Aspellson

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Le scarpe affondavano nella neve fresca, il freddo le ghiacciò le guance imporporandogliele, le mani erano spinte nelle tasche del cappotto e le braccia le teneva ben strette lungo i fianchi per evitare il più possibile che il suo calore si disperdesse.

Quella mattina Hermione si era svegliata prima del solito, prima ancora che il sole sorgesse, prima ancora che un gallo potesse cantare nella sua lontana, calda e rassicurante campagna. Si era addentrata oltre il limitare di Hogwarts con la professoressa McGonagall avvolta, anche lei, ben bene nei suoi indumenti.

Hermione non ricordava più il nome del paesino che Dumbledore le aveva riferito, ma ricordava come la professoressa fosse rabbrividita ricordando le gelide temperature che lo caratterizzavano ed era inoltre certa che fosse parecchio lontano per poterci arrivare a bordo di una scopa, cosa che, ovviamente, ad Hermione non dispiacque affatto perché l'idea di dover viaggiare per molto, su una scopa instabile, con il freddo che le entrava nelle ossa, non la rendeva molto entusiasta.
Fu tremendamente contenta, invece, di scoprire che la McGonagall avrebbe materializzato entrambe nei pressi della casa di Liemel Aspellson, il Mastro Giratempaio con cui Dumbledore era riuscito finalmente ad organizzare un incontro, cosa che sembrava, a dir di Dumbledore, veramente impossibile perché l'uomo non era mai disponibile per via dei suoi numerosi viaggi.

Dopo una scomoda passeggiata di dieci minuti nella neve fredda dove i piedi di Hermione continuavano ad affondare sempre di più, finalmente giunsero davanti ad un'enorme porta di legno dell'edificio, a più piani, in pietra grezza.

La professoressa, che fino ad allora aveva tenuto la bacchetta stretta in una mano, nascosta dallo scialle, la ripose nella manica e bussò con forza sulla porta lanciandole un'occhiata eloquente.

Minerva le aveva spiegato che non conosceva personalmente il signor Aspellson, ed era stata abbastanza restia nel darle dettagli su di lui o su quella città, men che meno sugli abitanti del villaggio, che Hermione, per l'appunto, riusciva a scorgere dietro le tende delle case, mentre in giro non vi era anima viva. Nonostante Dumbledore avesse ribadito che nessuno si sarebbe mai azzardato a fare del male a chi era sotto la sua protezione, cosa che Hermione credeva di certo, la professoressa McGonagall le aveva intimato di tenere ben salda la bacchetta e usare qualsiasi incantesimo o controfattura le venisse in mente in caso di pericolo. Ed Hermione non poteva darle torto. Il preside Dumbledore era di certo temuto da chiunque e, indubbiamente, la sua protezione si sarebbe estesa a loro, ma lui non era lì fisicamente. Tuttavia, la ragazza era ben conscia delle capacità incredibili della professoressa McGonagall e non era troppo intimorita dalla situazione.

Quando la porta si aprì con un sonoro strascichio, Hermione sussultò all'indietro, mentre tutta la paura le riaffiorava fin sotto le ossa.

Non aveva mai visto una creatura simile.
Forse era un uomo. Forse no.
Le mani con cui teneva la porta erano smisuratamente lunghe e nodose, terminanti con unghie affusolate e taglienti. Il corpo era scarno e prolungato, un po' a clessidra, poiché all'altezza dei fianchi si allargava. Poi Hermione notò che non era un allargarsi dei fianchi.
Quell'uomo teneva le gambe nella stessa identica posizione nella quale le lepri tengono le zampe posteriori.
Rabbrividì quando ebbe la conferma della sua tesi: sul viso dell'essere fioccavano lunghi baffi bianchi e, sotto di essi, spiccavano sporgenti denti giallognoli.
Non aveva mai visto una cosa simile.

Minerva le accostò una mano dietro la schiena, forse per sorreggerla o forse per sorreggere se stessa. Era certa, però, che nemmeno lei si aspettasse una cosa simile.

«signor Aspellson?» domandò la professoressa. Non vi era esitazione o timore o qualsiasi altra emozione nella sua voce.

L'uomo leprino fece vibrare i suoi baffi, come compiaciuto, poi mosse le orecchie allo stesso modo e i suoi occhi corsero dall'una all'altra, quasi famelici.

«temo» squittì con una voce tremendamente acuta, per niente conforme alla sua stanza imponente «che quelle» inclinò il capo verso la bacchetta nascosta della professoressa «non possiate tenerle con voi»

La professoressa raddrizzò le spalle «Dumbledore mi aveva avvisata» rispose, calcando bene il cognome, poi si rivolse ad Hermione «come forse avrai intuito dal cognome, Liemel Aspellson, tra le altre cose, è figlio di maghi, ma non... non può esercitare la magia e quindi la teme»

Hermione annuì impercettibilmente, non capendo dove volesse arrivare a parare la professoressa.

Poi notò che i suoi occhi scintillarono furbeschi sotto gli occhiali alla punta del naso «non avremo problemi a mettere via le bacchette, ma è giusto che lei sappia, signor Aspellson, che si possono praticare moltissimi incantesimi anche senza di essa. Non saremo indifese in casa sua»

L'uomo grugnì qualcosa, poi si spostò di qualche passo più indietro per farle accomodare.

Il soffitto era molto più alto del normale per contenere la vastità di oggetti accatastati l'uno sull'altro.

Liemel allungò una mano leprina verso Hermione, le unghie lunghe, grigie, sporche e taglienti, quasi le sfiorarono la pelle tenera e fragile. Lei, agitatissima da quella vicinanza, intuì che volesse la Giratempo e non perse tempo a recuperarla dalla tasca, per poi farla ricadere nel suo palmo.

La soppesò come se dal peso potesse risalirne alla qualità «appartiene alla sua Casata?» domandò.

Hermione si voltò verso la professoressa.

«come Dumbledore le ha detto, i dettagli sono superflui, la ragazza deve tornare nella sua epoca quanto prima» affermò con decisione.

Liemel sbuffò «ci sono sempre molto poco perché prima di riconsegnare una Giratempo la testo personalmente e, può succedere, che non sia ancora completamente riparata, così resto in quel tempo ad aggiustarla» borbottò sotto i baffi come a giustificarsi, poi si sedette ad una scrivania, accese un enorme lume e osservò la Giratempo con attenzione «capisco la sua diffidenza per via del territorio e della sua storia, professoressa» Hermione percepì l'astio nell'ultima parola «ma mi serve sapere se è della sua famiglia o del Ministero perché sono prodotte in maniera diversa e con materiali diversi, quelle di Casata sono uniche e si propagano di generazione in generazione, quelle del Ministero vengono prodotte in serie... piccoli dettagli che possono fare una grande differenza»

«è un regalo del mio defunto marito, lavorava nell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, la ebbe da un collega»

L'uomo leprino annotò tutto su un foglietto annuendo.

«farò sapere a Dumbledore quando sarà pronta e collaudata per tornare avanti di vent'anni, corretto?»

Hermione annuì «la aggiusterà, dunque?»

La bocca dell'uomo si allargò un enorme, disgustoso sorriso, mostrando ancora di più gli orribili denti gialli «certo, signorina. Non ho mai fallito nelle mie riparazioni»

«i suoi ricordi verranno alterati al termine del suo operato, ne è consapevole?» domandò la professoressa McGonagall sistemandosi i guanti «Dumbledore mi ha chiesto di ribadirglielo»

I baffi dell'uomo vibrarono nuovamente, e così le orecchie «lo so» borbottò «come è stata rotta?»

La McGonagall le fece segno di aspettare «bada a ciò che racconti» le rammentò

Hermione annuì e cercò con cura le parole «volevo usarla in un momento in cui ero molto agitata e quando ho dato il primo giro si è bloccata» mormorò «poi ho insistito cercando di forzarla e mi sono ritrovata qui»

Aspellson soppesò le sue parole, i baffi vibrarono mentre rifletteva «capisco, ricorda quanti rintocchi ha dato?»

«no, mi spiace. Come le ho detto ero presa dalle emozioni»

«immagino fosse successo qualcosa di molto grave...»

«beh, ecco-»

«basta così, possiamo andare signorina Granger» tagliò corto la professoressa.

Hermione fu quasi trascinata fuori dalla professoressa, ma riuscì a vedere il ghigno inquietante che il signor Aspellson nascondeva sotto i baffi.

Into the wrinkle of timeWhere stories live. Discover now