra la spalla sinistra. «Allora, il letto era comodo?»

«Possiamo non parlarne, per favore?» sbuffo e lascio scivolare lo zaino sul pavimento.

«Oh, non sarai mica imbarazzata, vero?»

Mi giro di scatto e lo fulmino con lo sguardo. Il sorriso che gli illumina il viso mi fa capire che si sta divertendo. «Non ti conviene fare tanto il simpatico. Dovrei ancora avercela con te, perché gli hai retto il gioco con quella stupida farsa che ha messo in piedi» gli punto il dito contro.

Si fa serio e mi scruta. «Lo sai che ho le mani legate quando si tratta di lui.»

Sbuffo. «Lo so e infatti non me la sono mai presa con te, solo con lui.»

«Quindi, ieri sera cos'è successo?» ammicca.

«Nulla di che, abbiamo parlato» faccio spallucce e svio lo sguardo, ma mi sento di nuovo accaldata.

Lui per tutta risposta ridacchia. «Lui aveva la faccia di uno che ha messo le mani nel vasetto di marmellata.»

«Arnold!» mi copro la faccia con le mani.

«Oddio, quindi è vero?» strabuzza gli occhi.

«Non te lo dirò mai, non ci provare e poi da quando fai il pettegolo?»

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